5. Follia

515 17 3
                                    

Erano gli ultimi giorni del nostro viaggio londinese, eravamo tornati da poco in albergo dopo un bel pomeriggio di shopping; guardavo le foto dal display della fotocamera, seduto a una piccola scrivania, mi fermai qualche secondo ad ammirare la bellezza di Francesca e la nostra spensieratezza in una foto, sorrisi: abbracciati con il sole al tramonto alle spalle, ridevamo perché non riuscivo a premere il pulsante per lo scatto dato che lei mi solleticava il fianco. Scorsi ancora le immagini ma mi bloccai a fissarne una in particolare: Francesca era distesa in un prato di erba leggermente alta, era circondata da fiori di lavanda e il suo viso faceva capolino tra quel viola pallido con un sorriso immenso; una foto dolce che le avevo fatto distendendomi anche io sul prato, immortalando per sempre quello scintillio di sorpresa dei suoi occhi. Uno scintillio che raccoglieva una felicità talmente grande da non poter essere tramutata in parole.

Mentre ero perso in quell'immagine, Francesca arrivò silenziosa alle mie spalle, mi cinse il collo con le braccia e mi baciò una guancia. Sobbalzando, voltai la testa verso di lei, ci guardammo negli occhi sorridendo, poi lei li chiuse e mi baciò sulle labbra. In quell'istante sussultai, non risposi al suo bacio, sorpreso e immobilizzato per ciò che stava facendo.

Francesca riaprì gli occhi, scintillavano proprio come in quella foto che avevo guardato fino a un attimo fa, fu in quell'istante che la razionalità mi abbandonò, capii improvvisamente cosa quello scintillio significava: mi prese per mano e mi condusse verso il letto facendomi sedere con lei, la seguii come in trance, come se non fossi più il padrone di me stesso, poi mi attirò a se baciandomi nuovamente. Facemmo l'amore dolcemente, con lentezza, era la sua prima volta e lo sapevo.

Più tardi ci addormentammo abbracciati, sazi di noi, di ciò che per troppo tempo avevamo ignorato di provare l'uno per l'altra.

Mi svegliai nel cuore della notte e mi alzai senza far rumore; andai alla porta-finestra, appoggiai la fronte al vetro gelido e piansi, mi faceva male il cuore per il tanto amore che provavo per lei, ma piangevo anche di dolore per ciò che avevamo fatto, qualcosa di così sbagliato e perverso per la società, ma, per noi, bello, vero e sincero. Sentii il fruscio di lei che spostava le coperte per alzarsi dal letto, non volevo mi vedesse piangere per quello stupido orgoglio maschile, uscii fuori sul terrazzino, ma lei mi raggiunse. Era bellissima con quel suo corpo tanto piccolo nella mia camicia così grande per lei, con i capelli spettinati e l'ombra dei sogni negli occhi. Era semplicemente bellissima.

Mi abbracciò, nascose la testa sulla mia spalla e iniziò a piangere violentemente, la strinsi forte a me; soffrivamo per lo stesso dolore.

Tra le lacrime, le mie e le sue, alzò la testa e mi guardò con fermezza e dolcezza nello sguardo.

La rividi bimba dagli occhi limpidi ma che, per una volta, voleva spiegare lei qualcosa a me "Ale... ti amo. Da tutta una vita" mi disse piano, improvvisamente donna.

"Ti amo anche io, Francesca" le dissi tremando d'emozione e accarezzandole la testa.

Stavo per aggiungere altro, ma lei portò un suo dito alle mie labbra per zittirmi, sapeva cosa stavo per dirle, ero sempre stato la parte razionale e lei quella sognatrice, e non voleva sentirsi dire che era impossibile amarci.

Ma, i giorni seguenti, lo facemmo lo stesso.

Il Fiore SbocciatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora