⌏quante ne ho passate senza ricevere amore⌌
❝Amine❞
Milano, Lombardia 2018
Avviso: questo capitolo sarà collegato al primo di "casa ; neima ezza"
(1/3)
Un altro giorno pietoso era iniziato, le sirene della polizia riecheggiavano per tutto il quartiere, in quei maledetti quaranta metri quadri rimbombava tutto, le luci blu e rosse entravano in casa facendo svegliare tutti. Mia sorella, la più piccola, aveva difficoltà nel dormire, ogni minimo rumore la svegliava e non si fermava più.
Dal piano superiore e dal piano inferiore il baccano era assurdo, un mal di testa atroce mi colpii appena sveglio, lo schermo del telefono si illuminò, era Sami, mi chiedeva disperatamente aiuto. Mi alzai dal pavimento, afferrai la giacca che avevo lasciato la sera prima sulla sedia e mi avviai verso la porta, «dove vai?» Sussurrò mia madre cauta nel silenzio della stanza interrotto solo dal pianto della piccola, «torno presto» le lasciai un bacio sulla fronte, «abbi cura di te» chiusi la porta alle mie spalle senza farla sbattere.
Scesi di fretta, superai il portone e trovai lo sguardo spento del mio amico, «che succede?» Chiesi ormai preoccupato, continuava a squadrarmi con gli occhi lucidi, «ti prego, parlamene» alle sue spalle vidi comparire due agenti di polizia, «mi dispiace sussurrò» lo ammanettarono e lo portarono via, il cuore si spezzò, le lacrime mi facevano pizzicare gli occhi, le gambe cedevano, non sapevo come reagire.
«Non preoccuparti, andrà tutto per il meglio» gli parlai prima che lo facessero entrare nella volante.
-
Ero tornato a casa più sconfitto che mai, il mondo mi era crollato addosso, veder portar via un mio amico mi aveva fatto male, non me la sarei mai aspettato una cosa simile. Aveva sempre fatto attenzione, ne ero sicuro.
Le ore passavano lentamente, il mio telefono era pieno di notifiche di chiamate perse e messaggi dei miei amici.
Bussarono alla mia porta più e più volte, mi ero stancato di sentire quel suono assordante, in più quel giorno non avevo testa per andare a scuola, non riuscivo minimamente a concentrarmi, più mi sforzavo più mi tornavano in mente quei pochi minuti in cui avevo visto il mio amico disperato.
Mi alzai con malavoglia e andai ad aprire, c'era Mattia ad aspettarmi. Dall'ultima sera in cui l'avevo visto era passata una settimana, i compiti mi sommergevano, il primo quadrimestre si stava chiudendo e i professori avevano bisogno di voti: dunque, verifiche e interrogazioni erano all'ordine del giorno.
Lo feci entrare spostandomi di lato, anche lui come me aveva uno sguardo spento, abbattuto.«Come stai?» Mi chiese, di solito ero io che gli porgevo quella domanda. «Sto malissimo, l'ultimo che ha visto prima che lo portassero via sono stai io, era demoralizzato ed era deluso da se stesso, ho paura di come possa prenderla la madre, ci tiene molto a Sami» tenni lo sguardo basso per tutto il tempo. «Sai che se la caverà, l'ha sempre fatto, si è sempre fatto rispettare» posò una mano sulla mia spalla, «questo lo so, ma mi mancheranno le sue battute stupide di prima mattina, mi mancheranno i suoi consigli di vita e quelli su come non affrontare le lezioni, insomma, sono piccole cose che mi hanno fatto affezionare a lui» mi alzai dalla sedia e lo abbracciai, passò su e giù la sua mano sulla mia schiena.
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Per l'ennesima volta in quella giornata lo schermo del telefono si illuminò, era Agnese."Smettila di ignorarmi, devi portarmi rispetto"
Lessi velocemente quella chat infernale e buttati il telefono sul letto, non ce la facevo più. Afferrai nuovamente la mia felpa e uscii di casa sbattendo la porta, sbuffai rumorosamente. Non riuscivo più a vivere serenamente, mi stava sempre con il fiato sul collo, volevo lasciarla dopo ogni litigata ma continuava a dirmi di amarmi e non sapevo respingerla o meglio, non potevo.
Feci un giro in quartiere e poi andai a Baggio, avevo molto bisogno di camminare, pensare e rilassarmi. Non passavo del tempo con me da molto tempo, avevo bisogno di schiarirmi le idee e capire cosa volessi farne della mia vita.
Era racchiusa in un oblio dalla mia nascita, ogni due minuti cambiavo pensiero, non riuscivo ad avere un punto fisso nella mia vita, non mi fidavo di nessuno se non dei miei amici, avevo appurato che non volevo più avere relazioni.«Finalmente ti sei degnato di farti vedere eh, complimenti» incontrai l'unica persona che in quel momento mi stava più antipatica. «Agnese, lascia perdere, oggi non è giornata, domani litighiamo quanto vuoi, ma ho bisogno di stare da solo» la sorpassai ma mi bloccò per il polso, «non te ne scappi facilmente oggi, devi obbedire a tutto quello che ti dico di fare, sono l'unica che ti amerà nella tua vita, tutti i tuoi amici ti tradiranno» la guardai male e strattonai dalle sue mani il mio braccio, «ho detto che oggi non ho testa per litigare con te, ci si vede in giro» proseguii la mia passeggiata più nervoso di prima, tornai a casa che era ormai pomeriggio inoltrato, durante la mattina non avevo studiato nulla e probabilmente non l'avrei fatto nemmeno al rientro a casa.
Ai soliti muretti incontrai Aziz e Valerio, mi unii a loro e ci rimasi per tutta la sera.
; spazio autrice
- da questo capitolo si inizia a percepire il carattere di Agnese e il motivo per cui Amine non ami le relazioni, questo non è ancora nulla, ho venticinque capitoli ancora da rileggere per scrivere gli appunti per il prequel, probabile che vi duri più i flashback che il sequel.
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𝖢𝖺𝗌𝖺 ; 𝗡𝗲𝗶𝗺𝗮 𝗘𝘇𝘇𝗮
Fanfiction• 𝘓𝘢 𝘷𝘪𝘵𝘢 𝘥𝘪 𝘱𝘳𝘪𝘮𝘢, 𝘪 𝘱𝘳𝘰𝘣𝘭𝘦𝘮𝘪 𝘥𝘪 𝘱𝘳𝘪𝘮𝘢, 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳𝘢 𝘲𝘶𝘢, 𝘥𝘪𝘮𝘮𝘪 𝘴𝘦 𝘱𝘦𝘯𝘴𝘪 𝘰𝘱𝘱𝘶𝘳𝘦 𝘯𝘰, 𝘴𝘦 𝘷𝘦𝘥𝘪 𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳𝘢 𝘪 𝘨𝘶𝘢𝘪, 𝘲𝘶𝘪 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳𝘢 𝘱𝘰𝘷𝘦𝘳𝘰 𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘣𝘢𝘴𝘵𝘢�...