Sorridendo e scuotendo la testa rassegnato, allargai leggermente le gambe come se volessi piantarmi al pavimento, un matador pronto a sfidare il toro.
Con un gesto deciso e teatrale, mi tolsi la giacca, lanciandola verso la sposa che, stupita, la afferrò al volo e giocò a fare la fan-in-delirio mimando gli urli isterici delle adolescenti ai concerti, tutti risero. Poi allungai una mano verso Francesca, come presentandola alla "platea" come fa il mago con la sua assistente.
Lei mosse qualche passo nella mia direzione, teneva una mano sul fianco e l'altra a portarsi indietro i capelli, mimando di proposito qualche gesto sensuale esagerato. Tutti risero ancora.
Arrivò a pochi passi da me, allungò un braccio e mi prese la mano, sorridemmo e i nostri occhi si colmarono di decisione e semi-serietà. Entrambi avevamo un profondo rispetto per il tango.
Francesca aveva circa 12 anni, io ero quasi maggiorenne, quando iniziammo a frequentare una scuola di ballo.
Sin dalla prima lezione, eravamo rimasti affascinati dal mondo del tango: per anni avevamo partecipato, anche vincendo, ad alcuni tornei a livelli agonistici e non. Avevamo abbandonato quell'attività quando ci eravamo separati per andar via dalla patria natia, io a New York e lei a Londra, e cambiare drasticamente vita.
Le coppe e le medaglie vinte, troneggiavano su una mensola del salotto tra nostre foto sorridenti in abiti scintillanti, a casa dei nostri genitori.
Al matrimonio, l'amore verso quella danza riprese vita.
Le sfioravo la pelle scoperta delle spalle e della braccia, sentivo il fruscio della sua gonna e il lieve sfioramento delle sue gambe contro le mie e suoi capelli soffici che sferzavano me e l'aria.
Riuscivo a sentire i suoi fianchi caldi e flessuosi sotto le mie mani, attraverso la stoffa del corpetto, mentre sulle spalle e sul torace le sue dita mi accarezzavano lievi e decise. Sentivo la sua energia passarmi nelle mani quando la facevo vorticare. Comunicavamo senza usare la voce, solo guardandoci negli occhi, sorpresi della naturalezza con la quale ci muovevamo, come se non avessimo mai smesso di ballare, come se ogni passo fosse memorizzato nei nostri muscoli e non prevedeva errori o indecisioni.
La sua pelle emanava l'odore fresco del mio bagnoschiuma al cocco, che puntualmente usava perché le piaceva tanto, e la fragranza delicata del suo profumo alla vaniglia.
Avevo caldo. Appena ebbi libera una mano, allentai il nodo della cravatta e sbottonai il primo bottone della camicia, liberando dalla stoffa un lieve sentore del mio dopobarba muschiato.
I nostri piedi disegnavano, sul parquet del patio, degli 8 stretti, ipnotizzando gli ospiti che, forse, si stavano chiedendo come facevamo ad intrecciare così le gambe senza mai intralciarci l'un l'altra e inciampare.
Il tango volgeva al termine, entrambi avevamo le tempie imperlate di minuscole goccioline e il fiato corto, l'ultima nota si avvicinava, la mia presa sulla schiena di Francesca aumentò d'intensità, ci rivolgemmo un segno d'assenso e le feci fare un casqué proprio quando quell'ultima nota venne suonata: io, inginocchiato come per una dichiarazione d'amore, la tenevo sospesa a mezz'aria appoggiata al mio ginocchio, la testa all'indietro, i suoi capelli "distanti" un centimetro dal pavimento, mentre la mia fronte le sfiorava quasi il ventre.
Ci fu un silenzio improvviso, come se il tempo si fosse fermato per riprendere a scorrere un attimo dopo, con uno scroscio di applausi.
Mi alzai risollevando mia sorella e le nostre orecchie non udirono più nulla.
Ci guardammo negli occhi per quell'attimo che il tempo, per noi, tramutava in eternità.
Una goccia di sudore si raccolse al centro dell'incavo tra il collo e il torace di Francesca e si tuffò tra i suoi seni, scomparendo dalla vista.
Entrambi ansimavamo. Un brivido ci percorse la schiena fino in fondo all'anima.
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Il Fiore Sbocciato
RomanceAlessandro e Francesca sono "fratello" e "sorella" coinvolti in una storia di amicizia e amore impossibile. Le loro vite si intrecciano e separano per seguire le loro ambizioni, speranze e "convenzioni".