Improvviso.

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"Sempre così furbetta eh? Sappi che se potessi lo farei anche adesso. Mi piacerebbe tanto poterti incontrare ancora."

"Sempre dolce! Anche a me."

Dopo poco mi addormentai, certa che il giorno dopo l'avrei trovato di nuovo con me. Alle 7 la mia sveglia suonò e "Si lo so" sembrava avvolgere le pareti di casa mia in un lento richiamo alla quotidianità che mi stava aspettando, proprio dietro la porta di casa. Solcata questa, potevo dichiarare il mio weekend da sogno finito. Mi affrettai a scuola, senza mandargli il buongiorno che lui tanto adora. L'avrei fatto durante l'intervallo, senza problemi.

Dopo le due ore di Scienze e quell'interrogazione del tutto inaspettata, quei 10 minuti di pausa arrivarono. Accesi il cellulare, entrando su Facebook.

Il primo stato di una pagina su Ale che seguo: "Alessandro non sta bene, stamattina c'erano delle fan sotto casa sua e lui è sceso aggrappato al fratello, lo stavano portando da qualche parte. Dicono sia l'appendicite e deve essere operato."

Lo stipite della porta mi mantenne e mi appoggiai alla mia amica che aveva letto insieme a me. Presi posto, per evitare di cadere. Mi strinsi tra le mie braccia, simulando un abbraccio. Sentii tutti i miei compagni vicini, ma dissi solo di non stare bene e di voler andare in bagno. Quì scrutai a lungo la home, per capire davvero se qualcuno avesse notizie. Azzardai le mie mosse, contattando una sua cara amica, chiedendole cosa fosse successo.  Lei, con fare gentile, mi disse che Ale era all'ospedale e forse non l'avrebbero operato. Piansi tutte le mie lacrime, mi ripresi solo per pregare un attimo: "Madonnina, Gesù..fatelo stare bene. Chiedo solo questo. Lui deve stare bene, non deve ricevere alcun dolore. Se devi mandarlo a qualcuno..fallo con me. Io sopporterò tutto, ma fai stare bene lui. Per favore." Mentre le lacrime ancora scioglievano tutto il mascara e la matita, pensai a lui.. Cosa gli stavano facendo? Sentiva dolore? Aveva paura? Perché non potevo essere con lui?

Gli scrissi un messaggio, pentendomi di aver mancato il buongiorno, anche se sapevo che in quel momento sicuramente non avrebbe avuto modo di leggerlo e non gli sarebbe interessato più di tanto..ma lo scrissi.

Le mani mi tremavano ed ancora singhiozzavo forte:

"Ciao cucciolo, ciao campione. Ho saputo tutto e vorrei solo dirti di farti coraggio. Immaginami accanto al tuo letto, se ti va, vicino a te. Ti sto stringendo la mano, sto ascoltando le tue paure, ti sto tranquillizzando. Stringi più forte quel cuscino, riuscirai a trovare la mia essenza dentro. Stringi quelle lenzuola, sono come le mie mani che accarezzano le tue. Stringi il mio ricordo e sentirai la mia presenza. Io ci sono, sii forte campione. Ti voglio un bene infinito. Ti prego, chiunque legga questo messaggio..Rispondi se puoi.

Tua sempre, cucciola."

Mi accasciai al pavimento, certa di non sapermi più alzare e connettere. Presi il telefono e mi aggiustai un pò, per rendermi presentabile ma non mi importava niente. Lui stava male ed io peggio di lui, a 800km di distanza, consapevole di non poter fare assolutamente niente. Questa era la parte più difficile; non potevo esserci, non avrei potuto fare nulla. Solamente stare seduta con il cellulare tra le mani pronta a rispondere ad un suo messaggio, quando sarebbe arrivato..

Tornata a casa, non pranzai. Mi misi sul letto con la sua voce nelle orecchie e iniziai a scrivere, per sfogarmi ancora. Le lacrime non erano più sufficienti, la forza ben poca..ma la penna ancora scorreva lungo le righe bianche e dritte del mio quaderno chiamato "Sfogo".

Con l'altra toccavo il cellulare, lo sbloccavo e ribloccavo di continuo..

Ogni minimo messaggio per me era un colpo al cuore, ma non era mai lui. Non era mai quello che volevo.

Si fece sera ed io ero ancora lì, con il cellulare morente tra le mani ad aspettarlo, con le lacrime agli occhi, sul cuscino e nella maglietta, con il cuore preoccupato e la mente troppo pensierosa per affrontare la notte che mi si stava presentando davanti..

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