"Ti aspetto."

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Agitata più che mai, corsi lungo la strada allestita dell'aereoporto che mi avrebbe condotto alla consegna bagagli, lasciando indietro i miei genitori che già non sopportavano più tutta la mia "pazzia."

Una volta recuperata la valigia blu, ci avvicinammo alla biglietteria del treno, che ci avrebbe condotti alla stazione centrale della città.

Il viaggio in treno durò circa 40 minuti, che consumai ad osservare il paesaggio, a guardare attorno a me le case dei fortunati che vivevano molto vicino al mio idolo, a colui che per me significava vita.

Misi le cuffie alle orecchie, poggiai la testa al vetro della finestra e mi persi.

Mi persi nel guardare quelle abitazioni, quel cielo stranamente sereno.

Osservai il sole,per quanto i nitidi raggi me lo consentissero. Mi sentivo come lui, splendevo di gioia.

L'ultima fermata si faceva sempre più vicina e mi iniziai a sistemare con la mia borsa verso l'uscita del treno.

"Stazione centrale." e respirai. "Di Milano" e pensai di morire.

Scesa dal treno, camminammo accanto ai binari verso l'uscita dove erano i taxi.

Osservavo tutte quelle persone che correvano, che cercavano il treno giusto e mi domandavo dove dovessero scappare di tanto importante quando avevano la garanzia di poter vivere in quel meraviglioso posto. Nessun altro posto al mondo per me era più importante di Milano, nessuna città poteva competere con lei. Certo, dalle mie parti avevo tutta la mia vita, i miei amici, la scuola e la famiglia. Ma quando misi piede sul suolo milanese mi sentì completa, sentivo che sarei stata bene anche lì, anche da quel momento con le poche cose che avevo con me.

Pensai alla Pausini, che nella sua canzone dice di prendere un treno per un viaggio di sola andata verso una meta perfetta per lei. Un paradiso.

E per me quella meta era Milano.

Uscita dalla stazione, rimasi meravigliata nel vedere il Duomo. Chissà quante volte Alessandro era entrato lì, quante volte aveva camminato lungo il marciapiede che stavo percorrendo io. Perdendomi in questi pensieri mi sentivo bene, mi pareva di essere più viva del solito. Percepivo la vita scorrermi nelle vene, il cuore più pazzo che mai, il sangue più rapido di sempre. Ero agitata tanto da non udire la chiamata di mio padre che mi incitava a salire sul taxi nero.

Scambiammo qualche parola con l'autista e quell'accento tanto simile ad Ale mi faceva ancora di più capire che ero sempre più vicina a lui.

Arrivati nel nostro hotel, molto centrale, sistemammo le nostre cose ed effetti personali per cercare il modo di giungere a Buccinasco. Erano le 13.30 e mancava circa un'ora e mezza al grande momento.

Capimmo, grazie ad una guida, che avremmo dovuto prendere la metro e dopo il pullman numero 351.

Arrivati alla fermata di metro, facemmo una corsa per prendere il pullman delle 14.15 che pensavo poteva essere lo stesso di Ale che tornava da scuola. Appena seduta al mio posto, proprio davanti a me, c'era un ragazzo molto somigliante di spalle. Aveva lo stesso taglio di capelli ed un giubbino a me familiare.

Oddio, se fosse stato lì davanti? Cosa avrei fatto? Come mi sarei comportata dinanzi a tutte queste persone che sedevano con me nel bus? Mi iniziò a battere ancora più forte il cuore, sentì una scossa dentro me ma non molto forte tanto che mi meravigliai. Mi aspettavo qualcosa in più da me stessa, dal mio organismo..

Ma quest'ultimo aveva già percepito che quello non era il profumo di Ale. Questo ragazzo aveva un odore molto forte di qualche profumo molto intenso e direi anche abbastanza fastidioso. Era lui o no? E quella sciarpa enorme perché non la vedevo nel retro del suo collo?

Quel giovane venne chiamato da un amico che stava salendo e, una volta girato e distratto dal suo Iphone, mi accorsi che non era lui e che il mio corpo aveva percepito bene.

La prossima fermata era "Buccinasco, via Emilia." e trassi un profondo respiro.

Uscita dal bus, notai quelle villette singole e quei palazzi del tutto uguali a quello di Alessandro.

Non conoscendo la posizione della strada rispetto a dove mi trovavo, mi informai da alcuni signori che erano dinanzi ad un bar.

Mi dissero tutto quello di cui avevo bisogno e raggiunsi l'indirizzo giusto.

Percorsi fino a trovare il numero civico giusto e notai altre due ragazze, che si presentarono a me come Miriam e Melania, di Torino e Venezia rispettivamente che mi informarono che lui non era a casa. Erano le 14.45, presto per il nostro appuntamento.

Allora mi sedetti con loro e iniziammo a parlare ma io non dissi niente della mia situazione, perché non sapevo come l'avrebbero presa. Mi limitai a spiegare come avevo conosciuto Ale, all'unica volta in cui l'avevo incontrato nello scorso Dicembre. Ma mentre parlavamo e ci raccontavo delle nostre esperienze vedemmo, all'inizio della strada, un ragazzo abbastanza alto, con lo zaino in spalla, il giubbino blu, i pantaloni beige larghi e le Timberland ai piedi. Gridai: "È lui" e quasi mi nascosi dietro le ragazze che erano con me. Eravamo restate paralizzate da lui che si avvicinava, con il suo fare molto semplice e tranquillo. Lo incominciai ad osservare e, semplicemente,non potevo crederci. Il battito stavolta era impazzito, stavolta davvero sarei potuta morire. La pelle si era rabbrividita, anche se non c'era questo gran freddo. Le mani tremavano e non erano neanche più capaci di mantenere il cellulare, che iniziò a fare mille capriole tra le mie dita per poi essere posato nervosamente nella tasca dei miei blue jeans. Qualche lacrima avvolse il mio viso, ma non rovinò ancora il mascara. Tutti i presenti ci incitavano a non piangere, a calmarci, specie io che ero diventata un peperone iperattivo.

Lui si avvicinava ancora, ancora e ancora...

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