DA ORA E PER SEMPRE.

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Non tornava, lui non tornava mai. Non mi scriveva, non mi parlava, non mi cercava, non mi voleva.

La vita mi avvolgeva tra le sue braccia, portandomi allo sbando più totale; il dolore mi assaliva senza mai minuti di tregua, mentre lui chissà cosa faceva. In quei pochi minuti della giornata nei quali i miei occhi riuscivano a mettere a fuoco qualcosa, avevo visto delle foto di una festa di capodanno e non mi era sembrato così triste; o almeno, non quanto me. Nessuno poteva essere nervoso come me; nessuno aveva compreso il mio urlo disperato, quella sensazione di vuoto che provavo da quando lui non c'era.

Avevo pensato che, con il tempo, quell'angoscia sarebbe andata via, ma mi sbagliavo; ogni minuto che passava si ingigantiva, diventava grandissima nel mio petto, mi affaticava il respiro e mi faceva versare lacrime amare. Non mi aveva più cercato e io non l'avrei mai fatto; l'unica cosa negativa che mi aveva trasmesso in quell'anno insieme era l'orgoglio. Mi aveva reso testarda, ma questa volta non mi aveva aiutato, anzi. Mi aveva portato a sprofondare.

Tutto quello che avevo pensato, fantasticato, durante quel pezzo di vita, mi era caduto addosso in un solo momento, in un unico lampo di vista, che aveva azzerato tutte le mie possibilità di essere felice.

Flashback.

"Ale, sto per partire. Sono sull'aereo e sono davvero assonnata, ma lo rifarei mille volte; sto arrivando da te e tutto vale, tutto conta. A tra poco, tesoro."

"Ciao cucciola,buon volo. Ci vediamo tra pochissimo, vieni fuori alla scuola."

Tre ore e mezza dopo ero arrivata a scuola, erano le ore 12.15 ed Alessandro non era lì.

"Signora, scusatemi, la classe  ** a che ora esce?"

"Signorina, mi dispiace: quella classe è uscita alle ore 10.30 per una comunicazione improvvisa del preside."

Sulle scale di quell'istituto avevo provato a non cadere, avevo provato a restare lucida, ma non potevo fare a meno di sedermi. Avevo bisogno di credere che non fosse già finito tutto, che non avessi già perso, che non fosse già tutto qui.

"Alessandro, dove sei? Non sei a scuola, me l'hanno detto. Ti prego, dove sei? Sto andando in panico."

Visualizzava, visualizzava ai miei mille messaggi ma non poteva vedere le mie diecimila lacrime, tutti i miei singhiozzi nel taxi che mi aveva portato nel suo paesino alle porte di Milano.

Ricordavo perfettamente la strada ed ero arrivata, dopo 20 minuti, sotto casa sua.

Citofonavo, bussavo di continuo. Il mio cellulare non aveva minuti di pausa, di tregua: continuava a mandare messaggi, telefonate ai quali nessuno avrebbe mai più risposto.

Avevo strappato un foglio dal quaderno delle dediche ed avevo trovato il coraggio di mettergli qualcosa nella posta.

"Ciuffo, perchè mi hai fatto questo? Perchè mi hai ucciso così? Sono sotto questa pioggia battente e non so cosa pensare, cosa fare. Tra 10 minuti dovrò andare via e se non tornerai in questo tempo sarò persa. Ho perso tutto. Mia mamma è nervosissima, io sono a pezzi. Sono tutta bagnata qui sotto, seduta su questo marciapiede che è diventato un lago; hanno contribuito le mie lacrime. Quest'acqua, che sta toccando anche te, sa delle mie lacrime più pure e vorrei sapere tu che ne provi. Che cosa ho fatto per meritarmi questo? Che cosa abbiamo combinato? Sai, preferivo piangere della distanza nel mio lettino, nel mio piccolo mondo, piuttosto che morire affogata nel tuo, così grande per me. Mi hai ucciso, senza motivo, o una risposta tu la hai. Questo foglio inzuppato è l'unica cosa che tu resterà di me? La testimonianza del mio amore infinito per te? La vita è proprio cattiva; stamane ero così felice, stavo davvero bene e non avrei mai pensato che sarebbe potuto succedere tutto questo. Non so più cosa dirti, qui c'è il taxi che mi porterà lontano, lontano di nuovo. Lontano da queste strade, lontano dal mio cuore malato di te, che stamattina batteva talmente forte da farmi pensare che sarebbe potuto scoppiare. Sei stato l'eroe che ho perso, che mi ha voluto bene. Sei stato l'unica persona  a cui  abbia mai tenuto davvero nella vita; grazie per tutta questa sofferenza. Ti aspetto, anche per la vita. Se ti andrà, potrai contattarmi. Tua, cucciola."

I vetri bagnati dell'auto, quelle luci fioche mischiate alla vista umida dei miei occhi, i miei vestiti bagnati, i capelli grondanti e la sofferenza stampata in faccia sono le uniche cose che ricordavo, fino all'arrivo in aereoporto.

Quell'aereo mi aveva portato via e aveva risucchiato tutto il mio amore per lui; io ero restata a terra, a decollare era stato solo il mio corpo. Non sapevo a quale mondo appartenere, quel mondo che mi aveva fatto troppo male.Lui, che mi aveva fatto male e quell'ultimo messaggio che mi  aveva inviato, a cui io non avevo posto una risposta.

"Ho aperto la posta e mi è bastato per sentire tutto il tuo dolore. Ho sbagliato tutto; tuo, Ale."

E l'aereo saliva, saliva, saliva ancora...E se ne andava, forse per sempre, da quello che era stato il posto migliore per me, la mia felicità, la mia àncora, il mio infinito..

Fine flashback.

I biglietti ancora tra le braccia, la tuta di qualche giorno e una tazza di thè a farmi compagnia. Domani rientrerò a scuola; avevo, per fortuna, svolto i compiti ma non ero pronta a tutte le domande, non ero pronta per ricominciare senza lui. Non ero pronta per sentirmi sola, una volta e per sempre. Il vuoto del suo posto nel mio cuore si sentiva e non riuscivo neanche più a guardare un suo poster per non percepirlo più grande dentro me.

Mi scolpiva, scalfiva il petto; mi penetrava fortissimo, quel dolore di perdita, quella mancanza così grande che mai nessuno avrebbe mai potuto colmare; quell'ansia, quella voglia di finirla, quella possibilità vana di ricominciare.Non avevo chance, non ero nulla senza lui. Non avrei potuto ricominciare, non ce l'avrei mai fatta. Non potevo e l'unica cosa che mi era restata erano le lacrime, fedeli compagne che mi custodivano, che esistevano come sfogo e come unica comunione con l'esterno. Stringevo il cuscino, urlavo, abbracciavo mia mamma che mi diceva che sarebbe finito tutto; stringevo quei biglietti,fino al momento in cui li avevo strappati, liberando un pò di rabbia dal mio corpo.Ne avevo ridotto coriandoli, che cadevano sul pavimento, scivolando sulle coperte del mio letto. La mia sofferenza non oscillava mai e non sapeva mai interrompersi ed era talmente forte da avermi convinto che sarebbe durata per sempre. Una persona così importante non si sarebbe mai potuta dimenticare, non avrei mai potuto fare finta che non fosse mai esistita, non l'avrei mai permesso. In quei mesi mi ero sentita la regina del mio mondo,quello costruito insieme a lui; avevamo costruito una fortezza, che  si era abbattuta ed aveva salvato solo lui, trascinando me nelle segrete del castello più buio.

Alessandro doveva stare bene, doveva essere felice; lui avrebbe meritato il mondo, tutto per lui. Il dolore era meglio che lo tenessi io; questa era la mia unica soluzione.

Stavo soffrendo per entrambi e, mentre i giorni passavano, consolidavo questa mia opinione. Non sapevo come stava, non conoscevo più la sua vita, ma tra pochi giorni l'avrei rivisto, l'avrei riabbracciato e ci sarei sicuramente stata.

Io ero più forte, io sapevo soffrire, potevo farlo. Avrei fatto di tutto pur di farlo stare bene, nonostante tutto quello che mi aveva provocato. Sarei stata forte, sarei restata. Sarei stata per sempre con lui. Sarei stata nei suoi pensieri? Questo non avrei potuto saperlo. Lui era restato dentro me, era restato nell'avventura della mia vita, era restato quello che tutti chiamiamo "salvezza". Mi aveva causato tanto dolore, tanta sconfitta, ma ero anche riuscita a riabbracciarlo.

Tra le sue braccia avevo capito che tutto era stato vano; nonostante tutto, ero capace ancora di amarlo, incondizionatamente. La mia mano era salda nella sua, mentre ci scattavano un'altra fotografia di quel film chiamato vita. Un'altra foto ancora, ancora un altro abbraccio. Un altro concerto, un altro evento, un'altra fila di mille persone, un altra grande emozione. Quelle braccia che avevano accolto tutte le mie lacrime; quelle orecchie che avevano sentito: "Marghe, sono qui. Sono qui. Scusa per tutto, sono qui. Stringimi più forte."

Dopo qualche mese, volete sapere cosa ne è stato di Mar?

Mar era sotto altri palchi ad urlare il suo nome, con gli occhi lucidi aveva fissato quell'immagine della persona migliore del mondo; aveva ritrovato il suo equilibrio e, per ricordare per sempre, aveva tatuato la promessa di restare sempre, DA ORA E PER SEMPRE.

Fine.

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