3 Capitolo

5.7K 280 8
                                    

«Buongiorno occhi verdi.» Sorrise Davis entrando al bar insieme a me. «Ciao...» Sospirai allungando il suo casco davanti a lui. «Si, tienilo.» Mi rispose mentre mi accigliavo. «Non ho bisogno di essere accompagnata ogni giorno.» Mi avvicinai poggiandogli il casco contro il petto. «É buio quando finiamo di lavorare, lasciamelo fare occhi verdi.» Mi guardò addolcendo lo sguardo. «Nemmeno mi conosci, non ho bisogno di queste attenzioni.» Posai il casco sul pavimento. «Hai sofferto, ti si legge negli occhi. Per questo sei così riservata. Quindi ti servono.» Spalancai gli occhi a quelle parole. «La gente pensa che tu abbia un cuore di ghiaccio, ma non sanno che anche il ghiaccio si scioglie, non é così?.» Rimasi immobile, come faceva a sapere? Mi irrigidii il mio non si sarebbe mai sciolto. Lui continuava a fissarmi sembrava capirmi, ma non poteva. «Siete arrivati, bene, oggi ci sono io.» Carol uscì dal retro fissandoci. «Tu al bancone e alla cassa Davis e tu pulisci il pavimento.» Fece un gesto con la mano per indicarmi un secchio d'acqua per poi tornare nel retro del bar. «Sempre molto simpatica eh?» Disse Davis ironico.
Quel momento tra me e Davis svanì per fortuna e io mi rilassai cominciando a pulire per terra.
«La mattina è sempre noiosa qui...» Disse e io alzai lo sguardo guardandolo appoggiato con un gomito sul bancone, non risposi continuando a pulire. «Arrivano i soliti clienti nel pomeriggio.» Sospirò tirando fuori dalla tasca il suo iPod. «Ti piace la musica occhi verdi?» Mi chiese avvicinandosi a me. «Si...» Tornai indietro con la mente ricordando quanto mi divertivo a casa mia quando mettevo la musica alla radio. «Bene...» Le sue dita sfiorarono lo schermo è una canzone degli Imagine Dragons partì, era davvero bella, muoveva la testa al ritmo della canzone, era buffo, un sorriso mi scappò dalle labbra. «Ridi di me occhi verdi?» Mi chiese fingendosi arrabbiato. Merda se ne era accorto. «No, no...» Mi sorrise avvicinandosi. Cosa voleva adesso?
Mi prese le mani e cominciò a muoverle a tempo. «Davis cosa fai? Devo pulire.» Mi ignorò mentre arrivava il ritornello mi mise la mano su un fianco e io mi irrigidii sentendo dei brividi scorrermi su tutto il corpo. Perché lo stava facendo? È perché glielo stavo facendo fare? Perché non mi stavo scansando? «Tranquilla, balliamo.» Disse ridendo e accorgendosi di quanto ero tesa. «Lasciami pulire Davis!» Gridai mentre mi sollevava da terra e mi faceva volteggiare, rideva come un bambino. «Ragazzi ma che fate?!» Carol riapparve stupita trovandoci così. «Balli con noi?» Scherzò Davis rimettendomi per terra. «Tornate a lavoro.» Borbottò fissandoci mentre andava nel retro. «É stato bello.» Rise. «Fantastico.» Risposi ironica. Davis rimise l'iPod in tasca fermando la musica. «Come si chiama questa canzone?» Gli chiesi bagnando la pezza. «Ti piace?» «Si.» Risposi aspettando il titolo. «Allora se mi dai il tuo iPod te la scarico.» Mi sorrise dispettoso e io alzai gli occhi al cielo, perché non era per niente facile con lui? Non risposi sospirando. «Avanti occhi verdi non te lo rubo mica!» Gli avevo già dato il permesso di toccarmi, non gli avrei dato il mio iPod. «Hai paura?» Rise avvicinandosi. «No, lasciami pulire Davis.» Sospirai, mi avrebbe mai lasciata in pace? «Allora dammelo, te ne scarico anche altre ancora più belle.» Continuavo a guardare il pavimento fino a quando non mi alzò delicatamente il viso per il mento, erano troppi contatti quelli dovevo scostarmi ma non ci riuscivo. «Va bene Davis, tieni.» Lo presi dalla tasca e glielo porsi mentre mi lasciava andare e sorrideva.
Carol ci permise di andare via prima visto che oggi soltanto due clienti abituali ci avevano fatto visita.
«Beviamo qualcosa insieme stasera?» Mi chiese Davis indossando il giubbotto di pelle, me lo chiedeva di nuovo? «No, non uscirò mai con te mettitelo in testa.» Davis indietreggiò fingendosi offeso. «Questo è da vedere occhi verdi.» Mi sorrise mentre i suoi occhi diventavano più scuri. «Prendi il casco, ti accompagno.» Ritornò il solito porgendomi il casco. «Davis...io...» Fece di no con il dito. «Niente scuse!» Mi prese per mano uscendo dal bar e trascinandomi fino alla sua moto. «Indossalo e sali.» Presi il casco e obbedii. Mi tenni stretta a lui mentre mi riaccompagnava a casa in moto ma non mi dava fastidio era una strana sensazione, erano brividi. «A domani.» Mi salutò mentre scendevo dalla moto lasciandomi come ieri il casco tra le mani e quella strana sensazione addosso.
Rientrai in casa trovando Chelsea che si truccava in bagno. «Ehi, sei tornata prima?» Mi chiese mettendosi una matita nera sotto l'occhio. «Si, non c'erano clienti.» Annuì finendo di truccarsi e guardandosi allo specchio. «Sta sera ho le prove, vieni a vederci? Sempre se non hai niente da fare.» Mi guardò. «Ma no tranquilla, non voglio disturbarvi.» Lei rise. «Davvero Chelsea e poi domani lavoro.» . «Faremo presto.Non disturbi per niente Hayley, ti prego vieni a sentirci, ti faccio conoscere i miei amici.» Mi schiacciò l'occhio e accettai un po' titubante, come sempre, non appena ci finimmo di preparare scendemmo giù. «Prendiamo la mia macchina, vieni.» Disse, non sapevo che avesse un'automobile. Il tragitto fu silenzioso tranne l'ultima parte quando Chelsea mi disse: «Sono tipi simpatici, scusali se sono invadenti a volte.» Sorrise accostandosi a una piccola villetta «É casa di Lucy, la cantante del nostro gruppo.» Annuii strofinando le mani contro i jeans, scendemmo dalla macchina diretti verso il garage accanto alla casa. Chelsea bussò forte e un ragazzo con i capelli neri e grandi occhi azzurri venne ad aprirci. «Chad, lei è Hayley la mia nuova coinquilina.» Chad mi sorrise a mo' di saluto e io ricambiai. Entrammo, il garage era piccolo, due ragazzi e una ragazza stavano seduti attorno a un piccolo bancone. «Chelsea!» Gridò la ragazza con i capelli blu, doveva essere Lucy. «Ciao ragazzi, lei è Hayley la mia nuova coinquilina, ci sentirà suonare oggi.» Si avvicinò al tavolo presentandomi. «Sai suonare qualcosa Hayley?» Mi chiese un ragazzo alto con i capelli lunghi, lo riconobbi, era Jacob. «Ehm no...» Risposi arrossendo ricordando la prima volta che l'avevo visto. «Comunque, loro sono: Lucy, Mark, Jacob e Chad.» Tutti mi salutarono in coro e io ricambiai con un cenno della testa. «Dai sedetevi,fra un po' iniziamo a suonare.» Rispose Jacob sorridendomi, Chelsea si sedette accanto a lui mentre io trovai posto solo accanto a Chad. «Birra?» Chiese Lucy guardandoci, la mia coinquilina accettò mentre io no. Lucy continuava a raccontare cose che facevano ridere tutti tranne Mark che restava silenzioso e Chad che forse sorrideva per educazione. «Da quanto stai da Chelsea?» Mi chiese a un tratto Chad voltandosi verso di me. «Da pochissimi giorni.» Risposi soltanto torturandomi le dita. «Penso ti abbia già parlato del nostro gruppo.» Sorrise. «No, non abbiamo avuto molto tempo per parlare.» Lui annuì aprendo di più gli occhi. «Suoniamo insieme da quando eravamo adolescenti, abbiamo cambiato tante volte il nome ma adesso siamo i Freedom.» Sembrava fiero di quel nome. «È un nome bellissimo.» Ammisi. «É stata di Lucy l'idea.» La indicò. «Ok ragazzi, ora suoniamo, Chelsea e Hayley devono andare a casa presto.» Disse Jacob alzandosi mentre arrossivo sentendomi in colpa. «Lascialo perdere, lui è Jacob.» Bisbigliò Chad alzando le spalle. «Hayley, puoi restare seduta qui mentre ci ascolti.» Chelsea si avvicinò informandomi e io annuii. Presero posto vicino gli strumenti: Chelsea la chitarra, Lucy il microfono, Jacob il basso, Mark la batteria e Chad la tastiera.
Attaccarono con un pezzo lento, erano davvero bravi e Lucy aveva una voce bellissima.
Suonarono altre cinque canzoni e poi Chelsea annunciò che dovevamo tornare a casa. «Vieni a sentirci altre volte.» Disse Chad salutandomi mentre annuivo.
In macchina Chelsea accese lo stereo. «Sono stati piuttosto tranquilli, per fortuna niente domande imbarazzanti.» Rise mettendo le mani sul volante. «Siete molto bravi.» Dissi guardando fuori dal finestrino. «Grazie Hayley.» Sorrise uscendo dal piccolo vialetto.
La settimana passò velocemente tra le occhiate di Davis e le sue continue richieste di portarmi a bere qualcosa dopo il lavoro.
Mi svegliai agitata e guardai l'orologio: erano le dieci, mi alzai in fretta inciampando nella scarpe, come mai non avevo messo la sveglia? Mentre mi rialzavo ricordai: era domenica, il mio giorno libero, cosa avrei fatto? Mi affacciai alla finestra e l'aria fredda mi colpì le guance, decisi di fare una doccia, uscii dalla camera non sentendo alcun rumore, di sicuro Chelsea stava ancora dormendo, mi infilai in bagno aprendo l'acqua calda e spogliandomi.
Appena uscii dal bagno corsi in camera mia, aprii la cassettiera e tirai fuori un paio di jeans e una maglietta a maniche lunghe, mentre indossavo i jeans Chelsea bussò alla mia porta. «Entra pure.» Dissi sistemandomi. «Buongiorno, vuoi della cioccolata calda?» Mi chiese entrando con due tazze in mano, era già vestita. «Grazie...» Risposi prendendo una tazza, lei si guardò in giro mentre ne bevevo un po'. «Dove sono le tue lenzuola, Hayley?» Mi chiese indicando il letto spoglio. «In lavatrice...» Abbassai gli occhi sentendomi colpevole. «Non ne hai altre?» Feci di no con la testa e lei si accigliò. «Oggi andiamo a comprarle, preparati.» Uscì dalla camera lasciandomi sola, sospirai, perché mi dava queste attenzioni?
Legai i capelli in uno chignon evitando di guardarli, li odiavo così tanto.
Andai in cucina trovando Chelsea al telefono. «No, non mi importa Jacob...» Lei sospirò. «Perché continui a fare così allora? Ora è meglio che vada... si, certo, ciao.» Riattaccò voltandosi. «Ah,sei pronta.» Annuii evitando di farle capire che avevo ascoltato la sua conversazione. «Si... ma Chelsea davvero, non c'è bisogno, ci andrò da sola un'altra volta.» Fece di no con la testa. «Se siamo coinquiline ti porterò a fare shopping e ti accompagnerò in tutti i negozi del mondo per rendere quella camera accogliente, ti devi abituare.» Mi sorrise debolmente prendendo le chiavi della macchina.
Uscimmo di casa e io per poco non inciampai nel casco di Davis messo accanto alla porta. «Ti accompagna ancora a casa vedo.» Mi schiacciò l'occhio mentre salivamo in macchina. «Siamo solo colleghi, davvero lui non mi interessa.» Questa situazione mi imbarazzava. «Ne sei sicura?» Mi domandò spalancando gli occhi. «Sicurissima.» Sospirai frustrata, il resto del tragitto lo passammo in silenzio ascoltando la radio.
Arrivate al negozio optammo o meglio dire: optò per delle lenzuola che si abbinassero al colore delle pareti. «Non pensare che questa sia l'unica cosa che ti comprerò.» Disse Chelsea mentre rientravamo in macchina. «Non ho bisogno di queste cose, davvero.» Sospirai rumorosamente e lei rise poco convinta della mia affermazione.
A casa misi le nuove lenzuola sul letto con l'aiuto di Chelsea e poi mi costrinse a guardare un film con lei, mi addormentai e quella domenica passò in fretta.
Il lunedì mattina mi svegliai presto e dopo essermi preparata uscii con il casco di Davis fra le mani, dovevo trovare il modo di non farmi riaccompagnare più, non c'era nessuno per le strade e quella calma mi rilassava, svoltai l'angolo, quel silenzio mi fece piombare nei ricordi, É come quando da piccola ti mettevi a fissare il sole e la mamma diceva di smetterla, tu continuavi e lei ti ripeteva 'Ma lo sai che fa male?'. Allora abbassavi lo sguardo e c'era ancora la luce accecante negli occhi, sull'asfalto, sulla punta delle scarpe, sulle targhe delle macchine che provavi a leggerle. Non vedevi più niente, solo sole. E succede così. Ti metti a fissare i ricordi, 'Ma lo sai che fa male?' E ti riempi gli occhi di passato e non vedi più niente. «Occhi verdi!» Sentii la voce di Davis e il rumore della sua moto dietro di me, mi voltai alzando gli occhi al cielo e smettendo di pensare ai ricordi. «Buongiorno anche a te Davis.» Lui mi sorrise guardando il casco che stringevo in mano. «Sali, prima di andare al bar però devo passare da un amico.» Un amico? «No grazie, voglio camminare.» Continuai ad andare avanti. «Ci vediamo a lavoro!» Gridai mentre lo sentivo ridere, accese la moto andando via, strano, mi aveva ascoltata per una volta, sorrisi compiaciuta continuando a camminare, svoltai ancora sentendo dei passi dietro di me, mi voltai fermandosi ma non c'era nessuno. «Davis?» Lo chiamai ma non rispose,doveva essere stata la mia impressione, accelerai il passo sentendo qualcuno correre mi voltai ancora, doveva esserci qualcuno ma niente, mi rivoltai spaventata per cominciare a correre ma una mano mi afferrò con prepotenza il polso bloccandomi contro il muro, mi voltai era un uomo coperto in viso, terrorizzata provai ad urlare ma mi tappò la bocca. «Dammi i soldi.» Ringhiò, spalancai gli occhi, non riuscivo a muovermi. «Ti ho detto dammi i soldi!» Disse ancora colpendomi sul viso.

Fidati di me occhi verdiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora