6.

1.8K 65 54
                                    

lo buttano in gabbia, pensando che il ragazzo cambia

- Amine -

Milano, San Siro, Lombardia - 2019

AVVISO: ogni qual volta che sarà presente un dialogo, una frase o un soprannome in francese, subito dopo sarà disponibile la traduzione nei due trattini "- -"

«Vuoi tornare a casa» le chiesi una volta che fummo fuori dalla Galleria, ormai era buio ed era pericoloso tornare a casa con la gente che girava. Nonostante ci fossi io a proteggerla, la prudenza non era mai troppa, il giorno dopo l'avrei tranquillamente portata nella sua prigione personale. «Devo risponderti sinceramente?» Chiese con sguardo basso, annuii pur sapendo che non potesse vedermi, «ho paura di tornarci, non voglio sapere cosa potrebbe farmi mentre dormo» non potevo biasimarla, era stata spaventata, si sarebbe portata a vita quel trauma.

«Va bene, non preoccuparti, andremo in un hotel» dissi sicuro di me, pur non sapendo come pagare, nonostante poco dopo mi venne un'idea non del tutto brillante, non ero fiero di quel pensiero, ma non l'avrei fatta spaventare di più, la sera diventavano tutt'altra persona, bevevano, fumavano e perdevano il controllo. Non era il momento per farle vedere come diventavano, non dopo quello che era successo la mattina.

Scorgemmo l'insegna e ci avviamo oltre le scalinate fino a raggiungere la hall, intimorita si aggrappò al mio braccio, l'interno era grande e sfarzoso, le luci gialle facevano risaltare gli interni bianchi, le decorazioni in oro completavano il quadretto con l'aiuto del bancone bianco lucido, ci si poteva persino specchiare sulla superficie. Parlai con l'addetto alla reception, cercai di fargli capire le mie esigenze ma pareva troppo spaesato, forse dovevo parlare in francese per fargli comprendere di non essere un extra-terreste? Così feci e finalmente ricevetti risposta, mi sembrava anche l'ora, erano dieci minuti che stavo aspettando.

«Je suis désolé, je ne peux pas t'aider» e io cosa me ne facevo di un "mi dispiace, non posso aiutarti"? Ma vaffanculo va, iniziai ad innervosirmi come mai prima d'ora.

Prima che potessi rispondere male al ragazzo difronte a noi, Arifa intervenne, *«Je viens de me faire maltraiter et nous n'avons pas d'endroit où rester, ils nous ont tous refusé, s'il vous plaît» dichiarò in un francese fluente, *- sono appena stata abusata e non abbiamo un posto in cui stare, ci hanno rifiutato tutti, la prego - il ragazzo parve intenerirsi e iniziò a fissarla fin troppo, gli avrei spaccato la faccia se solo mi fosse stato possibile. «Forse posso aiutarti» le disse, ma un attimo! Si era anche permesso di prendermi in giro, nessuno aveva mai osato farlo, non che fossi cattivo, anzi, ma a detta loro, incutevo timore.

Si affiancò alla ragazza al mio fianco e appoggiò un braccio sulle sue spalle, ma tutta quella confidenza? Arifa, invece ebbe una reazione avversa, si irrigidì subito, ma si lasciò trasportare dal ragazzo, seppur contro voglia e io non sapevo che fare, avrei dovuto seguirli? Ma poi vidi la sua mano tendersi nella mia direzione, seguii l'intero tragitto che avevano percorso e congiunsi la mia mano con la ragazza dalle pietre color smeraldo, il ragazzo la guardò turbato e lei scosse le spalle, poi gli lasciò la mano e il ragazzo assunse un comportamento freddo. Esattamente cosa si aspettava? Che lo facesse entrare in stanza e magare farci anche altro? Non ci volevo neanche pensare.

«Ecco a voi» enunciò mostrandoci la stanza, «grazie, gentilissimo» Arifa entrò nella stanza, trascinandomi con se, ne rimasi meravigliato: gli interni color bronzo, le maniglie in ottone e l'arredamento bianco, il letto king size occupava metà stanza, non avremmo potuto permettercelo, ma avrei trovato il modo di pagare una minima parte.

In seguito si sedette sul letto, sembrava un angelo, un qualcosa di magnifico da proteggere assolutamente, così come stavo facendo.

«Dai vieni qui» proclamò, invitandomi a seguirla ed eseguii il suo ordine. Il materasso era davvero morbido, pareva anche comodo, tratto che ero subito riuscito a distinguere dato che dormivo su un materasso quasi inesistente.

Poi sbadigliò, vergognandosene un po' subito dopo, le sorrisi rassicurandola. «Riposati» annunciai solo, poi continuai, «domani dobbiamo ritornare in quartiere», puntò subito lo sguardo e rassegnata rispose, «okay», si alzò e scostò le coperte, «tu vieni?» Mi domandò, «il tempo di mandare un messaggio e arrivo», sfilai il telefono dalla tasca e andai in balcone.


ೄྀ࿐ ˊˎ- opera protetta da copyright
pubblicato il:7 novembre 2021

𝖢𝖺𝗌𝖺 ; 𝗡𝗲𝗶𝗺𝗮 𝗘𝘇𝘇𝗮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora