Parte 15

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Non sono mai stato uno studente modello. Non sono mai stato il primo della classe oppure il cocco dell'insegnante e cose del genere. Anche se alle elementari promettevo bene poi alle medie ho iniziato a perdere lo slancio negli studi a favore di un approccio più disteso e meno ossessivo. A differenza di quello che avrebbe desiderato mia madre.
<<Tu non farai la fine che ho fatto io.>>

Queste erano le sue parole ogni volta che a scuola non raggiungevo i traguardi che lei desiderava. Con il tempo però ha iniziato a rassegnarsi e a dedicarmi sempre meno tempo. Questo mi ha permesso di fare un po' come cazzo mi pare.

È un guaio quando un genitore deve usare tutto il suo tempo per guadagnare il pane della tavola. In questo modo deve rinunciare a seguire i figli e la loro educazione con il rischio che prendano una brutta strada e delle brutte compagnie.
A me non servono brutte compagnie perché sono bravissimo a rovinarmi la vita da solo. Con la mia immobilità, con la mia poca voglia di agire, di fare la differenza, con la mia poca voglia di essere.

<<Un giorno te ne pentirai.>>
Un'altra delle frasi preconfezionate di mia madre e un po' di tutti genitori che si preoccupano del futuro dei loro figli.
Non le do peso anche se una parte di me in fondo, molto in fondo sa benissimo che è vero. "Un giorno me ne pentirò" e chissà se avrò la forza per cambiare e migliorare oppure mi lascerò cullare dalla mala sorte per dare la colpa al destino, oppure a Dio, quando in verità l'unico colpevole sarò stato io.

Con Paola non mi sento da due giorni. Da quando per sbaglio mi ha visto eiaculare in camera mia. Quando ci ripenso mi viene voglia di prendermi a schiaffi. Che odio per me stesso che provo. Poi mi calmo e ci rifletto e la vergogna si trasforma in rassegnazione.
Questo è quello in cui sono veramente bravo. Rassegnarmi ad ogni cosa ed ogni evento senza dare il minimo sforzo per caricare di migliorare la situazione per poi lamentarmi degli eventi e dare la colpa a tutti tranne che a me stesso.

<<Andiamo altrimenti facciamo tardi>> dice mia madre passando dal corridoio. La sento bene visto che la porta della mia camera è spalancata.
<<Va bene mamma. Ma devo per forza venire?>>
<<Abbiamo già fatto questo discorso Miki e si, devi venire. È la messa per i sei mesi dalla morte di tuo padre.>> Risponde mia madre un po' stizzita.
<<Va bene mamma.>>
Alla fine cedo e mi rassegno.
Sono sicuro che nemmeno lei ha voglia di andare ma per buon costume lo vuole fare. È un po' all'antica mia madre e ancora si preoccupa di quello che pensa la gente. Teme i cattivi giudizi degli altri. Cose del tipo: "Hai visto? È morto da soli sei mesi e già non gliene frega più niente del marito morto" oppure "Secondo me ha trovato un altro uomo, anzi forse lo aveva già prima". Queste sarebbero solo l'inizio delle cattiverie che la gente sarebbe capace di partorire. Quando si tratta di parlare male degli altri le persone hanno una fervida immaginazione, se solo la usassero per buoni propositi anziché sparare cazzete il mondo sarebbe un posto migliore.

Andiamo in macchina. Purtroppo dobbiamo risparmiare un po' su tutto e la chiesa dopotutto è a soli due chilometri di distanza. Mi secca solo dover passeggiare vestiti semi eleganti per di nero per strada sotto gli sguardi indagatori e curiosi di chi ci conosce ma soprattutto di chi non ci conosce.
<<Non hanno di meglio da fare?>> Sussurra mia madre.
<<Direi proprio di no. Si divertono a darsi cazzi degli altri.>>
<<Miki! Modera il linguaggio e porta rispetto.>> mi rimprovera mamma.
<<Perché? E soprattutto per chi? Per la gente o per mio padre?>> Chiedo seccato.
<<Per entrambi. Ma soprattutto per tuo padre morto>> mi spiega mamma afferrando mi la manica della giacca.
Mi divincolo con irruenza dalla sua flebile morsa.
<<Non me ne frega niente della gente e dovesti fare lo stesso anche tu. Mio padre era un bastardo mamma e non ci ha mai considerato come meritavamo. Ora abbiamo l'occasione di ricominciare e tu ancora che lo piangi.>> Le rispondo digrignando i dento con il fuoco negli occhi.
Lei mi tira una sberla. Non mi dà male fisicamente ma la mia anima e il mio umore vanno in frantumi. Nemmeno mia madre è dalla mia parte. Forse solo Paola lo è.
<<Non ti permettere di parlarmi così ragazzino. Sono sempre tua madre. È vero tuo padre non era un santo ma... Ma io lo amavo. E ora andiamo a messa.>> Conclude mamma prendendomi la mano.
<<Va bene, prima andiamo e prima finiamo questa pagliacciata.>> Aggiungo, deciso a non aprire più bocca.

Camminiamo piano per la mano fino alla chiesa dove il prete ci sta aspettando e nel mentre spegne le candele per il raccoglitore di offerte. Ad ogni offera un fedele può accendere una candela.
All'entrata vedo Paola aspettarci. Rimango sbalordito per la sua presenza e per la sua avvenenza. Il mio cuore accelera e penso di essere felice che ci sia. Che posso condividere questa schifezza di momento con lei.
<<Grazie Paola di essere qui.>> Dice mia madre.
<<È un piacere signora.>> Risponde Paola.
<<Ti prego chiamami col mio nome>> prosegue mia padre <<mi farebbe piacere>> aggiunge mamma.
<<Il piacere è mio.>> Replica Paola con uno dei suoi migliori sorrisi. Quando sorride le viene una fossetta sulla guancia destra che mi viene voglia di mordere.
Entriamo in chiesa e assistiamo alla funzione. Il prete dice quattro parole di circostanza su papà e tutto finisce più o meno in mezz'ora.
Andiamo a casa e Paola viene con noi visto che mamma la invita a cena. Glielo avrei voluto chiedere io ma sono stato anticipato, con mia immensa gioia.
Ringrazio mia madre sottovoce e lei mi strizza l'occhio facendomi capire che sapeva che era proprio quello che volevo.
Grazie Mamma. Ti voglio bene e scusa se non te lo dico mai!

S. p. A. Una Vita Di Interessi (senza revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora