Si portó le mani davanti al viso e poi sbottó furiosamente, odiava quella famiglia, odiava l'America e odiava quando volevano controllarla.
« Devi smetterla di perseguitarmi! » Lo urló così forte che dovette riprendersi per qualche secondo, dopo.John rimase in silenzio, non aveva mai visto la sorella in quel modo e non aveva idea di cosa fare: era sempre stata abbastanza pacata in tutte le reazioni, in qualsiasi discussione, ora sembrava impazzire.
Aveva tirato troppo la corda, ma di lasciarla in pace ancora non se ne parlava.
« Iv, ascolta, non voglio perseguitarti, vogliamo proteggerti. »
« Vogliamo chi? Tu e chi? Chi c'è sempre dietro ad ogni mia scelta, ad ogni mio passo, ad ogni persona che incontro nei corridoi?
Lo sai che a volte mi chiedo se mi stiano sorridendo perchè ingaggiati da te, perchè è tutto finto, oppure perchè sono dei tizi che mi controllano solo per farti un dispetto, perchè magari gli hai ingannato il figlio, la moglie, o un fratello? » Parló sottovoce, buttó fuori quella verità in un modo così violento che John barcolló come se fosse stato colpito in petto. Si passó una mano tra i capelli chiari, Vivian viveva un inferno, una vita che non aveva scelto e mai si sarebbe potuta scegliere: eppure lui era ancora convinto di averle dato il meglio.« Guardati intorno, vai nel college più prestigioso d'Europa e frequenti la futura classe sociale che governerà il mondo, direi che ne vale la pena fare qualche sacrificio. »
Le scappó una risatina nervosa, davvero lui credeva che sarebbe bastato quello? Davvero era convinto che a lei interessassero tutte quelle cose? « Io non ho scelto niente, sono venuta qui solo per stare lontana da voi, non me ne frega un cazzo dei soldi e dei privilegi. E poi davvero pensi che basti qualche vestito di sartoria, per ripulirvi? Siete degli assassini schifosi, e rimanete tali anche quando vi vestite da nobili, anche quando accompagnate i vostri figli maledetti nelle scuole più eleganti d'Europa e di tutto il mondo. »
Dopo quell'ultima frase le arrivó un ceffone in pieno volto, ebbe subito la reazione di coprirsi la guancia dolente, le bruciava da morire. Poi ghignó, perchè se John aveva reagito in quel modo significava che aveva colpito bene il suo orgoglio, non c'era una parola di quelle appena pronunciate da Vivian che non fosse vera, era questo che faceva male.« Sei un'ingrata. » Serró le labbra, furente ormai anche lui, a costo di prendersi altri ceffoni Vivian l'avrebbe fatto esplodere, gli avrebbe fatto ammettere di essere un succube schifoso di quella famiglia che aveva condannato da tempo tutti i suoi successori.
Sgranó gli occhi, sfidandolo, ancora. « Cosa vorresti fare? Togliermi tutto? Dio solo sa quanto vorrei che tu mi togliessi tutto, anche il mio cognome mi libererebbe da un peso enorme, mi renderesti libera! » Sembrava quasi in preda ad un delirio, se non l'avesse conosciuta perfettamente John avrebbe pensato che fosse totalmente impazzita. Perdere il cognome a lui pareva la punizione più inumana del mondo, tutti i privilegi ottenuti sarebbero scomparsi, seppur insieme ai fardelli.
« Non sai quello che dici, non hai mai vissuto senza privilegi e lusso, ti torturerebbe non avere un sacco di cose che ora dai per scontate. »
« Non me ne frega niente dei privilegi.
Mettimi alla prova, dammi un'identità falsa e lasciami in pace un mese. »
Più che impaurito dal delirio della sorella, ora lo intimidiva quello spiraglio di razionalità che aveva trovato nei suoi discorsi: era assurdo come desiderasse scappare, era sempre stata una ribelle ma nell'ultimo periodo questa necessità era diventata incontenibile tanto che prima fu spedita in Europa, e ora... chiedeva questo?« Non è smettendo di esistere che risolverai i tuoi problemi. »
« I miei problemi? Io non ho neppure un problema che sia mio davvero! »
« Non ti è mai importato niente del lavoro che faccio, e ora di punto in bianco scappi e odi tutti. Hai sempre fatto buon viso al cattivo gioco, ma ora non ci riesci più.
Perchè? » Serrò i denti e d'un tratto sembrò perdere tutta la calma che aveva mantenuto fino a quel momento per poi recuperarla frettolosamente dopo. Bastò tuttavia quel breve istante a turbare ancora di più l'animo di Vivian, che rimase senza parole, ormai non sapeva più come esprimere la sua frustrazione tanto era divenuta profonda e insopportabile.
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Life could be a Dream
ChickLitQuello di Vivian Archibald è un nome decisamente noto a New York e sicuramente a Manhattan, dove la sua famiglia regna tra feste, eventi di beneficenza e criminalità organizzata. Chi la conosce la descrive come la peggiore delle arpie, dannatamente...