𝐶𝑎𝑝𝑖𝑡𝑜𝑙𝑜 𝑠𝑒𝑑𝑖𝑐𝑖.

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ℰro in macchina con Can da più di dieci minuti ormai e nessuno dei due aveva ancora detto nulla.

Inutile dire che vi era una certo imbarazzo nell'aria.

Tenevo lo sguardo lontano dal suo, rivolto verso il finestrino, torturandomi nervosamente le mani.

Il suo profumo mi era rimasto addosso così come il sapore delle sue labbra, non riuscivo a pensare ad altro e la cosa mi imbarazzava da morire.

Non mi era mai successa una cosa del genere prima d'ora.

Can aveva stravolto ogni cosa ed era ora che cominciassi ad ammetterlo, non era più il mio coinquilino, era qualcosa di più e la mia attrazione nei suoi confronti non faceva altro che aumentare di giorno in giorno.

Chi volevo prendere in giro?

Era questa la realtà dei fatti.

Nervosamente mi morsi il labbro e mi voltai verso di lui, osservandolo un istante, aveva lo sguardo rivolto verso la strada.

Si comportava come se non fossi lì con lui.

Sospirai leggermente e distolsi lo sguardo.

«Com'è andata con mio padre?» gli chiesi di getto, cercando di sciogliere l'imbarazzo creatosi e fare conversazione.

«Alla grande. Comincio lunedì» rispose lui, accennando un sorriso, mi voltai verso di lui e gli sorrisi di rimando, «Sul serio? Wow! Sono molto felice per te, davvero!» affermai, a quelle parole Can si voltò e mi sorrise dolcemente.

«Temo che non arriverai mai in tempo a lavoro, c'è un traffico terribile!» affermò poi, tornando con lo sguardo rivolto verso la strada, «Mando un messaggio al mio collega e lo informo...» gli dissi mentre prendevo il cellulare dalla borsa, «Credo sia meglio...» concordò lui mentre fermava l'auto al semaforo.

Detestavo il fatto che non riuscisse nemmeno più a guardarmi.

Perché si comportava così?

Credeva di essersi spinto troppo oltre?

Si era pentito di averlo fatto?

Dio, detestavo non sapere, eppure non avevo il coraggio di parlargli e tornare sull'argomento, la cosa mi imbarazzava troppo.

Scrissi velocemente un messaggio a Noah e poi posai il telefono.

Tornai ancora una volta con lo sguardo rivolto verso la strada e sospirai pesantemente.

«Tranquilla, non faremo poi così tardi» mi rincuorò Can, pensando fossi in pensiero per quello, «Sono tranquilla» mentì, voltandomi verso di lui, «Cosa ti turba allora?» mi chiese, voltandosi verso di me, poggiandosi completamente al sedile.

«E' per quello che ha detto Mason?» mi chiese ancora, aggrottando leggermente la fronte, «In un modo o nell'altro riesce sempre a ferirmi..» ammisi, scrollando le spalle.

«E' solo un idiota, non si rende nemmeno conto di quello che dice! E' disperato!» commentò lui, infastidito, «Si, probabilmente è così...» affermai, annuendo, «Tu comunque cerca di stargli lontana, ok? Devi fare in modo che non rimaniate mai più soli!» disse Can, voltandosi un istante.

«E' proprio quello che ho cercato di fare oggi!» affermai alzando le mani per aria.

«Evidentemente no!» replicò lui, «E che avrei dovuto fare?» gli chiesi, aggrottando la fronte, confusa, «Uscire immediatamente da quella stanza ad esempio!» rispose alzando il tono di voce, «Ci ho provato...» replicai, infastidita.

«Prima o dopo che cominciasse a trattarti di merda?» sbottò lui, voltandosi di nuovo, fulminandomi con lo sguardo, sospirai e distolsi lo sguardo dal suo, fissando la strada fuori dal finestrino, scuotendo la testa.

Forbidden Love || Can YamanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora