44. Sentimenti | Vinsmoke Sanji

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BUONASSSSSSSSERA
Buonanotte, anzi, a sto punto. Sì, non aggiornavo da due mesi, shame on me. Se la mia voglia vuole, sta settimana partecipo alla halloweek e sforno qualcosina.
Ma ora godiamoci questo capitolo che dimostra che sono vIvA
Enjoy

Categoria: Missing MomentAmbientazione: Post WanoSpoiler: Dei capitolo 1028-1029 (ultimi usciti)

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Categoria: Missing Moment
Ambientazione: Post Wano
Spoiler: Dei capitolo 1028-1029 (ultimi usciti)

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Era sulla nave, nella sua cucina. Quella che Franky aveva appositamente creato e poi sistemato per lui.

Stava affettando le cipolle. Il suo taglio era preciso, millimetrico, come lo era sempre stato.

«Sanji! È pronto?» urlò una voce dietro di lui. Forse Luffy, ma non era mai stato così paziente.

«Dieci minuti.» rispose. Il suo tono gli suonò freddo.

Che si doveva aspettare del resto? Lui era un prodotto del Germa. Era un umano modificato. Non provava sentimenti.

Non provava gioia. Non provava tristezza. Non provava empatia. Non provava neanche nostalgia, ma quel concetto lo provava, indirettamente.

Lo sentiva nei piatti che cucinava. Erano perfetti anche ora, come prima, ma c'era qualcosa che mancava, checché i suoi compagni se ne accorgessero o meno. Mancava la passione, e cos'era un cuoco senza passione?

Abbassò lo sguardo sulle sue mani. Erano di metallo, ora.

Sentiva le giunture stridere. La pelle ora era scura.

Era la Raid Suit. Ce l'aveva addosso. Sotto c'era un robot.

Sanji si svegliò di soprassalto nel letto della Sunny. Lo fece con il cuore in gola e le guance bagnate.

Stava piangendo. Mosse una mano tremante verso la guancia e toccò quei rivoli d'acqua salata, e sentì sotto la pelle una resistenza che non apparteneva a muscoli od ossa.

Con altre lacrime che scendevano lungo il suo volto, scese dal suo letto e si precipitò fuori, sperando di svegliarsi del tutto. Forse era ancora un sogno, forse non era un umano modificato.

Una volta fuori, con la brezza marina che lo investiva, si appoggiò alla balaustra della nave. Si piegò su di essa, preso dal mal di testa e da un'accenno di nausea, e si accorse che tremava, ma non per il freddo.

Aveva paura. Non voleva perdere le sue emozioni. Non voleva diventare come i suoi fratelli. Forse era un buon segno, la paura: fosse stato come loro, forse non avrebbe dovuto poterla provare.

Non bastava a calmarlo. Non bastava affatto.

Poi una voce alle sue spalle lo distasse dai suoi pensieri.

«Che ci fai sveglio a quest'ora, cuoco? Non dovresti dormire?» chiese Zoro, appoggiato alla balaustra dal lato opposto. Sanji non aveva nemmeno notato che la sua brandina era vuota, quando era uscito.

D'altro canto, nemmeno Zoro aveva l'aria di aver dormito fino a quel momento. Gli effetti della droga con cui aveva combattuto a Wano erano ancora freschi e vedeva nella sua espressione che spesso il dolore si faceva ancora vivo. Difficile dire se fosse reale o il suo ricordo: Zoro di sicuro non rispondeva a quel quesito, era troppo stoico per parlarne.

Sanji fissò il marimo, le lacrime che continuavano ostinatamente a scendere, poi si avvicinò a lui. Lo fece timidamente, sentendosi estremamente imbarazzato, anche, perché la loro rivalità era entrata nel cuore di entrambi.

Nonostante ciò, si sedette accanto a lui. Era cosciente di come la luna facesse brillare i piccoli rivoli sulle sue guance, ma cosa poteva farci alla fine?

Per un po' tacquero entrambi, poi Sanji parlò, e fu con la voce che tremava.

«Ho paura di diventare come loro. Sono... Sono già come loro. Quella Raid Suit del cazzo... Sono un umano modificato. Sono un'arma. Quella cosa me lo ha sbloccato del tutto, e... Io non voglio essere una macchina. Non voglio trovarmi un giorno a parlarvi senza sentire la gioia che provo ad avervi come miei compagni.»

Stava piangendo di nuovo. Gli gocciolava anche il naso. Cercò di soffiarselo in un fazzolettk, ma la situazione non migliorò e le lacrime continuarono a scendere, non più lineari perché era scosso dai singhiozzi.

Zoro gli rispose. «Tu non sei una macchina. Non verrà mai un giorno del genere. Tu sarai sempre in grado di provare sentimenti ed emozioni. Sono parte di te, sono ciò per cui Luffy ti ha voluto con noi. Neanche la tua tuta può cambiare ciò che sei davvero.»

Sanji non si aspettava quel tono gentile nella sua voce. Era davvero così penoso? Tanto penoso che pure Zoro aveva pena per lui?

«E se mi trasformassi?»

«Sei un nostro nakama, Sanji. Lo sarai sempre, in qualunque modo tu appaia, in qualunque modo tu ti senta. Non ti lasceremo indietro.» disse Zoro guardandolo. Sanji non ricordava di aver mai sentito Zoro dire il suo nome vero prima.

Tirò su con il naso e lo spadaccino aggiunse: «Inoltre se fossi modificato ora non staresti piangendo. Non temere, stai benone, sei solo più solido.»

Era vero. I suoi fratelli ridevano, lo giudicavano inferiore, ma non piangevano. Non provavano tristezza e angoscia, loro.

Sanji osservò ancora Zoro, e dopo qualche momento lui fece un cenno d'assenso e il biondo lo abbracciò.

Aveva bisogno di quello. Aveva bisogno di un affetto mai dato, di una rassicurazione che andava tutto bene, anche delle braccia di Zoro avvolte attorno a lui - perché Zoro era un duro, forse, ma sapeva che a Sanji serviva quello e perché non darglielo?

Scivolò sul prato della Sunny finché non furono entrambi sdraiati. A quel punto Zoro disse: «Riposa ancora un po', cuoco. Ne hai bisogno.»

Non lo cacciò, così Sanji chiuse gli occhi e rimase lì, tra le sue braccia, e si sentì al sicuro, tranquillo, sereno pure. E così, riuscì di nuovo a dormire, senza avere più incubi.

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