quindici

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Harry Styles.

Mi risvegliai alla luce smorzata dell'ennesimo giorno di cielo coperto

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Mi risvegliai alla luce smorzata dell'ennesimo giorno di cielo coperto.

Ero sdraiato, con un braccio a nascondermi il viso, intontito. Qualcosa, un sogno che chiedeva di essere ricordato, si faceva largo nella mia coscienza.

Sbadigliai e mi girai sul fianco, sperando di riaddormentarmi. E di colpo la mia mente fu inondata dalla consapevolezza del giorno prima.

Mi alzai urlando, così tanto in fretta da avere le vertigini.

«Il tuoi capelli sembrano una palla di fieno... ma mi piacciono». La sua voce serena giungeva dalla sedia a dondolo, nell'angolo.

«Louis! Sei rimasto qui!». Ero felicissimo, e mi buttai immediatamente, senza pensarci un istante, in braccio a lui. Nell'attimo in cui mi resi conto del mio gesto, rimasi impietrito, sbalordito dal mio stesso entusiasmo incontrollato. Alzai lo sguardo, temendo di avere fatto un passo di troppo.

Ma lui rideva.

«Certo». Era stupito, ma apparentemente lieto della mia reazione. Mi accarezzava la schiena.

Posai la testa sulla sua spalla, con delicatezza, per respirare il profumo della sua pelle.

«Ero convinto di averti sognato».
«Non sei tanto creativo».

«Des!», mi ricordai all'improvviso, saltando su d'istinto e scattando verso la porta.
«È uscito un'ora fa... dopo aver ricollegato la batteria del pick-up, se proprio vuoi saperlo. Devo ammettere che un po' mi ha deluso. Basterebbe così poco per bloccarti, se fossi deciso a fuggire?».

Mi fermai a riflettere, però senza spostarmi. Desideravo tornare in braccio a Louis ma temevo di avere l'alito pesante.

«Di solito, la mattina non sei così confuso», mi fece notare lui. Aspettava il mio ritorno a braccia aperte. Un invito quasi irresistibile.
«Ho bisogno di un altro minuto umano».
«Ti aspetto».

Filai in bagno, scombussolato. Non riuscivo a decifrare le mie emozioni, non mi riconoscevo più. Il volto riflesso nello specchio era quello di un estraneo: occhi troppo lucidi, guance colorite, chiazzate di rosso. Dopo essermi lavato i denti, mi adoperai per sciogliere il caos di nodi che avevo tra i capelli. Mi lavai la faccia con l'acqua fredda e cercai, senza risultati apprezzabili, di respirare normalmente. Tornai in camera mia quasi di corsa.

Ritrovarlo lì, ancora a braccia aperte, era una specie di miracolo. Mi venne incontro, e il mio cuore impazzì.

«Bentornato», mormorò, baciandomi delicatamente.
Per un po' mi cullò in silenzio, finché non mi accorsi che i vestiti erano diversi e i capelli più ordinati.

«Te ne sei andato?», lo accusai, indicando la maglietta appena indossata.
«Non potevo certo uscire di qui con gli stessi abiti che avevo quando sono entrato... Cosa avrebbero pensato i vicini?».
Lo guardai, imbronciato.
«Stavi dormendo sodo; non mi sono perso niente». Il suo sguardo si accese.
«I discorsi li avevi già fatti».
«Cos'hai sentito?», mi uscì con un tono lamentoso.
I suoi occhi azzurri mi sfiorarono con uno sguardo dolce.

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