Epilogo

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Dieci anni dopo

Sospirai stanca, ma anche soddisfatta del mio lavoro mentre mi toglievo il camice e mi rivestivo per andare a casa.
- Salve dottoressa Guerra, ci siamo incontrate prima, sono la mamma di... - si avvicinò a me una signora con cui avevo parlato poche ore prima.
- Sì certo, lei è la mamma di Giulia. È tutto a posto? L'ho lasciata dieci minuti fa che dormiva... - chiesi, preoccupandomi subito. Lo sguardo della signora si addolcì e mi fece un sorriso sincero.
- Si lei sta bene, benissimo direi. Ed è solo grazie a lei. Volevo dirglielo di persona. Di solito i medici sono così indaffarati da poter essere scontrosi, magari non troppo affettuosi con i pazienti e i loro familiari, invece lei è così... presente. Presente ed entusiasta del suo lavoro. - disse lei, e notai quanto ci tenesse a dirmi quelle cose. Parole che mi scaldarono il cuore, e che diedero un senso a tutti quegli anni passati sui libri.
- Lei ha completamente ragione, e forse sono così entusiasta e presente del mio lavoro perché sono diventata un vero e proprio chirurgo da poco. Ma spero di rimanere tale fino alla pensione. - ridacchiai prima di salutarla.
Dopo poco, di nuovo nel corridoio, incontrai il mio capo di pediatria.
- Ehi Guerra, c'è qualcuno per te all'ingresso. Bel lavoro oggi. - il dottore mi diede una pacca sulla spalla e mi guardò con fare misterioso. Io gli sorrisi e mi diressi verso l'atrio dell'ospedale curiosa.
Quando sentii la voce di Marta che avrei riconosciuto tra mille, accelerai il passo e lei quando mi vide corse ad abbracciarmi.
- Ciao amore mio! - mi abbassai per prenderla in braccio e sbaciucchiarmela per bene. Le scompigliai i capelli dorati e la rimisi giù per baciare anche l'altro.
- Oh, c'è la mamma! - esclamò Marco dandomi un bacio volante. Aveva il viso stanco ma gli occhi verdi belli vispi, gli stessi di nostra figlia.
Ebbene sì, io e il pallone gonfiato ci eravamo sposati quattro anni dopo quel benedetto viaggio a Milano, e da lì non ci eravamo più separati. Avevamo una figlia di cinque anni, che avevamo chiamato proprio come la nostra migliore amica. Marta era stata sempre la ragione per cui, anche mentre non scorreva buon sangue tra noi, ci eravamo riuniti. Allo stesso modo, qualsiasi cosa fosse successa al nostro matrimonio, la nostra piccola Marta sarebbe stata sempre la ragione per la quale io e Marco avremmo fatto squadra.
- Che ci fate qui?! - gli chiesi sorpresa, mentre presi per mano tutti e due ed uscimmo insieme dall'ospedale.
- Ti siamo venuti a prendere. È spuntata fuori una cena improvvisa da... - iniziò a spiegarmi Marco, ma poi la piccola lo interruppe.
- Andiamo da zia Marta e zio Manuel! - esclamò lei super entusiasta. Io ridacchiai mentre salivamo in macchina.
Alla fine anche Marta, quella grande, si era sposata con il povero Manuel, che prima di poter tornare con lei aveva dovuto superare delle prove che manco gli Hunger Games. Ma dovevo dire che si era dimostrato essere un combattente eccezionale.
- Ah e... ci sono anche i miei. Sono arrivati a Roma nel pomeriggio, è stata una sorpresa anche per me. - mi disse mio marito facendo spallucce e sorridendo. Quella luce che aveva visto Marta quella sera di dieci anni prima, non si era mai più spenta negli occhi di Marco.
- Papi, quando arriviamo posso far vedere il mio nuovo gioco a nonno? - chiese Marta dai sedili posteriori. Io e Marco si scambiammo uno sguardo e scoppiammo a ridere.
- Tesoro, puoi fare tutto quello con vuoi a tuo nonno, stordiscilo come solo tu sai fare. - gli rispose il padre, facendole l'occhiolino dallo specchietto. Io continuai a ridere, immaginandomi già la faccia distrutta del povero Lorenzo, tartassato dalle domande esistenziali di nostra figlia.
Lui era decisamente il suo nonno preferito, e anche se a malincuore, ormai avevo accettato la cosa. Non gli avrei dato una lira come nonno, eppure lui e Marta sembravano avere una chimica speciale, che si era manifestata fin da subito.
- Mami, ma io non voglio che Spettro e Prince si sentano soli... perché li abbiamo lasciati a casa? - chiede di nuovo, questa volta a me. Dio solo sapeva a quante domande di Marta dovessi rispondere al giorno.
- No tesoro, ormai non sono così giovincelli, si stancherebbero troppo a casa di zia. Staranno bene a casa, non ti preoccupare. - le dissi con tono dolce, accarezzandole il ginocchio allungando la mano dietro, come mia madre faceva con me.
- Lo sapete che oggi a scuola Chiara mi ha detto che i suoi genitori le hanno detto che voi due siete famosi? - ci chiese ad un tratto Marta, ed io spalancai gli occhi voltandosi verso Marco senza parole.
Lui mi guardò con il suo solito sorrisetto, e sembrava solamente divertito da quel fatto.
- Famosi? - ripetei incredula.
- Sì! Io le ho chiesto che cosa vuol dire, e lei mi ha detto che siete come i gli attori quelli della televisione. - disse Marta, che sicuramente non sapeva come interpretare quello che le aveva detto la sua amichetta.
- No tesor... - iniziai a dire, ma Marco mi interruppe.
- Sì amore, io e la mamma siamo Brad Pitt e Angelina Jolie. - disse lui sorridente, ed io allungai la mano per accarezzargli la nuca mentre guidava. Il mio cuore perse un battito al ricordo di quel paragone che aveva fatto quella sera a Milano, e che di tanto in tanto tirava fuori per mostrarmi che lo pensasse davvero, e che soprattutto si sentisse ancora così.
Il sogno non era mai finito.

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