⁝ lo buttano in gabbia, pensando che il ragazzo cambia ⁝
- Amine -
Milano, San Siro, Lombardia - 2019
AVVISO: in questo capitolo verranno raccontate scene molto forti, così come avete visto dalla foto sopra, ci sono pensieri miei e cose realmente successe, se avete bisogno del video vi manderò il link, vedere che queste cose accadono ancora mi crea ribrezzo.
Piano piano l'affluenza in via Zamagna aumentava, avrei fatturato tantissimo quel giorno, arrivarono i primi clienti, l'adrenalina iniziava a salire, nel frattempo i sentimenti si spegnevano, gli occhi trasmettevano freddezza, il mio carattere e il mio modo di fare era mutato drasticamente, speravo solo che la mia famiglia non lo venisse a sapere, avevo tutte le precauzioni del caso: passamontagna, abbigliamento nero, ogni dettaglio era stato curato perfettamente, ero irriconoscibile.
Ormai era mezzogiorno e avevo fatto solo un palo e mezzo, non sarebbero bastati, varie immagini uscirono alla scoperta solo al ricordo nella mia mente, troppi ricordi, i miei amici portati via, le lacrime delle loro madri, alcuni padri che gli voltavano le spalle, fratelli e sorelle che chiedevano perché li stessero portando via, sorrisi di circostanza e costole colpite ripetutamente, abusi di potere su chiunque non avesse origine italiana, il razzismo esisteva, esiste ed esisterà. Inutile confessare il falso, atti così accadranno sempre, come quella volta che mi colpirono al laterale del collo, un ematoma così mi durò parecchio, il dolore era allucinante, non potevo muovermi in nessuna maniera, potevo dormire solo in certe posizioni. Non ero uno a cui piaceva incitare all'odio, non mi piacevano le lotte, risse e sparatorie, eppure ero in quel mondo, dove in entrambe le facce della medaglia offriva la morte.
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Erano passate altre ore, avevo raggiunto dieci mila euro, ne mancavano altri dieci. Da lontano udii le sirene della polizia, non potevo abbandonare in quel momento, ma, se avessi affrontato la scena mi avrebbero menato e io avrei corso il rischio. Il rischio più pesante l'avrei passato con il mio capo, quindi decisi di rimanere.Arrivarono le guardie, davanti a me passavano parecchi ragazzi correndo, cercando di non farsi prendere e di non inalare i lacrimogeni. Cosa che risultava abbastanza difficile dato che li lanciavano contro.
Pochi istanti dopo ero l'unico ad essere rimasto in strada, si avvicinarono a me e mi rivolsero parola con tono apatico «perquisizione personale» dissero solo, non volevo, volevo rifiutarmi di farmi mettere le mani addosso ma non ebbi il tempo di reagire che mi ritrovai le loro mani rovistarmi ovunque, una mano sul collo faceva pressione, stringeva e premeva la pelle, ferendomi, con l'altra mano mi tenevano la testa ferma contro il muro del palazzo dove ero affiancato per lavoro.Iniziarono a tastarmi dalle spalle, fino a scendere alle gambe, arrivarono alla fine e mi fecero girare, mi sbatterono nuovamente la testa al muro neanche fossi un giocattolo di gomma. «Non mi convincono i pantaloni» disse indicando la patta dei pantaloni, «giusto, vuoi dare una controllatina?» Lo sbeffeggiai rischiando grosso, «abbassali» imposero, ma iniziarono a superare il limite, «non ci penso proprio ad usciti il cazzo in strada» alzai il tono di voce, stavo perdendo la pazienza, «muoviti ragazzino» mi colpì alle costole con il manganello, ma che volevano da me? «Non hai capito? Non lo farò» ormai ero fuori di me. Mi presero di forza dal braccio e mi scortarono alla loro vettura, stavo deludendo mia madre, una lacrima solitaria abbandonò i miei occhi quando alzai lo sguardo verso casa, vidi mamma in balcone, aveva uno sguardo afflitto, ma nonostante ciò mi rivolse un piccolo sorriso, «tout ira bien*» sussurrò e io le sorrisi in risposta, poi abbassai la testa ed entrai, facendomi ammanettare i polsi. Non era questa la vita che si aspettava il me di dieci anni, ma quel bambino innocente e ingenuo non esisteva più, era stato cacciato via dal ragazzo responsabile e consapevole.
Dopo un viaggio infernale mi portarono in questura, mi diedero il fermo di una notte dopo un'ennesima e lunga perquisizione. Avrei avuto il processo quattro giorni, dove il GIP mi avrebbe esaminato e con me il mio caso.
Volevo solo che mia madre non dovesse vivere ancora una volta quell'inferno e per la seconda volta, per colpa mia fu costretta a rientrare nel tribunale.
*andrà tutto bene
; spazio autrice
in questo capitolo abbiamo potuto capire il caratterino di Amine in alcuni casi, come è giusto che sia, cambiare carattere per autodifesa. cosa ne pensate di questa storia?
ೄྀ࿐ ˊˎ- opera protetta da copyright
pubblicato il: 11 novembre 2021
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𝖢𝖺𝗌𝖺 ; 𝗡𝗲𝗶𝗺𝗮 𝗘𝘇𝘇𝗮
Fanfiction• 𝘓𝘢 𝘷𝘪𝘵𝘢 𝘥𝘪 𝘱𝘳𝘪𝘮𝘢, 𝘪 𝘱𝘳𝘰𝘣𝘭𝘦𝘮𝘪 𝘥𝘪 𝘱𝘳𝘪𝘮𝘢, 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳𝘢 𝘲𝘶𝘢, 𝘥𝘪𝘮𝘮𝘪 𝘴𝘦 𝘱𝘦𝘯𝘴𝘪 𝘰𝘱𝘱𝘶𝘳𝘦 𝘯𝘰, 𝘴𝘦 𝘷𝘦𝘥𝘪 𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳𝘢 𝘪 𝘨𝘶𝘢𝘪, 𝘲𝘶𝘪 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳𝘢 𝘱𝘰𝘷𝘦𝘳𝘰 𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘣𝘢𝘴𝘵𝘢�...