5 Capitolo

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Sveglia fissavo il soffitto chiedendomi come stesse Chelsea, mi alzai barcollando ancora assonnata, mi trascinai fuori dalla camera e appena sentii i suoi singhiozzi capii che non stava bene, mi avvicinai alla sua porta bussando leggermente. «Chelsea?» La chiamai e i suoi singhiozzi si interruppero. «Puoi entrare.» Rispose con voce rotta, entrai lentamente trovandola sotto le lenzuola nere del suo grande letto, dei fazzolettini usati erano sparsi sul pavimento e il suo cellulare sul comodino non smetteva di vibrare.
«Come stai?» Le chiesi. Tirò su col naso. «Di merda.» Rispose mugolando, sospirai sedendomi accanto a lei e notando le scure occhiaie sotto i suoi occhi. «Cosa ti è preso Chelsea? Hanno dovuto continuare senza te ieri...» Una lacrima scese lungo la sua guancia. «Mi sono ubriacata per attirare l'attenzione di Jacob, non facevamo che litigare e io volevo vedere se...» Abbassò lo sguardo trattenendo le lacrime. «Oddio Chelsea...» Mi avvicinai di più. «Invece non ha fatto altro che flirtare con una ragazza qualsiasi!» Scoppiò a piangere, l'abbracciai forte tenendola stretta. «Non ha nemmeno pensato a me!» Pianse più forte. «Allora non ti merita...» Dissi accarezzandole i capelli. «Mi ha lasciata questa mattina! Io pensavo che lui mi amasse, come farò a restare nella band se c'è lui?» Mi abbracciò più forte. «Devi essere forte.» Socchiusi gli occhi rispondendo. «Mi sta scoppiando la testa...» Bisbigliò tristemente, restammo in silenzio mentre il cellulare continuava a vibrare. «Perché non rispondi?» Le chiesi. «È Lucy, vuole sapere tutto... non me la sento di rispondere...» Si staccò da me asciugando le lacrime. «Ma hai preso un'aspirina?» Annuì. «Ho lavato anche la bacinella» Scossi la testa. «Potevo farlo io...» Lei abbassò lo sguardo. «Hai già fatto tanto per me Hayley e ti ringrazio.» Le sorrisi debolmente. «Figurati.» Risposi. «Vado a prepararti qualcosa da mangiare è quasi l'ora di pranzo, resta a letto.» Mi alzai dirigendomi verso la porta. «Grazie tante.» Disse.
Aprii il frigo, cosa potevo cucinarle? La mamma mi aveva insegnato un paio di cose ma io ero sempre stata una frana, accesi la tv in cerca di un programma di cucina quando il campanello suonò, il mio cuore perse qualche battito, e se fosse stato Jacob? Mi avvicinai lentamente alla porta d'ingresso e ci appoggiai l'orecchio, non si sentiva nessun rumore allora aprii la porta. «Davis?» Ero sorpresa: non mi ha detto che sarebbe venuto ma pensandoci anche due giorni prima non aveva avvisato. Lui mi sorrise. «Ciao occhi verdi.» Scostò i capelli dal mio zigomo a quel contatto sobbalzai. «Ti stai riprendendo.» Ammise mentre annuivo. «Sei venuto a vedere come stavo?» Chiesi mentre lui allungava l'altra mano verso di me. «Si e ho portato il pranzo.» Sventolò davanti la mia faccia un sacchetto del Burger King. «Davis, Chelsea non sta bene non posso oggi...» Mi appoggiai allo stipite della porta. «Ho portato il pranzo anche per lei.» Sorrise, sospirai, sarebbe stata una buona idea? «Dai, fammi entrare.» Mi pregò, aprii di più la porta facendolo passare mentre mi dava un bacio sulla guancia buona mi irrigidì e dei brividi attraversarono il mio corpo, non l'aveva mai fatto. Entrò in cucina mettendo il sacchetto sul tavolo e estraendo i panini e le bibite, lo raggiunsi per aiutarlo. «Sta tanto male Chelsea?» Mi chiese buttando via il sacchetto ormai vuoto. «Le fa male la testa e ha problemi con un ragazzo...» Risposi osservandolo. «Mi dispiace...» Disse sedendosi su una sedia e prendendo il suo panino. «Le porto il pranzo.» Presi un panino e una bibita, attraversai il piccolo corridoio e bussai alla sua porta. «Entra.» Dalla voce sembrava stare meglio, entrai in camera sua avvicinandomi. «C'è Davis qui, ha portato il pranzo.» Le porsi il panino e lei sorrise. «È una cosa carina da parte sua, ringrazialo da parte mia, sono un disastro preferisco rimanere in camera.» Annuii lasciandola di nuovo sola e raggiunsi Davis, mi sedetti di fronte a lui e le nostre ginocchia si sfiorarono, arrossii. «Grazie.» Abbassai lo sguardo arrossendo di più, lui sorrise. «E di cosa occhi verdi?» Mi domandò guardandomi. «Per questo.» Gesticolai indicando i panini ma sapeva che non mi riferivo solo a questo, lui sorrise di nuovo. «Te l'ho detto: sei speciale, quindi non ringraziarmi.» Speciale? Ma cosa voleva dire? A quelle parole arrossii di nuovo, non me lo aveva detto mai nessuno tranne... «Hai da fare di pomeriggio?» Mi chiese distraendomi, scossi la testa. «Voglio portarti a vedere una cosa.» Il suo sguardo si illuminò finendo il panino. «Facciamo un'altra volta? Chelsea ha bisogno di qualcuno, deve riprendersi.» Il suo sguardo si spense e i suoi occhi diventarono ancora più scuri, aprii la bocca per parlare di nuovo ma il suono del campanello mi interruppe, e adesso chi era? «Aspetta un momento.» Mi alzai correndo ad aprire. «Come sta?» Sbottò Lucy mettendo la mano sul fianco, i capelli blu raccolti con due codini le davano un'aria buffa. «Non bene...» Risposi. «Perché non risponde alle chiamate? Fammi entrare.» Mi spinse precipitandosi in camera di Chelsea e io la seguii, Lucy spalancò la porta. «É solo uno stronzo!» Urlò sputando, la mia amica mi lanciò uno sguardo disperato, "É entrata lei" mimai con le labbra, Lucy si sedette sul letto. «Ora ci sono io e gliela faremo pagare!» Urlò ancora. «Ti prego calmati...» Sospirò Chelsea guardandomi di nuovo. «Sta tranquilla Hayley, puoi andare con Davis ora sono con Lucy.» Come faceva a saperlo? Ci aveva sentiti? Arrossii uscendo lentamente dalla stanza tornando in cucina. «Era la cantante della band di Chelsea?» Mi chiese e io annuii guardandolo mentre beveva la sua bibita. «Allora, cosa vuoi portarmi a vedere?» Lui sorrise alzandosi in piedi.
Qualche minuto più tardi eravamo sulla sua moto, molto vicini, quando superammo i palazzi gli chiesi dove stavamo andando ma lui si rifiutò di rispondere, capii dove eravamo quando si accostò proprio davanti una scogliera, scesi dalla moto rapita da quel paesaggio mozzafiato. «È meraviglioso Davis.» Dissi sfilandomi il casco. «Vengo qui spesso, adoro il panorama.» Rispose avvicinandosi a me. Il mare era agitato e le onde sbattevano con prepotenza contro gli alti scogli. «Vieni.» Mi porse la mano e l'afferrai, ci avvicinammo e salimmo sullo scoglio più alto, il vento e l'odore del mare mi travolsero e mi scompigliarono i capelli, guardai giù notando quanto era profondo. «Ti piace?» Mi chiese mettendosi proprio dietro di me sentendo il suo petto contro la mia schiena, il mio cuore batté più velocemente. «Tantissimo, mi ricorda il tuo carattere.» Scherzai voltandomi. «É una cosa buona allora, sii anche tu sempre come il mare che infrangendosi contro gli scogli trova sempre la forza di riprovarci.» Rispose facendo diminuire ancora di più la distanza fra noi, sentivo il suo profumo mescolarsi con quello del mare. «Voltati.» Sussurrò e io obbedii, diedi di nuovo le spalle a Davis guardando le onde e sentendo il vento sul viso. «Ora, chiudi gli occhi.» Sussurrò di nuovo e io obbedii ancora, adesso sentivo solo il vento e il rumore delle onde, mi prese le braccia alzandole in alto, mi sentivo libera e nello stesso tempo dei brividi mi attraversarono la spina dorsale, sentivo il suo respiro sul mio collo e il cuore cominciò a battermi più forte. «Non ti senti invincibile?» Mi chiese riportandomi alla realtà. «Forse lo siamo.» Risposi aprendo gli occhi e realizzando quanto eravamo vicini, avanzai di un passo allontanandomi da lui, perché gli permettevo di farlo? «Cosa hai?» Mi chiese vedendomi più fredda. «Perché mi hai portata qui?» Lui sorrise sedendosi e io lo imitai accovacciandomi di fronte. «Perché dovevi conoscere questo posto, è speciale proprio come te.» Mi rivolse un dolce sorriso che mi fece arrossire. «Fai tanto per me Davis, non capisco perché...» Lo guardai cercando di capire. «Te l'ho detto, con te è diverso.» Scossi la testa. «Mi spiegherai un giorno cosa vuol dire "con te è diverso"?» Lui rise. «Forse...» Rispose distratto guardando le onde, osservai il suo viso e i suoi capelli scompigliati per colpa del vento, era veramente bello, arrossii al mio stesso pensiero.
Quando mi riaccompagnò era ormai sera, mi avvicinai alla camera di Chelsea sentendo lei e Lucy ridere, si era ripresa, andai in punta di piedi in camera per non farmi sentire e crollai sul letto pensando ad oggi.

La mattina, dopo essermi guardata allo specchio notai che lo zigomo stava molto meglio: non era più gonfio ma era ancora viola.
«Sai, devo andare avanti e fregarmene, non mi meritava.» Disse Chelsea versandosi del latte. «Hai ragione.» Risposi mentre annuiva compiaciuta. «Oggi Davis passa a prenderti?» Mi chiese alzando un sopracciglio, divertita. «Non lo so...» Arrossii. «É davvero molto dolce con te...» Rispose bevendo il suo latte. «Tra me e lui non deve esserci niente.» Mi alzai posando la mia tazza dentro il lavandino, non poteva e non doveva esserci qualcosa fra noi due. «Dico solo che insieme, state molto bene.» Alzò le mani al cielo fingendosi innocente e io risi. «Non credo...» Tornai a sedermi di fronte a lei. «In ogni caso: trova qualcuno che ti faccia dimenticare la tristezza. Trova qualcuno che ti cambi la vita, che la renda migliore, qualcuno che sostituisca e riempia il vuoto di chi se ne è andato. Trova qualcuno per cui valga la pena sorridere.» A quelle parole il mio cuore si riscaldò, mi avvicinai alla mia amica e l'abbracciai. Sentendo il ghiaccio che mi avvolgeva sciogliersi un po'. «Fa che la voglia di amare sia più forte della paura di soffrire ancora.» Disse a bassa voce, i miei occhi si chiusero è una calda lacrima mi bagnò il viso, pensando a tutto quello che avevo passato l'anno scorso.

Dopo pranzo andai in camera mia con le lacrime ancora agli occhi alla ricerca di un fazzoletto, frugai nella borsa quando a un tratto il campanello suonò, sapevo già chi era, rispose Chelsea, dalla mia stanza non sentivo molto bene ma appena la porta si aprì ebbi la conferma: era Davis. «Ciao occhi verdi.» Mi sorrise e io arrossii, non volevo farmi vedere in quelle condizioni. «Come va lo zigomo?» Mi chiese avvicinandosi mentre abbassavo la testa. «Molto meglio.» Risposi abbassando la voce, mi alzò con due dita il mento notando i miei occhi rossi. «Hai pianto...» Sussurrò mentre mi allontanavo sedendomi sul letto. «Perché?» Sospirai. «Lasciamo perdere, ti prego...» Bisbigliai portandomi le ginocchia al petto, si avvicinò sedendosi accanto a me. «Riguarda l'aggressione?» Tornai indietro con la mente ricordando quell'uomo, scossi la testa scacciando quel pensiero. «No... riguarda quello che ero prima di arrivare qui, ora ti prego, non parliamone più.» Asciugai gli occhi con la manica della mia maglietta senza alzare lo sguardo verso Davis, chiusi gli occhi cercando di sentirmi come ieri sugli scogli, quando sentii il suo respiro più vicino e poi le sue muscolose braccia avvolgermi e stringermi a se, per la prima volta non mi irrigidii ma mi lasciai andare, mille emozioni mi attraversarono il corpo. «Scommetto che sei sempre stata così speciale.» Mi alzò di nuovo il mento scostandomi i capelli dal viso. «Non penso proprio... io avevo veramente il cuore fatto di ghiaccio, in tutti i posti in cui sono stata... mi sono sempre allontanata da tutti...» Mi spostai dal suo caldo abbraccio per ricompormi. «Chi scappa da tutti ha solo bisogno di essere fermato da qualcuno.» Mi accarezzò il viso dicendo quelle parole, non lo allontanai e lui continuò. «Ho un'idea.» Disse a un tratto, gli lanciai uno sguardo interrogativo ma lui non rispose uscendo dalla stanza.

«Scherzi?» Gli chiesi appena entrammo. «Per niente.» Si avvicinò ad una gabbia con gli occhi spalancati. «Guardalo.» Mi sorrise. «Chelsea non credo che mi farà tenere un cane in casa.» Lui sospirò. «Lo porto a casa con me allora.» Mi avvicinai anche io alla gabbia, mi aveva portata in un canile e ora voleva regalarmi un cane, perché faceva così? «Ti salveremo da morte certa, piccolo.» Disse lui continuando a fissarlo, il piccolo cucciolo si alzò avvicinandosi a noi. «É davvero carino.» Ammisi sorridendo, ci guardò con quegli occhioni celesti, non si poteva lasciarlo lì. «Senta, vogliamo questo.» Disse Davis a un signore che lavorava lì.
Quando mi riaccompagnò a casa e scesi dalla moto ma il cucciolino non faceva altro che fissarmi. «Sta tranquillo, domani occhi verdi verrà a trovarci.» Disse Davis al cagnolino. «Domani cosa?» Chiesi colpita. «Vieni a casa mia così passiamo del tempo con lui e gli troviamo un bel nome.» Sorrise e lo feci anche io accettando, accarezzai la testa al piccolo e poi salii in casa.

Fidati di me occhi verdiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora