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lo buttano in gabbia, pensando che il ragazzo cambia

- Amine -

Milano, San Siro, Lombardia - 2019

Da Keta

Iniziate ad avviarvi, ha messo a soqquadro tutta casa, è incazzatissimo

Mi ero svegliato da poco e avevo appena letto il messaggio di Aziz, che buon inizio giornata con i fiocchi.

Arifa dormiva ancora appoggiata a me, il respiro leggero era poco udibile eppure non avrei voluto svegliarla, ma dovevo farlo, non avevo intenzione di farlo arrabbiare ulteriormente, sapevo già cosa mi aspettava al ritorno.

Iniziai a scuoterla leggermente, parole incomprensibili uscirono dalle sue labbra e poi aprì gli occhi, «buongiorno» dissi solo, «non vorrei metterti fretta, ma dobbiamo tornare in Zamagna» continuai poi. Si sollevò da me e si mise seduta, «non preoccuparti, due minuti e sono pronta», andò verso il bagno e chiude la porta.

Nel frattempo mi alzai dal letto e risposi al messaggio di Aziz, "stiamo arrivando, trattienilo un altro po', tanto so già come andrà a finire".

-
Dopo cinque minuti Arifa uscì dal bagno, sistemata per quanto le fosse possibile, semplicemente perfetta, come al solito. Le aprii la porta della stanza e la feci uscire, io seguii il suo stesso gesto, ci recammo in reception e lasciai un paio di banconote, non potevo permettermelo ma non volevo vivere sulle spalle degli altri.

Abbandonammo il centro di Milano camminammo più velocemente e rallentammo solo quando vedemmo lo stadio, eravamo vicini, l'ansia era tangibile e l'espressione infuriata di Rondo si faceva sempre più viva nella mia mente, la scacciai scuotendo il capo, ma era troppo persistente, per cui iniziai a tremare, lui da adirato non era da far vedere a nessuno e soprattutto vederlo per la prima volta in quelle condizioni dopo mesi non era il massimo.

Arrivammo in zona, forse un po' troppo velocemente. «Non preoccuparti, per ogni cosa dai la colpa a me, tranquillizzati» non ero d'accordo con la sua idea, «no, non lo farò. Devo prendermi le mie responsabilità, sapevo a cosa andavo in contro quando ti ho fatta uscire da quell'appartamento ieri» non era giusto ed era il caso che io iniziassi a prendere davvero le mie responsabilità, avevo 17 anni, quando avrei preso le mie responsabilità se non in quel momento?
«Ti ho detto di non preoccuparti, non deve succederti niente, sei troppo diverso da loro per fare ciò che fanno i tuoi soci, gli dirai che volevi solo farmi schiarire le idee e farmi capire chi comanda e poi sono scappata, mi hai rincorso e sei riuscito a trovarmi solo stamattina» astuta la ragazza, «è un piano fin troppo architettato, secondo me ti è già capitato» dissi ridacchiando, lei si unì a me, «ho solo troppa fantasia e creatività, devo pur sfogarla in qualche modo» continuò poi.

Arrivammo sotto il palazzo, «per far si che la cosa sia più reale devi stringermi il polso» la guardai negli occhi, come per chiederle come potessi fare senza farle male, «non preoccuparti per questi» disse alzando la manica della felpa, mostrando dei segni rossastri sui polsi, «sono vecchi ma ci sono anche abituata». Non potevo farlo, mi sarebbe rimasto sulla coscienza, non le avrei mai alzato le mani, così come non avevo fatto con nessuna ragazza. «No, non ci pensare minimamente, non ti sfiorerò neanche sotto tortura» dissi rigido, avevo sempre vissuto in casa con delle donne, sapevo rispettarle e ammirarle da lontano, senza infierire in modo negativo, non avevo mai alzato nemmeno le mani alle mie sorelle, figurasi ad una ragazza che conoscevo da poco, «o il polso o mi devi dare uno schiaffo, scegli». Ormai era irremovibile e io dovevo scegliere in fretta, «scusa» le dissi prima di prenderle il polso e strattonarla "non preoccuparti" sussurrò leggermente sofferente.

Salimmo le scale, la mia mano circondava ancora il suo polso, arrivammo davanti la porta e suonai il campanello, non eravamo tenuti ad avere le chiavi dell'appartamento.

Mi si presentò davanti Sacky, lo pregai con lo sguardo affinché mi tenesse un minimo il gioco e così sembra fare di seguito, «è riuscito a prenderla» pronunciò, tornando in salotto, «benissimo» sentii dire da quella voce che conoscevo ormai da anni, mi affacciai nella stanza con Arifa al mio fianco, che, ogni tanto mugugnava per il dolore, non volevo farle male, ma le cicatrici erano recenti, anzi...

Quelle che aveva si erano già rimarginate e altre che aveva in quel momento erano fatte da poco. Non ci pensai oltre, lasciai perdere un momento, gliene avrei parlato in un altro momento, o almeno avrei cercato di capirne il motivo, sempre se ne avesse voluto dare una spiegazione ad uno che conosceva da meno di ventiquattro ore.

; spazio autrice
sicuramente quando pubblicherò questo capitolo sarà passato un po' di tempo, ho tipo tantissimo sonno ma voglio aspettare la mezzanotte per l'uscita di "amico mio", mancano all'incirca quaranta minuti e non resisto più, scrivo per non addormentarmi, non so quanto potrà durare.


ೄྀ࿐ ˊˎ- opera protetta da copyright
pubblicato il: 9 novembre 2021

𝖢𝖺𝗌𝖺 ; 𝗡𝗲𝗶𝗺𝗮 𝗘𝘇𝘇𝗮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora