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lo buttano in gabbia, pensando che il ragazzo cambia

- Amine -

Milano, San Siro, Lombardia - 2019

A Keta

"la ragazza è con me, non voglio neanche sapere come reagirà Rondo dopo stasera".

Inviai il messaggio e spensi il telefono, non volevo essere rintracciato, ogni guaio aveva il suo tempo.

Entrai in stanza e vidi il suo corpo avvolto dalle lenzuola, i capelli sparsi in modo disordinato sul cuscino e il viso rilassato. Ormai sembrava immersa nel mondo dei sogni.

Mi sedetti sulla poltrona posta all'angolo della stanza, non volevo invadere il suo spazio. Ogni comportamento influiva su un ricordo, ogni gesto sbagliato poteva diventare o rievocare un trauma.

Quella poltrona era maledettamente scomoda ma dovevo farmela avanzare, cercai di trovare una posizione che permettesse un attimo di comodità e un po' di riposo tranquillo, ma niente, non ci riuscivo, mi alzai e andai in balcone, il vento si era alzato, la nebbia e l'umidità avvolgeva le strade milanesi. Si prospettava una notte ventosa, rientrai in stanza, non aveva senso rimanere lì a lungo, poi una voce mi distolse dai miei pensieri, la sua.

«Che ci fai lì in piedi? Metti un po' d'ansia» ridacchiò leggermente e riecheggiò per tutta la stanza, «la poltrona è scomoda, fuori tira vento e non riesco a dormire» dissi ovvio, spostò le coperte e battè la mano sul materasso, «vieni qui, non c'è bisogno che dormi sulla poltrona», iniziai ad avvicinarmi incerto. «Non volevo darti fastidio o sembrare impertinente, sai, dopo quello che è successo volevo lasciarti i tuoi spazi» proruppi sincero, «non preoccuparti» disse solo e poi mi sedetti, fino a stendermi, ero davvero stanco, quella giornata era durata fin troppo.

-
Non riuscivo comunque a dormire, mi rigirai più volte. Erano passati dieci minuti e la stanchezza sembrava essere scomparsa completamente, sbuffai ormai spazientito, non ce la facevo più, «insomma, si può sapere che succede?» Chiese in tono alterato, «non riesco a dormire e non capisco perché, fino ad un'ora fa avrei ammazzato per un letto e riposare, ora tutto sembra essere scomparso» mi sistemai con lo sguardo rivolto verso il soffitto, le braccia posizionate sotto la testa e i pensieri ad inondarmi, non mi sentivo così da molto.

«Pensi che ci sia qualcosa a bloccarti?» Mi chiese, ci penssai un po', «sinceramente c'è qualcosa. Ho paura, paura che possano scoprirci e portarci in carcere, quello che facciamo non è del tutto legale: rapiniamo, spacciamo, uccidiamo, capisci? Ho paura di non rivedere più la mia famiglia, sono terrorizzato solo all'idea di non poter parlare con mia madre di qualsiasi cosa, non poter rivedere le mie sorelle o scendere in quartiere, non veder crescere le nuove generazioni, se poi venissero sommate tutte le cose che ho fatto potrei non uscirne più, non potrei avere una famiglia, una bambina o un bambino a cui badare, non potrei stare con la donna che amo» girai lo sguardo nella sua direzione, «potresti sempre uscire, lo sai no?» Ridacchiai nervosamente, «l'unico modo per uscirne è in orizzontale» dissi solo, il silenzio calò nella stanza per un paio di minuti.

«Troverò il modo per farti uscire, a qualsiasi costo» era seria, terribilmente seria, «non preoccuparti per me, ormai so sopravvivere a questa cosa» ero rassegnato. «Devi vivere, non sopravvivere» si posizionò sui gomiti, «fidati, non immischiarti in queste faccende, pensa solo a vivere, io e te non dovremmo parlare» «e invece lo facciamo, non mi farò fermare di certo da quel mostro» quella situazione era molto strana, non avevo vai parlato così apertamente con qualcuno, «promettimi una cosa» sapevo che ciò che stavo per dire poteva compromettermi, ma dovevo, per il bene di entrambi, lei annuì, «in sua presenza non parlarmi, non guardami, non fare nulla che lui possa percepire come una sfida» annuì ancora una volta.

«Perché si comporta così?» Vorrei poterle rispondere qualcosa, «è meglio che tu non lo sappia».

«Penso che adesso tu possa dormire, ti sarai liberato della maggior parte dei tuoi problemi, lo leggo nei tuoi occhi» annuii impercettibilmente. Si avvicinò a me con il corpo e mi abbracciò appoggiando la testa sul mio petto, mi lasciò un bacio sulla guancia e poi crollò in un sonno profondo. «Buonanotte» le sussurrai e poi potei dormire in pace.

Lo schermo del telefono mi si illuminò ma non ci diedi peso, ormai ero in bilico verso il sonno.


ೄྀ࿐ ˊˎ- opera protetta da copyright
pubblicato il: 8 novembre 2021

𝖢𝖺𝗌𝖺 ; 𝗡𝗲𝗶𝗺𝗮 𝗘𝘇𝘇𝗮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora