due

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Harry Styles.

Il giorno dopo andò meglio

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Il giorno dopo andò meglio... e peggio.

Andò meglio perché quando uscii di casa, malgrado le nuvole dense e opache, ancora non pioveva. Ed ero più rilassato, perché sapevo cosa aspettarmi dalla giornata.

Lee si sedette accanto a me durante l'ora di inglese e mi accompagnò alla lezione successiva, sotto lo sguardo infastidito di Ben il secchione. Ne fui lusingato. Quasi nessuno mi squadrava più come il primo giorno. A pranzo mi sedetti al tavolo di una compagnia numerosa che includeva Lee, Ben, Nora e altri ragazzi di cui infine ricordavo i volti e i nomi. Non mi sembrava più di affogare: ora camminavo sulle acque.

Andò peggio perché ero stanco: nemmeno quella notte ero riuscito a dormire a causa del rumore del vento che risuonava in casa. Peggio ancora perché il professor Varner mi fece una domanda di trigonometria senza che io avessi alzato la mano e diedi la risposta sbagliata. Il punto più basso fu quando mi toccò giocare a pallavolo e l'unica volta in cui non riuscii a evitare la palla colpii sulla testa una mia compagna di squadra.

La cosa peggiore in assoluto, però, era che Louis Tomlinson non si era presentato a scuola.

Per tutta la mattina fui terrorizzato al pensiero di incontrare lui e i suoi sguardi bizzarri all'ora di pranzo. Una parte di me desiderava andare a chiedergli quale fosse il problema.

Sdraiato a letto, insonne, avevo anche pensato alle parole da dire. Ma mi conoscevo abbastanza da sapere che non avrei mai avuto il fegato di fare un passo simile. Accanto a me, il Leone Vigliacco faceva la figura di Terminator.

Quando però entrai in mensa assieme a Nora - deciso a non perlustrare il salone in cerca di Louis, ma incapace di trattenermi - notai che i quattro strani fratelli erano seduti al solito tavolo e lui non era con loro.

Lee ci intercettò e ci fece sedere al suo tavolo. Nora sembrava felice di quelle attenzioni, e le sue amiche ci raggiunsero al volo. Tentando di seguire il loro chiacchiericcio, però, terribilmente a disagio, me ne stavo palpitante in attesa dell'arrivo di Louis.

Speravo che mi avrebbe ignorato, né più né meno, dimostrando che i miei sospetti erano immotivati.
Non arrivava, e più passava il tempo più la tensione aumentava.

Alla fine della pausa pranzo non era ancora comparso, perciò affrontai la lezione di biologia con un filo di coraggio in più.

Lee, come un impeccabile cane da riporto, trottava fedele al mio fianco.

Prima di entrare trattenni il respiro, ma Louis Tomlinson non era neppure lì. Mi rilassai e mi sedetti al tavolo. Lee mi seguì, parlando di un'imminente gita alla spiaggia. Ronzò attorno al mio posto fino al suono della campanella. Poi mi rivolse un sorriso un po' triste e andò a sedersi vicino a una ragazza con l'apparecchio e una brutta permanente.

Sembrava che tra me e Lee potesse esserci qualcosa, e ciò non mi tranquillizzava affatto. In una cittadina come quella, dove tutti si facevano gli affari di tutti, la diplomazia era fondamentale.

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