ventitré

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Harry Styles.

Andavo alla deriva, e sognavo

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Andavo alla deriva, e sognavo.
Mentre affondavo nell'acqua scura, sentii il suono più piacevole che la mia mente potesse ricostruire: bellissimo, rincuorante e altrettanto pauroso. Era un altro ringhio, anzi un ruggito, più profondo e selvaggio, pieno di furia.

Un dolore acuto squarciò la mia mano alzata davanti al volto e mi riportò quasi in superficie, ma non riuscivo a trovare la strada giusta per riaffiorare, per aprire gli occhi.

A quel punto capii di essere morto.

Perché, dal profondo, sotto quell'acqua di piombo, sentii la voce di un angelo che mi chiamava per nome, guidandomi verso l'unico paradiso che desideravo.

«No, Harry, no!», gridava la voce dell'angelo, spaventato.

Oltre a quel suono tanto amato, sentivo un altro rumore, un tumulto tremendo da cui la mia mente cercava di fuggire. Un ringhiare cupo e malefico, uno schianto terrificante, e un lamento acutissimo che si troncò all'improvviso...

Cercai di concentrarmi sulla voce dell'angelo.

«Harry, ti prego! Harry, ascoltami, ti prego. Ti prego, Harry, ti prego!».

Avrei voluto rispondere con un sì. O in qualsiasi altro modo. Ma non riuscivo a trovare le labbra.

«Mark!», esclamò l'angelo, la sua voce perfetta agonizzava. «Harry, Harry, no! Oh ti prego, no, no!». E l'angelo iniziò a singhiozzare, senza versare una lacrima.

Non era giusto, l'angelo non doveva piangere.

Volevo trovarlo, dirgli che andava tutto bene, ma l'acqua era troppo profonda, e mi schiacciava, non riuscivo a respirare.

Sentii qualcosa premermi al di sopra della fronte. Faceva male. Poi, dopo quel dolore, nell'oscurità che mi attorniava ne sentii altri, più intensi. Gridai qualcosa, affannandomi nel tentativo di uscire dalla pozza scura.

«Harry!», urlò l'angelo.

«Ha perso sangue, ma la ferita alla testa non è profonda», mi informò una voce tranquilla. «Attento alla gamba, è rotta».

Un urlo di rabbia si strozzò nella bocca dell'angelo.

Sentii una fitta acuta al fianco. Questo non era il paradiso, certo che no.

C'era troppo dolore.

«Anche qualche costola, credo», aggiunse la voce, metodica.

Ma le fitte erano sempre più deboli. Sentivo un dolore nuovo, che mi ustionava la mano e copriva tutto il resto.

Qualcuno mi stava bruciando.

«Lou», cercai di dire, ma la mia voce usciva lenta e pesante. Non riuscivo nemmeno io a sentirmi.

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