Mi venne in mente la nostra soffitta, lei che si spogliava per me, anni prima, con un misto di imbarazzo e desiderio; in silenzio per poter sentire gli spostamenti dei nostri genitori al piano di sotto; noi, innamorati clandestini che vivevano il brivido del segreto e della follia. L'amavo come allora, il sentimento si era risvegliato, era vivo nonostante qualche anno di sonno in una sorta di letargo.
Francesca mi toccò il braccio come se avesse percepito il mio allontanamento dalla realtà "Ale, tutto ok?"
Mi riscossi, catapultato nel presente, e cercai il suo volto. Lei era lì, accanto a me, con i suoi occhi nocciola che sbirciavano i miei provando a raggiungere l'anima per leggere se c'era qualcosa che non andava.
La mia mente si separò dal cuore e fu quest'ultimo ad agire: l'abbracciai di nuovo, più forte di prima e cercai la sua bocca. Lei, come una bambola inanimata, si lasciò guidare da me... o forse anche il suo istinto le diceva di lasciarsi andare...
Ci baciammo con trasporto e, quegli attimi, furono i preliminari alla passione che ci avvolse poco dopo.
La sollevai da terra prendendole le gambe che strinse attorno alla mia vita, mentre le sue braccia usavano il mio collo come appiglio. Le sue labbra inseguivano le mie, i miei passi inseguivano una linea invisibile verso il mio letto, in cui Francesca fu la prima donna ad entrare.
Quella stanza era stata una sorta di cella monacale, violata da una presenza femminile.
L'adagiai piano, ma con fermezza, sul letto, armeggiando impaziente con i lacci incrociati sul retro del suo corpetto mentre le sue dita correvano facilmente sui bottoni della mia camicia e sulla fibbia della cintura.
Vincendo la battaglia contro i suoi abiti, le accarezzai la schiena come per verificare che vi fosse solo la sua pelle e sentii mille brividi attraversarle il corpo.
Avevamo la mente altrove, lontana anni luce dal mondo che ci circondava, chiusi insieme in una bolla che rappresentava le nostre anime riunite.
Non ci importava di sgualcire i vestiti da cerimonia; non ci importava che venissero sbottonati, forse, con un po' troppa forza e gettati sul pavimento; non ci importava di rischiare di calpestarli.
Ci donammo l'un l'altra pregando in silenzio di far durare quei secondi, quei minuti e quelle ore, in eterno. Avremmo voluto restare per sempre rinchiusi in quell'attimo: entità senza bisogni di alcun tipo, che si nutrono di solo amore... che vivono di solo amore.
Mi svegliai nel cuore della notte perfettamente consapevole di ciò che avevamo fatto, come tanti anni prima in quella camera d'albergo londinese, e il mio primo impulso fu quello di alzarmi e allontanarmi da lei, ma il mio appartamento non aveva terrazze sulle quali piangere. Di nuovo lo stesso errore e gli stessi problemi: sembrava un dolce incubo che si ripeteva o una sorta di permesso speciale di ritornare ad un bivio e fare una scelta diversa, ma noi avevamo imboccato di nuovo la stessa strada sbagliata.
Sentii il respiro lieve di Francesca sul mio torace e i suoi capelli pizzicarmi la spalla e il braccio, glieli scostai dal viso e i suoi occhi si mossero lievemente sotto le palpebre chiuse. Provai a muovermi piano, per non svegliarla, ma nel sonno le sue braccia mi strinsero inconsapevolmente, invitandomi a restare lì. Rinunciai ad alzarmi e mi riaddormentai dopo pochi minuti.
L'odore del caffè, un lieve movimento del letto e il sentore di una presenza accanto a me, mi fecero svegliare sussultando. Mi girai verso l'altra metà del letto e vidi che vi era adagiato un vassoio con dei muffin, alcune tazze, il bricco del latte e la caffettiera. Francesca era lì che mi guardava e sorrideva, con indosso solo la camicia che avevo indossato il giorno prima alla cerimonia.
Si chinò a sfiorarmi le labbra con un bacio al lieve sapore di caffè "Buongiorno tesoro".
Le accarezzai una guancia e le trattenni il viso, le diedi ancora un piccolo bacio sulle labbra, assonnato ma desideroso di coccole "Buongiorno pulcino".
Mi bloccai di colpo, deglutii, improvvisamente avevo la gola secca. Un altro flashback.
Ero sorpreso e incredulo da quel gesto che mi era venuto d'istinto, ma che aveva le radici a casa nostra, in Italia, quando vivevamo il nostro amore tra le mura di casa: Francesca, ogni mattina, con la scusa di portarmi il caffè in camera, era la prima a darmi il buon giorno e ci salutavamo proprio in quel modo dolce, in segreto.
Anche Francesca si bloccò a mezz'aria, i suoi capelli a fare da paravento tra noi e il mondo, lesse i miei pensieri e li condivise. Mi accarezzò la fronte, ne approfittai per prenderle il polso e baciarle il palmo della mano. Ci guardammo.
Sospirai "Dobbiamo parlare"
Lei mi guardò per qualche attimo, poi rivolse il suo sguardo al vassoio, riempì di caffè una tazzina e me la porse, poi prese un muffin, lo mordicchiò "Non ora, ti prego"
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Il Fiore Sbocciato
RomanceAlessandro e Francesca sono "fratello" e "sorella" coinvolti in una storia di amicizia e amore impossibile. Le loro vite si intrecciano e separano per seguire le loro ambizioni, speranze e "convenzioni".