Capitolo 17

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Tornarono a casa insieme, Vivian sorprendentemente non si sentí messa alle strette o infastidita dal gesto di Michael. Se al posto suo ci fosse stato chiunque altro a lei sarebbe mancata l'aria, invece le parve solo tanto premuroso e quasi le fece piacere.
Per tutta la sua vita era stata controllata, aveva sempre creduto che le relazioni affettive si basassero su quello, su una strana ossessione mista a manie di controllo. Invece non era cosí, almeno quella volta, le sembrò diverso. Non c'era un bisogno immotivato e asfissiante di sapere sempre cosa facesse, perchè e con chi.
Voleva assicurarsi solo che stesse bene.

Per un po' lei non disse niente, continuò a muoversi in avanti, guardava le sneakers bianche spostarsi sul marciapiede grigio e rifletteva. Era assurdo per una che pensasse cosí tanto riuscire comunque a fare sempre la scelta sbagliata, eppure ogni volta pareva le fosse impossibile combinare qualcosa di giusto.

Lui rispettò la quiete in cui si era rinchiusa finchè non ebbe voglia di sapere cosa le frullasse per la mente. « Vivian è tutto okay? » Non era la prima persona che la riprendeva mentre si perdeva in ragionamenti e ricordi di sensazioni che pensava d'aver rimosso, era logorante dover stare sempre attenta a cosa confessasse.

Si voltò e lo vide mentre la scrutava con il suo solito fare indagatore, il capo inclinato verso un lato e lo sguardo penetrante, a volte sembrava cosí profondo che temeva di perdersi a guardarlo troppo. « Si, è che non me l'aspettavo, tutto qui. » Non era una bugia, non si aspettava che qualcuno potesse trattarla in modo gentile senza volere in cambio niente.

« Figurati, mi sono solo comportato da amico decente. »
Le diede una leggera spallata, come a volersi vendicare del colpo che gli aveva sferrato prima. « Comunque per essere mingherlina picchi bene. »

« E non hai visto niente. » Subito dopo liberò una risatina sommessa, restituendogli la spallata. In realtà qualche corso di difesa personale l'aveva fatto, tutte cose che la sua famiglia prevedeva come parte integrante dell'educazione di qualsiasi pargolo. Mettevano i figli al mondo per insegnar loro a massacrarsi, a difendersi perchè sapevano che il mondo avrebbe provato a sbranarli sin da subito.

Sapeva cavarsela abbastanza da riuscire a scappare, ma mai avrebbe potuto vincere un combattimento. In vita sua non aveva mai fatto a botte con nessuno, anche perchè erano difficili da trovare persone disposte a mettersi contro la più piccola della peggiore delle famiglie regnanti di Manhattan.

« Cosí mi fai pensare male. » Ci fu un momento di silenzio in cui nessuno dei due seppe che cosa dire.
Sbuffò. « ... Tu pensi sempre male. »

Erano arrivati al portone, Vivian salí il piccolo scalinetto per potersi avvicinare bene alla serratura.
Involontariamente, d'istinto si voltò per controllare che non vi fosse nessuno dietro di loro. L'espressione si fece subito seria e Michael le mise una mano su un fianco come a volerle infondere sicurezza, adesso c'era lui.

Nessuno, quella sera non c'era nessuno a spiarla. Forse neppure quella prima e si era immaginata tutto terrorizzata come era dalla sua vecchia vita. Forse stava solo facendo un casino inutile.

Eppure lei era certa di aver visto qualcuno.

Salirono le scale e non osò immaginare come si sarebbe sentita se alla fine, quando si era messa a scrutare l'oscurità alla ricerca di una sagoma che si distinguesse nella notte tra i vicoletti storici di Firenze, non ci fosse stato Michael.

« Grazie. »
« Mica è gratis, il mio servizio da accompgnatore si ripaga in alcol. » Le strappò l'ennesima risata, doveva essere messa davvero male per fargli pena in quel modo.
Se prima si era sentita contenta, adesso temeva di doversi vergognare per aver esternato le proprie emozioni, sentiva sua madre e sua nonna mentre le ripetevano quanto fosse poco elegante scoprirsi dei sentimenti senza vergogna. Che fosse paura, rabbia, felicità o piacere non cambiava nulla, chi aveva bisogno di parlare del suo mondo interiore non era capace di gestire abbastanza bene quello fuori.

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