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⁝ lo buttano in gabbia, pensando che il ragazzo cambia ⁝

- Amine -

Milano, San Siro, Lombardia - 2019 (2 novembre)

Avviso: anche in questo capitolo saranno presenti due salti temporali;
tre mesi e dieci giorni dopo:

In quei tre mesi la mia vita era cambiata molto, ormai gli altri ragazzi sapevano che provavo qualcosa per Arifa e dunque non dissero niente. Ogni mattina e ogni sera la routine era la stessa: rimanevo sveglio tutta la notte accanto ad Arifa per paura di non sentirla quando aveva bisogno d'aiuto. Anas continuava a scalciare, i dolori erano terribili ed era impossibilitata a fare quasi tutto, della casa ci occupavamo noi per non far farle grandi sforzi.

Come tutte le mattine si svegliò accarezzandomi la mano che era posta sul suo ventre, sentivo i piccoli piedini di Anas spingere ovunque, «è un poni, non un bambino» disse sarcastica la ragazza al mio fianco mentre teneva ancora gli occhi chiusi, «ha preso dalla madre» risi accarezzandole i capelli, «che intendi dire?» Schiuse solo un occhio voltando il capo verso di me, «intendo dire che quando dormi ti muovi sempre» le lasciai un bacio sulla guancia, si girò con il corpo rivolto verso il soffitto, poi aprii entrambi gli occhi e rimasi nuovamente estasiato, «qu'est ce que tu regardes?*», voltai il mio sguardo verso un angolo impreciso della stanza, «je regarde toi, jolie*» l'avevo vista arrossire poche volte e la maggior parte delle volte era per quello che le dicevo, «tu es beau*» mi disse incastrando la sua testa tra il mio collo e la spalla, il mio stomaco si aggrovigliò ancora una volta. Ormai avevo capito di essere perso, ma non in un modo negativo, anzi. Le dovevo tutto ma non avevo il coraggio di dirglielo.

«Stamattina voglio uscire» proclamò dopo minuti di silenzio, «va bene, dove vorresti andare?» Si fermò un attimo a pensare, «dovrei fare un regalo a delle persone importanti, possiamo andare alla Galleria?» Annuii, «tutto quello che vuoi, l'importante è che non ti affatichi» le accarezzai una guancia, «a proposito, c'è un piccolo problema, potrebbe nascere da un momento all'altro» mi bloccai cercando di capire il senso della frase, «cioè, tu...io? Penso di non aver compreso la situazione» rise di gusto, ma io seriamente non avevo capito quindi la guardai stranito, «nel senso che Anas potrebbe nascere da un momento all'altro» non ero confuso, di più, «oh» proferii solo.

«Io direi che è l'ora di alzarci dal letto, sono le nove e mezza» disse lei mettendosi a sedere, la mia mano scivolò sul suo fianco. «Mi sei mancato davvero tanto» proclamò mentre si girò verso di me, «ogni giorno mi svegliavo con la consapevolezza che non ti avrei visto girovagare per casa cercando di non prendertela contro Rondo, lo ammetto mi divertivo ma non al massimo come al solito, sei la parte migliore di me, mi chiedo come abbia fatto a sopravvivere sei mesi senza di te» la raggiunsi dall'altro lato del letto abbracciandola da dietro, se solo le dicessi cosa facevo ogni giorno per non pensare al peggio penso che ci saremmo messi a piangere entrambi come dei bambini: la immaginavo affianco a me sulla brandina o lei sopra di me per la scomodità di quella cosa, riportavo alla mente tutti i ricordi che avevamo insieme nonostante fossero solo pochi giorni che la conoscevo. «Ti voglio tanto bene, non immagini nemmeno quanto, sei un pezzo fondamentale della mia vita» le sussurrai cautamente, dei brividi si scatenarono sulla sua pelle, sorrisi a quella vista poi ci staccammo e iniziammo a vedere cosa metterci dato che dovevamo uscire, indossammo una Nike tech fleece blu, coordinata, sembravamo dei puffi ma andava bene così, presi il borsello e lo indossai, nel frattempo vidi Arifa sistemarsi i capelli in una coda di cavallo, inseguito pulì gli occhiali e li appoggiò sul naso, era semplicemente perfetta, infilò le Nike Tuned 1 Essential ed era pronta, uscì dalla stanza andando in seguito in cucina.

«Vuoi qualcosa?» Mi domandò girata mentre era intenta a versare l'acqua in un bicchiere, negai, «tu invece dovresti mangiare qualcosa, non te ne uscirai facilmente da questa casa» le dissi posizionandomi davanti alla porta della cucina, «ma non ho fame» si lamentò, «ti devo per caso ricordare che hai un'altra creatura da sfamare?» La guardai torvo, «sarà così ancora per poco» afferrò una mela, la sciacquò e le diede un morso, «possiamo anche andare, la mangio per strada» acconsentii e mi avviai verso la porta, «vedo se Sami o Vale sono svegli così li avviso, altrimenti lascio un bigliettino», aspettai per cinque minuti e poi la vidi venire verso di me.

𝖢𝖺𝗌𝖺 ; 𝗡𝗲𝗶𝗺𝗮 𝗘𝘇𝘇𝗮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora