Capitolo 65

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Quando entrarono non c'era quasi più nessuno, Simon le teneva un braccio posato attorno alla vita mentre Vivian si guardava intorno, alla ricerca della bellezza che lui le aveva descritto poco prima. Non si curò della mostra, di leggere il nome dell'artista, quelli erano dettagli che non le importavano, non ancora.

La prima cosa che fece fu alzare lo sguardo verso il tetto, era completamente affrescato, immagini religiose lo rendevano fintamente sacro. « Ti piace? » Simon si avvicinò al suo orecchio, come al solito la sua voce profonda scosse le corde dell'anima di Vivian.
Forse con lui sarebbe riuscita ad essere felice davvero, lei gli sorrise e annuí come una bimba il giorno del suo compleanno. Grazie.
Avrebbe voluto avere il coraggio di rivelarglielo, quello che stava pensando, ma si limitò a baciarlo.
« Vengo qui molto spesso, di solito non in compagnia. Non amo condividere le mie cose. » E neppure i suoi sentimenti, quello che lui reputava importante.
Vivian ripensò a quando l'avesse definita una delle sue cose, mentre erano attorcigliati sotto le coperte a casa sua, s'infiammò subito e cercò nuovamente le sue labbra. Lui parve capire cosa avesse per la testa e infatti approfondí quel contatto rendendolo più passionale, le afferrò i fianchi e la strinse a sè.

Sembrava il più romantico degli scenari, loro due all'interno di una chiesa gotica che ormai faceva da scenario solo ad amanti dell'arte e a qualche mostra. Nascosti ma liberi, forse salvi da un destino pieno di tristezza. « Non dovrai farlo. » Gli stava dando l'esclusiva? Era il suo modo per dirgli che l'aveva finalmente conquistata? Pensò fosse decisamente strano ci avesse messo cosí poco.

« È per caso una dichiarazione, Archibald? »
« Vedremo. » Risero sommessamente, l'eco del posto vuoto faceva loro da sfondo, mentre provavano a salvarsi insieme.

« Scusate, ma stiamo per chiudere, se volete dare un'occhiata alla mostra avete ancora mezz'ora di tempo. »
Una donna giovane, bionda con i capelli mossi, gli occhi azzurri e il portamento elegante. Vivian riconobbe l'accento italiano, parlava francese molto bene ma aveva passato abbastanza tempo a Firenze per accorgersi di quando a parlare fosse qualcuno del posto.
Tendevano a pronunciare le lettere in modo troppo chiaro, forte, e il francese era una lingua troppo delicata per loro.

« Grazie. »
Rispose Simon al posto di Vivian, che rimase immobile, pietrificata solo per aver sentito qualcosa che le ricordasse minimamente quelle settimane passate lontano.

Si erano entrambi dimenticati della mostra, lei aveva pensato più alla chiesa e lui a studiare la reazione della giovane. Sotto gli archi, vi erano delle nicchie dove erano posizionati dei cavalletti. Erano installati su dei piedistalli per non poggiarli al muro e rovinare gli affreschi meravigliosi. Lei gli prese la mano e indicò una tela con un cenno del capo.
« Ti va? »
« Si. » Non aveva idea se Simon fosse amante dell'arte come lo era lei, comunque si avvicinarono alla prima opera e Vivian rimase colpita. Raffigurava la Senna, le sfumature erano vive e i colori forti, le pennellate disordinate ma nell'insieme rendevano bene l'idea del paesaggio. Inclinò il capo di lato, sembravano esserci codí tante emozioni lí sopra che sentí lo stomaco farle male.

« Sono bellissime. »
Simon non disse niente, osservava distrattamente l'oggetto dell'attenzione di Vivian, probabilmente chiedendosi cosa ci trovasse di cosí affascinante; più che sul paesaggio intorno, come al solito si soffermò ad ammirare lo stupore sul volto delicato dell'americana. Aveva le labbra schiuse e gli occhi chiari parevano più cristallini, avevano assunto una sfumatura diversa.

Si spostò verso una tela più grande, i tacchi risuonarono contro il marmo freddo del pavimento scandendo i passi lenti di Vivian. V'erano raffigurati un uomo e una donna, due fantasmi, ombre vicine ma che non riuscivano a raggiungersi, destinate a rimanere separate in eterno.
Non aveva idea se fosse davvero quello il significato dell'opera, tuttavia a lei trafisse il cuore al punto che dovette distogliere lo sguardo.
Era il motivo per cui amava tanto la pittura, i grandi artisti riuscivano a spiegare quelle emozioni a cui lei non sapeva dare un nome. Simon dietro di lei attendeva silente, probabilmente il suo animo tormentato aveva trovato altri modi per acquietare le proprie sofferenze.

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