2 Capitolo

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«Buongiorno Hayley.» Mi accolse Adam. «Buongiorno.» Entrai notando la donna di ieri: Carol, appoggiata al muro. «Lei è mia figlia Carol.» Annuii. «Puoi dare una spolverata ai tavolini e una pulita alla vetrata, i detersivi sono sul bancone prendili pure» Disse mentre Carol continuava a fissarci. Mi avvicinai al bancone e presi un prodotto per spolverare i tavolini, erano talmente sporchi, da quanto tempo qualcuno non puliva? «Oggi non resto, stare qui é tempo sprecato.» Carol si avvicinò alla porta dicendo quelle acide parole. «Ti dimostri solo una bambina facendo così.» Rispose suo padre andando verso di lei, abbassai lo sguardo facendo finta di essere invisibile e continuando a spolverare il tavolino. Carol non parlò, uscì senza dire più niente mentre Adam sospirava passandosi una mano sui capelli bianchi, tornò dietro il bancone per asciugare delle tazzine.
Dopo aver spolverato per bene il primo, passai al secondo mentre la porta si apriva, un cliente finalmente! Alzai lo sguardo, era una ragazzo alto con i capelli del mio stesso colore. «Scusa per il ritardo Ad.» Si scusò con Adam. «Tu arrivi sempre in ritardo, sono abituato.» Li guardai confusa. «Ma come faresti senza di me? Sono unico!» Scherzò il ragazzo voltandosi e accorgendosi di me, i suoi occhi erano molto scuri, più dei suoi capelli, a quel contatto visivo sobbalzai abbassando lo sguardo e arrossendo. «Non sei più l'unico, ho assunto Hayley ieri, posso anche licenziarti se continui ad arrivare in ritardo.» Adam rise guardandomi. «Lui é Davis, lavora qui da sei anni.» Annuii continuando a spolverare cercando di ignorare il ragazzo che mi fissava. «Ora che sei arrivato, posso andare a parlare con Carol, torno presto.» Voleva lasciarci soli? Arrossii ancora di più. «Avete di nuovo litigato?» Chiese Davis con aria preoccupata mentre Adam annuiva. «A dopo ragazzi.» Ci salutò uscendo. Deglutii passando all'altro tavolino mentre Davis si sfilava il giubbotto di pelle mostrando i bicipiti. «Ti sei trasferita da poco?» Mi chiese poggiando il giubbotto sul bancone. «Si...» Bisbigliai, perché ero così agitata? «Vuoi che ti aiuti?» Si avvicinò a me. «No, no, ho quasi finito.» Passai all'ultimo tavolino molto goffamente e lui rise facendomi arrossire ancora di più. «Non mordo, puoi guardarmi.» Si avvicinò ancora di più e io alzai lo sguardo incontrando il suo. «Ecco bene.» Disse sorridendomi mentre io arrossivo di nuovo, non potevo sopportarlo ancora, mi voltai concentrandomi sul tavolino. «Hai due occhi verdi bellissimi, sai?» Sentii la sua voce dietro di me e mi irrigidii. «Grazie...» Lo sentii allontanarsi e mi rilassai. «Di niente occhi verdi.» Mi voltai di scatto, occhi verdi? Mi aveva veramente chiamata così? Decisi di ignorarlo.
Spruzzai sulla pezza del detersivo passando alla vetrata, cominciai dal basso mentre sentivo gli occhi scuri di Davis fissarmi, quando passai alla parte superiore mi alzai sulla punta dei piedi ma ero troppo bassa per arrivarci e Davis rideva di questo, era insopportabile. «Ci penso io occhi verdi.» Si avvicinò di nuovo e il mio respiro accelerò, allungò la mano verso di me e io ci appoggiai sopra la pezza, le nostra dita si sfiorarono e io sussultai di nuovo ma Davis non se ne accorse. Senza bisogno di mettersi sulla punta dei piedi, allungò il braccio arrivando facilmente alla parte superiore della vetrata. «Sono tornato.» Adam entrò e io tirai un sospiro di sollievo. «Non è ancora arrivato nessuno Ad.» Davis finì di pulire poggiando la pezza su un tavolino. «Ah, va bene.» Non appena finì di pronunciare quelle parole la porta si aprì, un grosso signore entrò, «Ehi, fammi il solito Adam.» Andò verso il bancone sedendosi su uno sgabello. «Lui è Mr. Redman, viene qui ogni mattina.» Mi sussurrò all'orecchio Davis, era così vicino, mi irrigidii spostandomi. «Cosa c'è occhi verdi? Non mordo, lo sai.» Schiacciò un occhio sorridendomi mentre sospiravo rumorosamente. «Non ti piaccio?» Mi metteva terribilmente a disagio. «Non chiamarmi occhi verdi.» Dissi piano prendendo le distanze. Mi fece un sorriso a trentadue denti e io socchiusi gli occhi irritata.
La giornata finì tra le continue occhiate di Davis e le mie guance arrossate.
«A domani ragazzi e Davis, davvero, niente più ritardi.» Lo rimproverò Adam. «Sta tranquillo!» Rispose uscendo insieme a me dal bar. «Beviamo qualcosa insieme?» Mi chiese scombinandosi i capelli, a quella richiesta spalancai gli occhi. «No, devo andare a casa.» Abbassai lo sguardo voltandomi e cominciando a camminare. «Davvero?» Sembrava sorpreso, non era abituato a sentirsi dire di no? «Anche se sei un ragazzo molto carino non significa che tu mi piaccia, Davis.» Mi voltai verso di lui arrossendo immediatamente. «Però pensi che io sia carino.» Piegò la testa da un lato infilandosi le mani in tasca. «Devo andare a casa.» Bofonchiai, camminando alla svelta. «Lascia che ti riaccompagni a casa!» Gridò e io sospirai. «Lasciami stare Davis!» Gridai in risposta. Sentii la sua risata e poi il rumore di un motore a scoppio, mi voltai, Davis stava salendo sulla sua moto. «Dico davvero occhi verdi, sali, ti accompagno.» Si avvicinò con la sua moto nera e mi passò un casco. «Solo se la smetterai di chiamarmi così.» Gli puntai un dito contro e lui rise. «Ora sali, si sta facendo buio.» Afferrai il casco non molto convinta, salii indossandolo e tenendomi ai lati della moto. «Scherzi?» Mi chiese afferrandomi le mani e portandole sugli addominali scolpiti. «Devi tenerti così, dimmi dove stai.»
Per tutto il viaggio il mio cuore batté all'impazzata, non potevo sopportare tutta quella vicinanza, non lo conoscevo nemmeno. «Arrivati, a domani occhi verdi.» Mi salutò mentre scendevo dalla moto restituendogli il casco. «Oh no, tienilo, ti accompagno anche domani.» Dicendo questo accese il motore sgommando via lasciandomi lì, con il suo casco. Esasperata rientrai a casa. «Hayley! C'è pizza per cena!» Gridò Chelsea dalla cucina, la raggiunsi, sulla tavola c'erano due cartoni per la pizza. «Dai siediti, mangiamo.» Feci come aveva detto poggiando il casco accanto a me. «Hai una moto?» Prese la prima fetta fissandomi. «No, un ragazzo che lavora con me mi ha accompagnata a casa.» Dissi diventando rossa. «Un ragazzo, eh?» Alzò un sopracciglio divertita. «Siamo solo colleghi.» Lei rise notando il mio imbarazzo. «Come si chiama?» Chiese sorseggiando una lattina di coca cola. «Davis...» Risposi piano. «È carino?» Perché non mi lasciava in pace? Ripensai ai lineamenti perfetti di Davis e i suoi occhi penetranti. «Si, ma lavoriamo insieme solo da un giorno e non mi piace.» Chelsea annuì smettendola con le domande.

La vidi, era davanti a me e sorrideva facendomi segno di avvicinarmi, provai a muovermi ma non ci riuscivo, ero bloccata, mi chiamava, provai a rispondere ma non avevo voce e a quel punto gridò e mi svegliai urlando anche io. «Dio santo Hayley, stai bene?» Chelsea piombò in camera mia, era in pigiama. «Cosa? Io...» Confusa mi misi a sedere sul letto. «Hai fatto un incubo?» Mi chiese sedendosi accanto a me mentre annuivo. «Tranquilla, capita anche a me, mi sono spaventata sentendoti urlare.» Ripensai al sogno. «Mi dispiace.» Abbassai lo sguardo ricacciando indietro le lacrime. «Ti è mai mancato qualcuno così tanto da stare male fisicamente?» Le chiesi trovando non so come il coraggio. «Si, la gente che sparisce dovrebbe almeno avere la decenza di portarsi via i ricordi, non trovi?» Restammo un minuto in silenzio, io per assimilare le sue parole. «Hai sognato una persona che ti manca?» Annuii lentamente. «Ma adesso sto bene, torniamo a dormire.» Lo sguardo di Chelsea diventò preoccupato ma mi ascoltò uscendo dalla mia camera, sospirai distendendomi e riprendendo sonno.

Fidati di me occhi verdiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora