8 Capitolo

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La settimana scorreva lenta tra le continue richieste di Davis per uscire e parlare, sospirai odiando questa situazione. «Ieri sera! Dovevi vedere Carol, è venuta altra gente.» Disse Adam entusiasta distraendomi dai miei pensieri. «Di chi è stata l'idea?» Chiese la figlia mentre abbassavo lo sguardo. «Di Hayley, non ho fatto bene ad assumerla?» Sorrise mentre Carol mi fissava. «Sono sorpresa.» Disse annuendo soddisfatta prima di tornare nel retro, sorrisi ad Adam. «Non so proprio come ringraziarti.» Scossi la testa. «Non devi ringraziarmi di niente Adam.» Davis che era rimasto silenzioso, in quel momento si alzò da dove era seduto. «Possiamo andare? Il nostro turno è finito per oggi.» Disse scontroso. «Oh, certo ragazzi, andate pure...» Rispose Adam guardandomi con aria interrogativa come per dire "Cosa ha?" Mi limitai ad alzare le spalle mentre invece sentivo il cuore sgretolarsi. Presi la mia giacca e la mia borsa, salutai come sempre, ed uscii dal bar. «Ti prego, parliamone.» Sentii la sua voce dietro di me. «Come fai ad ignorarmi? Mi vedi ogni giorno.» Continuò. «Non ha senso.» La sua voce sembrava affranta, mi voltai. «Sei una persona speciale Davis e non meriti me, io al contrario non sono niente, tu hai tanto da dare mentre io sono vuota. Non posso darti quello che vuoi.» Incontrai il suo sguardo mentre dicevo quelle parole, mi fece provare i brividi. «Tu vuota? Tu non ti vedi occhi verdi.» Alzò le braccia per poi avvicinarsi a me, si morse il labbro mentre mi guardava, si avvicinò di più, sentivo il suo profumo e a quella sensazione il mio corpo si risvegliò. «Perché non...» Non lo lasciai finire. «Devo... io... Chelsea sarà qui a momenti.» Mi allontanai sentendo lacrime calde scivolarmi sul viso, cosa mi prendeva? Io non ero innamorata di lui, non potevo esserlo, dovevo convincermi.
Non poteva essere sempre così, ogni giorno non faceva altro che chiedermi di parlare per convincermi, e io ogni giorno morivo di più.
La sera, nel silenzio della mia camera, i ricordi della mia famiglia non facevano che torturarmi e anche se dovevo dimenticare Davis non facevo altro che prendere quel maledetto iPod e ascoltare la playlist che aveva fatto per me, mi rilassava e mi distraeva.

«Hayley?» Mi chiamò Chelsea. «Sono le otto.» Borbottai qualcosa prima di realizzare di essere in ritardo. «Le otto?!» Scattai in piedi cercando di correre verso il bagno. «Come mai non hai puntato la sveglia?» Mi chiese dalla mia stanza, non lo sapevo nemmeno io, poi ricordai. «Adam mi ucciderà!» Aprii il rubinetto prendendo lo spazzolino.

Alle otto e mezza arrivai a lavoro piombando dentro il bar. «Ti prego, scusami!» Gridai avvicinandomi ad Adam. «Sono le otto e mezza.» Disse seccato. «Non succederà mai più.» Lo pregai mentalmente. «Va bene Hayley, so che sei una brava ragazza, va ad aiutare Davis adesso.» Sospirò mentre si dirigeva nel retro, tirai un sospiro di sollievo, mi voltai guardando Davis e l'ansia cominciò di nuovo a crescere dentro di me. «Non sono l'unico ad arrivare in ritardo allora.» Scherzò. «Non prendermi in giro.» Bofonchiai. «Hai fatto tardi ieri sera e sta mattina non volevi alzarti dal letto?» Mi chiese scherzando ancora. «Può darsi...» Ridacchiai mentre il suo sguardo si faceva più curioso. «Dove sei stata?» Si avvicinò di più. «Ero a casa, sta tranquillo.» Ripensai a ieri sera, non potevo dirgli di aver ascoltato la sua playlist fino alle tre di notte. «Solo che... non riuscivo a dormire...» Dissi alzando le spalle, mi guardò ancora cercando di capire se stessi mentendo e poi si avvicinò al mio orecchio. «Mi manca accompagnarti al lavoro.» Sussurrò mentre dei brividi attraversavano il mio corpo, mancava anche a me, chiusi gli occhi scacciando quei pensieri, tutto tornò silenzioso mentre Adam tornava da noi, quando a un tratto il mio stomaco cominciò a brontolare. «Non hai fatto colazione?» Mi chiese Adam, annuii imbarazzata. «Qui non abbiamo niente da mangiare a parte salatini e patatine.» Annuii di nuovo, lo sapevo. «Alla gente non piacerebbe mangiare anche, non so, panini?» Chiesi suscitando interesse da parte di Davis. «Prima avevamo i panini e anche altre cose...» Sospirò Adam. «Poi hanno aperto altri bar e locali, abbiamo perso clienti e ho tolto i panini, non aveva senso spendere soldi in più, non viene nessuno.» Mi guardò con aria triste. «Ma, adesso la gente viene la sera, perché non ricominciare a metterli?» Adam sorrise. «Mi piace il tuo spirito di iniziativa.» Sorrisi anche io. «Posso farli io.» Proposi. «Anche io.» Aggiunse Davis guardandomi, faceva qualsiasi cosa per restare con me nonostante tutto quello che gli avevo detto, non avrei resistito per molto. «Va bene, grazie ragazzi, domani cominciamo.» Ci sorrise mentre sentimmo la porta aprirsi, ci voltammo: era un ragazzo alto con i capelli biondi e gli occhi scuri, guardò Davis e poi me sorridendo. «Ehi Dav.» Lo salutò avvicinandosi a noi. «Michael, cosa ci fai qui?» Chiese Davis, lo conosceva. «Niente, ero in giro e sono passato, quando finisci di lavorare?» Chiese dandogli una pacca sulla spalla. «Oggi alle sei.» Michael annuì, mi sentivo in imbarazzo in quella discussione dove non facevo parte così mi allontanai. «Aspetta, vieni qui.» Disse Davis tirandomi per un braccio e riportandomi dove ero. «Lei è occhi verdi, occhi verdi lui è Michael, ti ho parlato di lui in campagna.» Annuii mentre il suo amico mi stringeva la mano. «È un piacere occhi verdi.» Mi disse sorridendo. «Io mi chiamo Hayley, occhi verdi l'ha inventato lui.» Risposi alzando gli occhi al cielo. «Lo so, lo so.» Rise. «Davis? Puoi venire un momento? Ho un problema con la cassa.» Lo chiamò Adam, guardò me e Michael. «Vai tranquillo Dav.» Disse il suo amico lanciandogli un sorrisetto. «Non dirle niente di imbarazzante.» Lo raccomandò mentre Michael rideva, ci guardò di nuovo per poi avvicinarsi ad Adam. «Allora Hayley, ti piace Dav?» Mi chiese alzando un sopracciglio, spalancai la bocca imbarazzata. «Cosa?» Chiesi arrossendo. «So che ti ha portata in campagna, significhi molto per lui allora.» Disse abbassando la voce. «In che senso?» Chiesi incuriosita. «Lui è cresciuto in campagna con sua zia, non ha i genitori, non ha mai portato nessuno lì, non lo sapevi?» Feci di no con la testa, abbassando lo sguardo, Davis era cresciuto senza una famiglia... «Non ti ha raccontato la sua storia?» Mi chiese ancora. «No, mai.» Risposi con un fil di voce. «Capisco, ora è meglio che vada.» Disse Michael con aria dispiaciuta. «Vado, a dopo Dav.» Lo salutò uscendo dal bar e lasciandomi con il peso di quelle parole addosso.
Alle sei, la fine del nostro turno, io e Davis uscimmo dal bar, non riuscivo a togliermi dalla testa le parole di Michael. «Perché mi hai portata in campagna?» Chiesi prima di pensare. «Per farti vedere qualcosa di nuovo.» Rispose sorpreso da quella domanda. «Sei cresciuto lì con tua zia, senza la tua famiglia...» Dissi mentre la voce mi moriva in gola, Davis impallidì. «C-come lo sai?» Mi chiese balbettando, sembrava così fragile in quel momento, abbassai lo sguardo sentendo il clacson della macchina di Chelsea. «Devo andare Davis.» Dissi correndo verso l'auto della mia amica.

Fidati di me occhi verdiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora