Caddi a terra sentendo un dolore lancinante allo zigomo, e poi più niente: solo buio.
«Non lo so, portami del ghiaccio!» Sentii una voce urlare, aprii lentamente gli occhi ma quel dolore ritornò, mugolai. «Occhi verdi mi senti?» Doveva essere Davis, non vedevo bene ma sospirai un si. «Ok, sta tranquilla.» Sentii le sue mani scostarmi i capelli dal viso. «Eccolo, eccolo...» Rispose una voce. Provai a mettere a fuoco quello che vedevo, sta volta aveva parlato Adam, vidi Davis, mi teneva sulle sue ginocchia e aveva uno sguardo preoccupato. «Allora, sta ferma ti metto del ghiaccio va bene?» Mi chiese dolcemente e io annuii. Il ghiaccio alleviò un po' il dolore, provai ad alzarmi. «No ferma, sei svenuta poco fa.» Rimasi immobile ricordando quell'uomo mentre Davis mi teneva le braccia un brivido mi corse lungo la schiena. «Ti fa ancora tanto male?» Feci di no con la testa mentre annuiva un po' sollevato. «Posso alzarmi ora?» Chiesi. Quella posizione mi metteva a disagio. «Ti gira la testa?» Mi domandò lasciandomi le braccia e sollevando il ghiaccio per controllare lo zigomo, guardai le sue mani erano sporche di sangue. «Di chi è quel sangue?» Mi spaventai alzandomi di scatto e notando che la testa mi girava ancora, mi sedetti su una sedia lasciandolo lì, con il ghiaccio in mano. «Non è tuo, non hai perso sangue ma ti ha dato un brutto colpo devi tenere il ghiaccio.» Si avvicinò a me e io mi alzai allontanandomi, la testa non girava più. «Ferma, cosa fai? Devi tenerlo.» Disse dolcemente vedendo il mio spavento. «Dimmi di chi è...» La voce mi morì in gola. «Dillo Davis, deve saperlo.» Aggiunse Adam prendendo altro ghiaccio sul bancone e porgendomelo, lo misi sullo zigomo e il dolore ritornò, sospirai sedendomi a terra cercando di non crollare. «É dell'uomo che ti ha aggredita.» Rimasi senza parole, Davis era serio, come non lo avevo mai visto. «Vi lascio da soli...» Disse Adam sparendo nel retro del negozio, lo seguii con lo sguardo e poi ritornai a fissare Davis. «Cosa è successo?» Chiesi quasi bisbigliando. «Occhi verdi, davvero lasciamo stare adesso è dietro le sbarre, non devi preoccupartene.» I suoi occhi diventarono più scuri mentre mi alzavo. «Devo saperlo Davis.» Dissi stringendo i pugni, lui sospirò lasciandosi cadere sulla sedia. «Ti ho seguita, non volevo che arrivassi da sola al bar.» Abbassò lo sguardo, per la prima volta lo vedevo imbarazzato. «E poi hai visto che mi ha fermata?» Dissi piano. «Si, sono sceso dalla moto e mentre vi raggiungevo lui...» Mi guardò negli occhi con rabbia. «Mi ha colpita?» Feci un espressione di dolore sentendo lo zigomo dolorante, lui annuì accigliandosi. «Stava per sferrarti un altro pugno ma vi ho raggiunti e... l'ho picchiato, avrà la faccia sfigurata per sempre.» Socchiuse gli occhi cacciando indietro la rabbia mentre rimanevo di nuovo senza parole, mi aveva salvata.
Adam chiamò Chelsea per riportarmi a casa lasciandomi tutta la settimana per riposo, Davis aveva insistito per riaccompagnarmi ma avevo rifiutato in quel momento desideravo restare da sola. «Hayley!» Corse ad abbracciarmi la mia coinquilina. «Sto meglio, davvero.» Sorrisi debolmente. «Adam mi ha detto tutto, devi tenere il ghiaccio. Ora torniamo a casa.» Mi voltai guardando lo sguardo affranto di Davis e lo salutai con la mano. Arrivata a casa Chelsea mi accompagnò in camera mia, buttai sul pavimento la borsa e il giubbotto. «Voglio fare una doccia.» Dissi debolmente mentre Chelsea annuiva, la guardai e poi con fatica raggiunsi il bagno, aprii l'acqua calda e dopo essermi spogliata entrai nella doccia, bagnai lo zigomo gonfio, faceva meno male per fortuna, poi i capelli che con estrema lentezza spostavo dalla spalla, ripensai ad oggi: mi aveva salvata, aveva salvata proprio me: io che sono un estranea per lui, io che cercavo sempre di restare lontana da tutti, io che morivo dentro e mi ripetevo che non aveva importanza, chi salverebbe una come me? Davis mi aveva salvata e non l'avevo nemmeno ringraziato. Mentre l'acqua scorreva delle lacrime salate cominciarono a scendermi sulle guance, mi aveva salvata.La mattina dopo mi svegliai molto presto per colpa del solito incubo, erano le sei di mattina, mi alzai diretta verso il bagno, entrai e con coraggio mi guardai allo specchio, avevo lo zigomo meno gonfio ma di un colore simile al viola, era orrendo corsi in cucina a prendere del ghiaccio per metterlo sul viso ma mentre tornavo in camera mia sentii Chelsea urlare dalla sua stanza, mi voltai verso le sue urla mentre spalancava la porta, mi vide, con un espressione sorpresa, aveva gli occhi bagnati dal pianto, il trucco sbavato e il cellulare all'orecchio, come me era ancora in pigiama. «Ora basta, parleremo di persona, devo andare.» Disse seria riattaccando. «Tutto ok?» Le chiesi, socchiuse gli occhi e poi annuì. «Non pensavo fossi già sveglia, come ti senti?» Si avvicinò mettendo il cellulare in tasca e asciugando le lacrime. «Meglio grazie.» Sospirai. «Bene, hai fatto colazione?» Feci di no con la testa. «Vieni, faccio i pancake.»
Li preparò in silenzio e io evitai di farle domande su con chi stava parlando. «Ecco sono pronti.» Disse poggiando il piatto sul tavolo, ne presi uno e lo assaggiai. «Molto buono.» Lei mi sorrise debolmente. «Scusa per poco fa...» Disse piano portandosi alla bocca la forchetta. «Non devi scusarti.» Sospirò. «Le cose tra me e Jacob non vanno bene, litighiamo spesso.» Mi guardò triste. «Mi dispiace molto...» Lei scosse la testa finendo di mangiare.
Dopo aver finito lavai i due piatti. «Il ghiaccio Hayley.» Mi ricordò Chelsea, annuii asciugando le mani e prendendo il ghiaccio, tornai finalmente in camera chiudendo la porta dietro di me, mi avvicinai ai jeans cercando l'iPod dentro le tasche, ma poi ricordai: l'aveva Davis, mi portai la mano sulla fronte cominciando a indossarli ricordando anche il casco, dopo l'aggressione... io, l'avevo lasciato per strada, dovevo comprargliene un altro. Infilai anche una vecchia maglietta poggiando il ghiaccio sullo zigomo, piegai il pigiama come mi aveva insegnato mia madre e lo sistemai sotto il cuscino. «Hayley?» Mi chiamò Chelsea da dietro la porta distraendomi dai miei pensieri. «Si, entra.» Entrò con gli occhi spalancati. «C'è Davis, vuole parlarti.» Il cuore mi si fermò mentre arrossivo. «È all'ingresso?» Chiesi con un fil di voce. «È dietro questa porta...» Bisbigliò, cosa dovevo fare? «Fallo entrare.» Dissi, perché non era al lavoro? Chelsea uscì e al suo posto entrò Davis con il casco il mano nel suo giubbotto di pelle. «Occhi verdi... credevi di potertene sbarazzare?» Scherzò alzando il casco. «L'hai preso?» Lui scosse la testa sedendosi sul mio piccolo letto e poggiandolo a terra. «Prima o preso te, poi quando sei andata via sono andato a riprenderlo.» Annuii con un groppo in gola. «Come stai?» Mi chiese avvicinandosi, smisi di respirare sentendo il suo profumo. «Meglio, grazie...» Risposi piano irrigidendomi mentre sorrideva scostandomi i capelli dal viso, il mio cuore si bloccò non riuscivo a muovermi sotto il suo tocco, poi si allontanò lasciandomi respirare di nuovo. «Quando sei svenuta mi sono veramente preoccupato...» Perché mi diceva così? «Davis, perché? Perché hai fatto questo per me? Ci conosciamo da poco e perché non sei a lavoro ora?» Lui si alzò avvicinandosi alla finestra. «Perché con te è diverso e Adam ha dato la settimana libera anche a me...» Ero confusa, mi alzai avvicinandomi a lui. «Cosa è diverso?» Chiesi mentre si voltava verso di me, sospirò senza rispondere, mi guardò con i suoi scuri aggrottando la fronte per poi sedersi di nuovo sul lettino mal ridotto. «Vorrei saper interpretare i tuoi silenzi, Davis.» Lo guardai mentre si toccava i capelli. «E io i tuoi, occhi verdi.» Abbassai lo sguardo appoggiandomi al muro. «Se ascoltassi il mio silenzio sentiresti solo urla.» Mi guardò di nuovo con quello sguardo: come se mi capisse. «So cosa significa...»
Non so per quanto tempo restammo in silenzio ma a me sembrò un'infinità, non appena lo accompagnai alla porta d'ingresso Chelsea mi schiacciò l'occhio avvicinandosi a noi. «Domani io e la mia band suoniamo dentro un locale qua vicino, ti va di venire Davis?» Gli chiese, mi voltai verso di lei per fulminarla con lo sguardo, cosa stava facendo? «C'è anche Hayley naturalmente.» E quando aveva intenzione di avvisarmi? Spalancai la bocca senza farmi vedere da Davis. «Certo, ci sarò.» Disse lui sorridendo, lei ricambiò il sorriso per poi sparire in cucina. «Allora a domani occhi verdi.» Alzò le sopracciglia. «A domani...» Mi appoggiai alla porta mentre lui usciva dall'appartamento. «Davis?» Lo chiamai. «Si?» Si voltò. «Grazie...» Abbassai lo sguardo. «Per cosa?» Mi chiese sorpreso. «Per avermi salvata.»
Quella sera andai a letto cercando di convincere la mia coinquilina a lasciarmi restare a casa, odiavo i locali e il fatto di dover vedere Davis mi spaventava, sentendo le urla di Chelsea, di sicuro stava parlando al cellulare con Jacob, mi addormentai anche senza incubi per fortuna.
Mercoledì mattina lo zigomo era meno viola e anche meno gonfio, la sera però prima di uscire Chelsea non fece altro che insistere nel volermelo coprire con un po' di trucco e alla fine accettai, non appena misi un piede fuori la paura si impossessò del mio corpo, ripensando a lunedì. «Sta tranquilla prendiamo la macchina.» Disse Chelsea vedendomi spaventata,allora annuii lentamente con il cuore in gola, raggiungemmo il locale e non appena vidi Davis con il suo giubbotto di pelle mi irrigidii sentendomi nel frattempo al sicuro, che strane emozioni. «Davis!» Lo chiamò Chelsea mentre si voltava e ci sorrideva. «Ragazze!» Gridò. La musica era troppo forte. «I ragazzi sono già sul palco.» Ci fece notare Chelsea, ci voltammo e vedemmo Lucy che agitava le mani chiedendo alla mia coinquilina di salire. «A dopo ragazzi, io vado.» Gridò a sua volta Chelsea lasciandoci soli. «Come va lo zigomo?» Mi chiese Davis avvicinandosi per farsi sentire. «Il dolore sta quasi scomparendo.» Risposi irrigidendomi. Mi sorrise mentre annunciavano l'inizio della musica dal vivo dei Freedom, ci voltammo verso il piccolo palco e vidi Chelsea con una bottiglia di birra in mano. «Vuoi sederti?» Mi chiese indicando un tavolo e annuii nervosa. Il cameriere arrivò subito per prendere le ordinazioni ma nessuno dei due prese qualcosa in quel momento. «Sono bravi.» Commentò Davis riferendosi alla band e io annuii guardando di nuovo Chelsea mentre si scolava una bottiglia, come faceva? . «Perché sei così nervosa?» Mi chiese a un tratto, spalancai gli occhi. «No, io...» Alzò un sopracciglio scombinando i capelli scuri. «Dimmelo occhi verdi.» Appoggio il mento sulla sua mano fissandomi divertito. «Questo non è un appuntamento, lo sai vero?» Lui rise alla mia domanda. «Sta tranquilla.» Non risposi cercando di evitare il discorso. «Ma ti ho salvata, come dici tu.» Il mio cuore smise di battere per alcuni secondi a quelle parole. «E di questo te ne sarò sempre grata Davis, ma noi dobbiamo restare amici.» Abbassai lo sguardo evitando il suo. «Non ci vedi bene come coppia o hai paura? E poi hai mai avuto un ragazzo?» Sbarrai gli occhi, ma cosa voleva sapere? Guardai altrove cercando di ignorarlo. «Non ne hai mai avuti allora...» Sorrise divertito, dove era finito il Davis preoccupato di lunedì? «No e allora?» Arrossii visibilmente. «Niente per sapere...» Rise. «E tu?» Sbottai frustrata, spalancò gli occhi. «Non sono il tipo di ragazzo da fidanzate, ne ho avuta una tempo fa.» Che voleva dire? Arrossii ancora di più. «Vai a letto con le ragazze e poi le scarichi?» Ero disgustata. «Ora è diverso.» Spalancai la bocca. «Cosa è diverso?» Dove trovavo il coraggio di fare quelle domande? Lui sembrava molto agitato infatti non rispose. Mi voltai, volevo andare via ma stavano ancora suonando naturalmente, quella serata sarebbe durata ancora molto e io non potevo resistere un minuto di più accanto a Davis, mi voltai di nuovo verso di lui. «Vuoi andare a casa?» Mi chiese, come faceva a saperlo? Annuii lentamente mentre i Freedom finivano un'altra canzone e Chelsea la seconda bottiglia di birra. «E Chelsea?» Mi chiese ancora, di sicuro ci sarebbe rimasta malissimo. «No, hai ragione: meglio restare...» Sospirai guardandolo con la coda dell'occhio. Eravamo entrambi a disagio. «Vuoi qualcosa da bere?» Domandò cambiando discorso. «No, io non bevo.» Risposi guardando Chelsea mandare giù la terza bottiglia di birra. «Allora nemmeno io...» Disse guardando insieme a me Chelsea. «Sta bevendo troppo.» Disse serrando le labbra. Continuai a guardare mentre gli altri le dicevano di smetterla Jacob parlava con una ragazza con dei tacchi a spillo vertiginosi. «Hayley!» Gridò Chad facendomi segno di venire, mi alzai correndo verso il palco con Davis dietro di me. «Che succede?» Chelsea aveva gli occhi chiusi e borbottava qualcosa. «Portala a casa per favore, non può più suonare.» Sospirai prendendola per un braccio. «La porto io.» Disse Davis prendendola in braccio, era veramente forte, aveva preso anche me così? «Se continua a stare qui si metterà a urlare contro Jacob, c'è tensione fra di loro, sai se hanno litigato?» Mi chiese Chad mentre Lucy intratteneva il pubblico in altri modi. «No, non so niente...» Mentii. «Va bene, chiamami appena arrivate a casa, ecco il mio numero.» Chad prese un foglietto dalla tasca dei jeans e me lo porse, annuii salutandolo mentre facevo cenno a Davis di uscire dal locale. «Chelsea?» La chiamai toccandole la spalla. «Starà dormendo, si è bevuta un bel po' di birra.» Sospirò Davis. «Lì c'è la macchina.» Dissi indicandola.
Durante il tragitto coprì Chelsea con la mia giacca mentre Davis guidava, arrivati a casa la portò a letto e io la coprii con le lenzuola. «Mettile accanto una bacinella, è possibile che vomiti sta notte.» Sussurrò Davis mentre uscivamo dalla stanza diretti verso l'ingresso. «Grazie per tutto.» Dissi sorridendo debolmente, ricambiò il sorriso e poi mi sfiorò lo zigomo con le dita sospirando. «Potevo evitare anche questo...se solo fossi stato più veloce a raggiungervi...» Abbassò lo sguardo e io istintivamente presi la sua mano stringendola forte mentre brividi mi attraversavano il corpo. «Hai fatto già tantissimo per me.» Mi guardò negli occhi con uno sguardo triste. «Tu sei speciale occhi verdi...» Sussurrò mentre mi irrigidivo.
Quella sera mi coricai diversa, sentivo delle emozioni dopo tanto tempo.
Dopo quella notte la mattina quando mi svegliavo non sentivo niente, guardavo il soffitto e non sentivo niente. Ma proprio niente. Non ero né felice né triste, né serena né irritata. Non sentivo niente. E ora era tutto diverso.
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Fidati di me occhi verdi
RomanceTumblr: wattpad-trustmegreeneyes Dopo quella notte aveva congelato il suo cuore: rendendolo impenetrabile e privo di emozioni. Continuava a fuggire dagli affetti restando fredda e distaccata. Riuscirà mai a tenersi fuori da tutto anche dopo essersi...