MATURE CONTENT. (IN REVISIONE)
Quando la mamma di Harry si risposa e manda a vivere il figlio con il padre, nella piovosa cittadina di Forks, a Washington, Harry non prevede affatto che la sua vita possa subire grandi cambiamenti.
Almeno fino a qua...
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Alla luce del sole Louis era sconvolgente. Non riuscii ad abituarmici; eppure non gli tolsi gli occhi di dosso per tutto il pomeriggio. La sua pelle, bianca nonostante il debole colorito acquistato dopo la battuta di caccia del giorno precedente, era scintillante, come ricoperta di piccoli diamanti. Se ne stava perfettamente immobile nell'erba, con la camicia aperta sul petto iridescente e scolpito, le braccia nude e sfavillanti. Le palpebre, pallide e luminose, erano chiuse, ma ovviamente non dormiva.
Una statua perfetta, sbozzata in una pietra sconosciuta, liscia come il marmo, lucente come il cristallo. Di tanto in tanto le sue labbra si muovevano incredibilmente veloci, quasi tremassero. Quando glielo feci notare, mi disse che canticchiava tra sé, a voce troppo bassa perché io lo sentissi.
Anch'io mi godevo il sole, malgrado l'aria fosse troppo umida per i miei gusti. Mi sarebbe piaciuto sdraiarmi come lui e scaldarmi il viso. Invece rimasi rannicchiato con il mento sulle ginocchia, incapace di levargli gli occhi di dosso. Il vento era delicato, mi spettinava e scompigliava l'erba attorno alla sua sagoma immobile.
Il prato, che prima mi era sembrato così spettacolare, impallidiva di fronte a tanta magnificenza. Esitai, preso anche allora dalla paura che lui si dissolvesse come un miraggio, troppo bello per essere vero... Ed esitando tesi un dito fino ad accarezzare il dorso della sua mano sfavillante, immobile a pochi centimetri da me. Quella trama perfetta, soffice come la seta, fredda come la pietra, non smetteva di meravigliarmi. Alzai lo sguardo e trovai i suoi occhi, aperti: quel giorno erano color zaffiro, più chiari e caldi dopo la caccia. Agli angoli della sua bocca spuntò un sorriso.
«Non ti faccio paura?», chiese scherzoso, benché la sua voce morbida tradisse una curiosità sincera. «Non più del solito». Il sorriso si allargò: i suoi denti brillavano al sole.
Mi feci più vicino, e con la punta delle dita seguii il profilo del suo avambraccio. Mi accorsi che mi tremava la mano, e sapevo che non gli sarebbe sfuggito. «Ti dà fastidio?», chiesi, poiché aveva richiuso gli occhi. «No», disse, senza riaprirli. «Non hai idea di come mi senta».
Con la mano, delicatamente, seguii il profilo dei muscoli perfetti del braccio, lungo la debole traccia bluastra delle vene, vicino alla piega del gomito. Con l'altra mano cercai la sua. Lui intuì la mia mossa e mi offrì il palmo con uno di quei suoi movimenti invisibili, incredibilmente veloci. Mi spaventò, e per un istante le mie dita si arrestarono sul suo braccio.
«Scusa», mormorò. Alzai lo sguardo appena in tempo per osservarlo richiudere gli occhi. «È troppo facile essere me stesso, assieme a te». Sollevai la sua mano, rigirandola e ammirando i riflessi del sole. L'avvicinai agli occhi per scoprirne le misteriose sfaccettature.
«Dimmi cosa pensi», disse in un sussurro. Incrociai il suo sguardo, improvvisamente concentrato su di me.
«Mi sembra ancora così strano, non riuscire a capirlo».