⁝ lo buttano in gabbia, pensando che il ragazzo cambia ⁝
- Amine -
Milano, San Siro, Lombardia - 2019
Dopo che la chiamata terminò, lasciai scivolare via ogni tipo di pensiero che potesse portarmi ad un minimo di stress. Dovevo riuscire almeno una volta a dormire, per quanto mi fosse possibile. La scomodità di quel posto era rinomato. Mi riportarono in cella ormai rassegnato, non sapevo più come reagire: in mente si faceva più vivido lo sguardo abbattuto e deluso di mia madre, ero sicuro che dopo che mi avessero portato via, fosse scoppiata a piangere, non potevo biasimarla, probabilmente avrei reagito anche io allo stesso modo.
Mi sedetti su quella specie di letto che era disponibile nella mia nuova suite, alzai lo sguardo al cielo, o meglio, al soffitto, sperando che il processo andasse bene, il giorno seguente mi avrebbero riportato a casa ma non avrei potuto vedere nessuno, non sarei potuto uscire fino al giorno del processo. Avrei voluto passare più tempo possibile con Arifa, se me lo avesse permesso, ovvio. Volevo conoscerla meglio, in oltre avevo notato che sapeva sempre cosa dire, sapeva gestirmi, un supporto psicologico non mi avrebbe fatto male di certo, avevo bisogno di qualcuno che potesse riprendermi dalle scelte più azzardate.
Senza accorgermene crollai in un sonno profondo, con in mente impressa l'immagine di una vita perfetta, quella che sicuramente non avrei mai vissuto. Passò per una frazione di secondo il me bambino, l'avevo deluso, me lo sentivo, in fondo ero io stesso. Pensieri su pensieri affollarono la mia mente: una vita diversa se solo avessi preso strade diverse, ma quello comportava ad abbandonare il quartiere, la mia periferia, i miei amici. Non ce l'avrei mai fatta, non avrei sopportato la loro lontananza, non sarei mai sopravvissuto senza di loro, avevamo fatto scelte belle e scelte le cui strade si collegavano a spaccio e omicidi. Che senso aveva odiare far parte di certe decisioni come le rapine, spaccio e omicidi e poi essere incoerenti con se stessi. Mi facevo schifo da solo.
Ecco il motivo per cui non mi sopportavo, ma poi incidevano altri fattori, non solo quelli: l'autostima, mi aveva sempre condannato ad una vita piena di solitudine, non riuscivo a capire o almeno a percepire un qualcosa che potessi migliorare, solo per rendere contento me, non mi importava del parere altrui, o meglio, dopo ho imparato a fregarmene, a farmi scivolare tutto addosso, ma prima ero debole, se solo avessi avuto un'opportunità per piangere l'avrei colta senza ripensamenti, ma non ci riuscivo, era più forte di me. Vedevo le mie scelte solo di due colori: o bianco o nero, le sfumature non le vedevo da anni, tutto iniziava a starmi stretto: il mio carattere, il mio modo di fare o pensare, qualsiasi gesta compissi.
Era tutto un vortice, le emozioni erano allo sbaraglio, passavo dalla collera al risentimento, mi sentivo in colpa per tutto, dalla felicità alla tristezza abissale, non sapevo come uscirne, non potevo chiedere aiuto, non sapevo farlo, avevo sempre potuto contare solo su di me, non avevo la minima idea di che volesse dire avere un rapporto intimo con una persona, anche solo un'amicizia stretta, avevo solo soci. Non mi fidavo di nessuno, era il mio più grande difetto, ma nonostante ciò mi aveva salvato parecchie volte.
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Il tempo era incessantemente lento, non sapevo più come andare avanti. Nella notte mi svegliai più volte, a volte di soprassalto a volte per la scomodità di quel coso. Sbuffai ripetutamente, rigirandomi da un lato all'altro, niente funzionava. A quel punto mi alzai con la schiena distrutta, tentai di stirarmi un po', ma finii con l'aumentare il dolore. Volevo spaccare qualcosa ma non c'era nulla che potessi fare, a malapena c'era una finestrella dove passava l'aria che di notte diveniva gelida, non pensavo che l'avrei mai detto ma mi mancava il mio letto, quelle lenzuola che potevano sembrare infantili ma mi avevano accompagnato sin dalla prima infanzia, erano piene zuppe di ricordi, non sarei mai stato capace di disfarmene, era come cancellare definitivamente una parte del mio passato. Non ero ancora pronto a tutto ciò, non lo sarei mai stato.; spazio autrice
nello scorso capitolo vi avevo promesso il processo, ma mi sono fatta trasportare dal flusso di coscienza e credo sia una delle cose migliori, quando mi accade vuol dire che la storia mi sta piacendo e sta coinvolgendo me in prima persona. sono abbastanza puntigliosa sulle idee e su quello che scrivo, voglio che tutto sia perfetto, così che voi possiate integrarvi al massimo nella vita dei protagonisti. senza di loro non ci sarei mai riuscita. ogni cosa ha un significato, chiunque abbia letto una mia vecchia storia sa quanto io tenga ai dettagli o ai particolari. detto questo spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ditemi nei commenti cosa ne pensate di questi capitoli così "profondi".
ೄྀ࿐ ˊˎ- opera protetta da copyright
pubblicato il: 13 novembre 2021
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𝖢𝖺𝗌𝖺 ; 𝗡𝗲𝗶𝗺𝗮 𝗘𝘇𝘇𝗮
Fanfiction• 𝘓𝘢 𝘷𝘪𝘵𝘢 𝘥𝘪 𝘱𝘳𝘪𝘮𝘢, 𝘪 𝘱𝘳𝘰𝘣𝘭𝘦𝘮𝘪 𝘥𝘪 𝘱𝘳𝘪𝘮𝘢, 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳𝘢 𝘲𝘶𝘢, 𝘥𝘪𝘮𝘮𝘪 𝘴𝘦 𝘱𝘦𝘯𝘴𝘪 𝘰𝘱𝘱𝘶𝘳𝘦 𝘯𝘰, 𝘴𝘦 𝘷𝘦𝘥𝘪 𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳𝘢 𝘪 𝘨𝘶𝘢𝘪, 𝘲𝘶𝘪 𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳𝘢 𝘱𝘰𝘷𝘦𝘳𝘰 𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘣𝘢𝘴𝘵𝘢�...