Capitolo 22

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Eravamo in quella sala d'attesa da ore, e sicuramente avevano rivoltato Lorenzo come un calzino per fargli fare tutti gli esami necessari. In tutte quelle ore era uscito solamente un medico per dirci che era stabile, ma che le prossime ventiquattro ore sarebbero state decisive. Bisognava essere tenuto sotto controllo, e non solo per la giornata seguente. Sapevo che da quel momento in poi il cuore di Lorenzo sarebbe stato più delicato, e lui avrebbe dovuto condurre uno stile di vita più normale e tranquillo.
Non avevo più la concezione del tempo che passava, e la mia mano stava accarezzando la nuca di Marco da infiniti minuti ormai. Lui era chinato con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e la testa fra le mani. Non l'avevo mai visto così prima d'ora, nemmeno per Marta. C'era qualcosa, nel vederlo così preoccupato e spaventato, che mi scaldava il cuore. Non mi aspettavo che, nonostante il loro rapporto che lo distruggeva da anni, Marco riuscisse ancora a volergli bene. Perché altrimenti non avrebbe sofferto come in quel momento, per uno che gli aveva causato attacchi di panico e insicurezze dall'adolescenza.
- Ragazzi, andate a mangiare qualcosa, se si sveglia vi chiamo. - ci disse Elena, guardando l'orologio. Lei si stava sforzando con tuta se stessa per risultare serena e calorosa come sempre, sapeva che in quel momento il figlio ne avesse bisogno.
Marco in risposta non spiccicò parola, ma si limitò soltanto ad alzare il capo per guardare la madre con occhi stanchi e distrutti dalle lacrime che stava cercando di trattenere da tutto il tempo. Elena spostò lo sguardo su di me, facendo un sorriso che le riuscì più come una smorfia.
- Va bene, esco un attimo io e vi prendo qualcosa. - disse lei, sapendo comunque che probabilmente Marco non avrebbe voluto mangiare niente. Io le mimai un "grazie" con il labiale, e tornai ad accarezzare Marco. Non voleva parlare, e l'unico modo per fargli sentire il mio supporto era toccarlo. Marco era uno molto fisico, forse proprio per il modo in cui era cresciuto e i suoi problemi. Sapevo che con quelle carezze almeno riusciva a respirare, e non sarei stata lì a fargli discorsi sulla vita e riempirgli la testa di parole di circostanza nel proprio stile dei dottori.
- Sei sicura di voler fare questo lavoro? Questi posti mi fanno venire il vomito e i brividi. - disse ad un certo punto, e mi guardò con occhi bassi per cercare di nascondere le lacrime.
Io gli sorrisi dolcemente, accarezzandogli di nuovo i capelli e la fronte.
- Beh, è sempre un ospedale, non un parco giochi. E so già che, quando questo sarà il mio lavoro, ci saranno innumerevoli sere in cui scapperò a casa non volendo più tornarci il giorno dopo. Ma ti giuro che, quando ho visto guarire con i miei stessi occhi, e un pochino anche per merito mio, quella ragazza dal cancro, l'ospedale mi è sembrato il posto più bello e magico del mondo. - dissi con un sorriso, persa nei ricordi di quelle settimane incredibili. Avevo raccontato a Marco la storia di Sara dopo poco che era successo, e lui ne era rimasto impressionato. Mi chiesi in quel momento cosa stesse facendo lei, e se stesse ancora nuotando, e se fosse ancora innamorata.
- Credi che ce la farà? Insomma, è uno stronzo schifoso e lo odio la maggior parte del tempo, ma non voglio che muoia. - mi chiese, e in quel momento mi sembrò ancora più debole. Sentii come un qualcosa dentro di me, quasi il dovere di proteggerlo, di continuare ad accarezzarlo e a dirgli che sarebbe andato tutto bene, anche se non ne avevo la certezza.
- Io credo di sì, insomma... proprio perché dici che è uno stronzo schifoso, ce la farà. È un osso duro, tuo padre, forse è uno dei pochi pregi che ti ha saputo trasmettere. - dissi cercando di ironizzare per farlo sorridere un po'. Il mio cuore si alleggerì per un attimo quando Marco fece un piccola risata. Poi fece un sospiro, e si nascose con la faccia nell'incavo del mio collo.
- Grazie. - disse ad un certo punto, ed io sorrisi senza neanche accorgermene. Sarà stata forse l'aria di Milano , ma in quei giorni ero decisamente troppo smielata.
- Di cosa? - gli chiesi facendo finta di non capire a cosa si riferisse. Volevo che mi parlasse, che si sfogasse.
- Di essere qui. Non sei tenuta a farlo, tantomeno dopo quello che ti ho fatto. Meriterei di essere lasciato da solo come un cane, ma non ti chiederò di andartene. Non stavolta. Ho bisogno di te e stavolta non riesco a nasconderlo. Ho riflettuto su quello che mi hai detto ieri notte, e hai ragione. Su tutto. Anche se non ho nessun diritto, di chiedo di restare qui con me. - gli tremava il labbro inferiore, e cercava di guardarmi negli occhi ma le lacrime gli offuscavano la vista. Vederlo così mi faceva soffrire quasi quanto lui stesse soffrendo per il padre.
Gli presi il viso tra le mani, e cercando di trattenere le lacrime, gli dissi di liberare le sue.
- Sarei rimasta anche se non me lo avessi chiesto, perché lo sai come sono fatta. E puoi piangere Marco, anche davanti a me. Soprattutto davanti a me. Non hai niente di cui vergognarti, anzi. Le tue lacrime mostrano il tuo cuore nobile, che vuole bene a suo padre come se fosse il migliore del mondo, nonostante tutto. - gli sorrisi, e asciugai con i pollici le sue guance salate. Le sue lacrime sembravano rugiada, e pareva quasi che riflettessero il verde dei suoi occhi sulle sue guance ambrate, talmente quegli smeraldi erano lucidi e intensi.
- Ho paura, Emma. Ho tanta paura. - scoppiò in un pianto disperato, e forse anche liberatorio. Io lo abbracciai forte, come se volessi assorbire le sue lacrime e il suo dolore.
- Lo so, lo so. - sussurrai, facendogli capire che fosse normale sentirsi così. Che doveva sentirsi così.
Lui si accucciò a me, e gli baciavo i capelli, accarezzandogli la fronte. Praticamente lo stavo quasi cullando su quella sedia d'ospedale, e poco dopo lui si addormentò con la testa sulle mie gambe.
Sorrisi a quella visione, osservando il suo profilo duro e mascolino, e dolce allo stesso tempo. Sembrava veramente un bambino tra le mie braccia, ma a miei occhi rimaneva sempre il Marco che era stato capace di sostenere l'impero in cui era nato. Quello capace di difendere Marta da Tommaso, quello che mi aveva fatto scoprire un mondo nuovo e assurdo.
- Oh. - disse Elena quando tornò con un sacchetto in mano. Fece un sorriso triste alla vista del figlio addormentato in quel modo, e si sedette accanto a me.
- Grazie Elena, ma credo che mangeremo dopo. - le dissi ridacchiando, indicando con il mento il metro e ottantacinque che avevo addosso. Lei scosse la testa, quella situazione in un'altra circostanza l'avrebbe fatta ridere.
- Non sembra neanche lui, così. - rifletté ad alta voce, ed io la guardai confusa.
- Nel senso che probabilmente non avrebbe mai immaginato di dormire sulle gambe di una ragazza, con i vestiti addosso e dentro un ospedale. - disse, cercando anche lei di sdrammatizzare facendo battute sul figlio.
Io risi piano, e continuai ad accarezzarlo.
- Già. E se devo essere sincera, io stessa non avrei mai immaginato di trovarmelo addormentato addosso. Sono sorpresa quanto lei. - dissi sincera, ripensando a tutto quello che era successo tra noi. Come cavolo ci eravamo arrivati fino a lì?!
- Perché? Non pensavate che vi sareste innamorati? - mi chiese con un sopracciglio alzato, e un sorrisetto divertito. Io aggrottai la fronte, non capendo la sua espressione. Sembrava avere già la risposta alla mia domanda.
- Per niente. All'inizio c'era di tutto tranne che amore tra noi due. - dissi spalancando gli occhi, ricordando gli insulti e le urla che erano piuttosto frequenti tra me e Marco. Dopo tutti quei mesi non ero ancora riuscita a capire quando le cose fossero scattate, cambiate radicalmente. Era come se qualcuno lassù avesse premuto un interruttore.
- Io l'ho sempre saputo. Mi è bastato guardare le vostre foto su internet e sui giornali. Non si sfila in quel modo su un red carpet davanti all'Italia intera, se non c'è chimica. La vostra non è mai stata un recita per i media, e quello che siete adesso lo dimostra. - mi fece l'occhiolino, ed io mi limitai a sorridere. Non avevo idea che Elena pensasse quelle cose, e di certo non pensavo che quella fosse la vera versione della storia. Davvero io e Marco non avevamo mai recitato? Davvero sono sempre stata attratta da lui e non da Andrea?
Continuai a guardare Elena mentre ero soprappensiero. Se solo lei avesse saputo che nemmeno ci eravamo detti cosa provavamo. A parte qualche parola dolce alle Maldive, io e Marco non avevamo mai parlato dei nostri sentimenti in modo serio. Magari stavamo tutto il giorno attaccati, ma spesso il contatto fisico non bastava. Infatti eravamo ancora incerti sui sentimenti propri, e dell'altro. Credevo più nel potere dei gesti che delle parole, ma a volte queste servivano per chiarire le cose.
- E lei e suo marito? Quando si è resa conto di amarlo? - le chiesi di getto, ed io stessa rimasi sorpresa dalla mia domanda poco discreta. Ma Elena mi aveva messa così a mio agio che sentivo di potermi prendere una certa confidenza. In quel momento, e in quella circostanza, mi sentivo quasi di famiglia.
- Beh, tra me e Lorenzo non è stato amore a prima vista, lo devo ammettere. Anche perché uno come lui non lo si può amare da subito, visto come si comporta a volte. Ma ci sono state delle cose che, nonostante il suo caratteraccio, me lo hanno fatto sposare senza mai pentirmene. - sorrideva con gli occhi lucidi mentre la vedevo immersa nei ricordi. Si fermò un attimo, e guardò verso la porta della stanza dove il marito era attaccato alle macchine.
- Il suo modo di amarmi, di trattarmi diversamente rispetto a chiunque altro, mi faceva sentire... preziosa. E mi piaceva il tipo di persona che ero quando ero con lui. Ventisette anni fa è quello che provavo, ed è ancora quello che provo. - sorrise ancora, e vidi l'amore vero sbocciare dalle sue parole. Io la guardai affascinata dal suo modo di fare,e poi spostai lo sguardo su Marco che ancora dormiva come un angelo. La storia dei suoi genitori non sembrava poi così diversa dalla nostra.
- Sono sicura che anche per te sia stata difficile all'inizio. Lorenzo è suo padre, e per quanto i loro rapporto sia così complicato, si assomigliano molto. - ridacchiò lei, ed io feci un mezzo sorriso. Non era esattamente così però.
- A me piace come Marco è con gli altri. Ha un modo di fare, elegante e a modo, che lo distingue dai suoi coetanei. Credo che abbia preso molto anche dalla madre. - dissi sincera, facendo indirettamente un complimento anche a lei.
Marco era migliore di suo padre grazie alla dolcezza di Elena.
Lei in risposta mi guardò di nuovo con occhi sofferenti, che mi sembravano così identici a quelli del figlio in quel momento.
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Un Marco Riva che piange fa sempre bene vederlo!😂 La storia è quasi agli sgoccioli, stay tuned per il prossimo capitolo!❤️
- treatyourselfbetter

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