quattordici

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Harry Styles.

In effetti, finché restava sotto i limiti di velocità, sapeva essere un bravo pilota

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In effetti, finché restava sotto i limiti di velocità, sapeva essere un bravo pilota. Non sembrava costargli alcuno sforzo: un'altra delle sue tante doti naturali. Teneva a malapena gli occhi sulla strada, ma le ruote non deviavano di un centimetro dal centro della corsia. Stringeva il volante con una mano sola, e con l'altra la mia sul sedile. Talvolta guardava il sole all'orizzonte, talvolta me, il mio viso, i miei capelli scompigliati dal finestrino aperto, le nostre mani intrecciate.

Aveva acceso l'autoradio, sintonizzata su una stazione di vecchi successi, e cantava una canzone che non avevo mai sentito. La conosceva a memoria.

«Ti piace la musica dei Cinquanta?», gli chiesi.

«La musica degli anni Cinquanta era buona. Di gran lunga meglio che nei Sessanta o nei Settanta! Roba da brividi. Gli anni Ottanta erano sopportabili».

«Conoscerò mai la tua vera età?», azzardai, badando a non rovinare il suo ottimo umore.

«Importa qualcosa?». Con mio gran sollievo, continuò a sorridere.

«No, ma me lo chiedo spesso... Sai, non c'è niente di meglio che un bel mistero irrisolto per trascorrere una notte insonne».

«Chissà se ne rimarresti sconvolto...», disse tra sé. Il suo sguardo si perse nel sole. I minuti passavano.

«Mettimi alla prova».

Sospirò e mi studiò, frugandomi negli occhi, dimentico quasi del tutto della strada. Non so cosa vide, ma prese coraggio. Tornò a osservare il sole - la luce del globo infuocato al tramonto accendeva sulla sua pelle uno sfavillio color rubino - e parlò.

«Sono nato a Chicago nel 1901». In silenzio, mi guardò con la coda dell'occhio. Mi curai di non mostrare nessuna sorpresa, attendendo pazientemente il resto della storia. Accennò un sorriso e proseguì. «Mark mi trovò in un ospedale nell'estate del 1918. Avevo diciassette anni e stavo morendo di spagnola».

Si accorse del mio sussulto, benché fosse appena percepibile. Tornò a fissarmi negli occhi.

«Ho qualche ricordo vago... è stato tantissimo tempo fa, e la memoria umana tende a svanire». Si perse nei suoi pensieri per qualche istante. «Però ricordo bene quello che provai quando Mark mi salvò. Non è una cosa facile; è impossibile da dimenticare».

«E i tuoi genitori?».

«Erano già stati uccisi dal morbo. Ero rimasto solo. Perciò Mark scelse me. Nel caos dell'epidemia, nessuno si sarebbe accorto della mia scomparsa».

«Come... ha fatto a salvarti?».
Attese qualche secondo. Stava cercando le parole giuste.

«Fu difficile. Pochi di noi possiedono l'autocontrollo necessario a un atto del genere. Ma Mark è sempre stato il più umano, il più compassionevole di noi tutti... Non credo abbia eguali nella storia. Quanto a me... fu qualcosa di semplicemente doloroso, molto doloroso».

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