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Harry Styles.

Seduto in camera mia, cercavo di concentrarmi sull'atto terzo del Macbeth, ma in realtà aspettavo di sentire il rumore del pick-up

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Seduto in camera mia, cercavo di concentrarmi sull'atto terzo del Macbeth, ma in realtà aspettavo di sentire il rumore del pick-up.

Immaginavo che il suo rombo sarebbe spiccato anche sotto la pioggia battente. Invece, a un'ennesima occhiata dietro la tenda, mi accorsi che era già lì, come se fosse spuntato dal nulla.

Ero tutt'altro che impaziente che arrivasse il venerdì, e la giornata confermò alla grande tutti i miei presagi.

Ovviamente ci furono i commenti allo svenimento.

Nora sembrava la più interessata alla storia.
Per fortuna, Lee aveva tenuto chiuso il becco, e all'apparenza nessuno sapeva del coinvolgimento di Louis. Lei però mi bersagliò di domande sul pranzo del giorno prima.

Iniziò durante la lezione di trigonometria: «Che voleva ieri Louis Tomlinson?».

«Non so». Non mentivo. «Non è mai arrivato al dunque».

«Sembravi piuttosto arrabbiato».

«Davvero?». Cercavo di non darle a intendere nulla.

«Sai, non l'ho mai visto sedersi accanto a nessuno a parte i suoi fratelli.Che cosa assurda».

«Assurda», ribadii. Sembrava nervosa: continuava a sistemarsi i riccioli.
Immaginavo che fosse in attesa di un aneddoto interessante da trasformare in pettegolezzo.

La cosa peggiore di quel venerdì era che, malgrado sapessi bene che Louis non sarebbe venuto, continuavo a sperare di vederlo.

Quando entrai in mensa assieme a Nora e Lee, non potei fare a meno di perlustrare il tavolo al quale erano seduti Zayn, Niall e Lily, impegnati in una fitta conversazione.

E non riuscii a frenare la delusione che mi assalì quando mi resi conto che non sapevo quando ci saremmo rivisti.

Al mio solito tavolo, tutti erano presi dai piani per il giorno seguente. Lee aveva ripreso vita, dopo aver riposto piena fiducia nelle previsioni del tempo locali, secondo le quali il sole era in arrivo.
Non ci avrei creduto finché non l'avessi visto.

La temperatura, intanto, si era alzata: c'erano quasi quindici gradi. Forse la gita non sarebbe stata un disastro totale.

Durante il pranzo intercettai un paio di sguardi poco amichevoli di Lauren, che non capii finché non uscimmo di lì. Camminavamo in gruppo; io le stavo alle spalle il, a pochi centimetri dai suoi liscissimi capelli biondo platino, ma lei, evidentemente, non se n'era accorta.

«...Forse sarebbe il caso che Harry», pronunciò il mio nome con scherno,
«d'ora in poi si sedesse al tavolo dei Tomlinson», la sentii borbottare a Lee.

Non mi ero mai accorto di quanto la sua voce fosse sgradevole e nasale e fui sorpreso da tanta malignità. Non ci conoscevamo affatto bene, di certo non abbastanza perché mi potesse avere tanto in antipatia. Almeno, così pensavo prima.

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