19. Confronto

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Nella mia mente si aprono scommesse su chi sia la persona che mi ha seguita, non appena sento dei leggeri passi avvicinarsi a me.

"Elisa" è l'ultima persona che mai mi aspetterei quella che bussa alla porta del bagno cinque secondi dopo che io mi ci sono chiusa dentro.

Ho bisogno di scappare da tutto e tutti, ho talmente tanto bisogno di farlo che mi infilerei in questo schifoso cesso e viaggerei nelle fogne con i coccodrilli, più di farlo.

Mille ricordi che viaggiano nella mente, mi portano a evitare quella voce per un tempo interminabile.

"Fratellone! Mi porti il gelato?" Urlai verso Francesco dalla poltrona, mentre lui era seduto comodo sul divano, sbraitando contro la PlayStation.

"Alzati e prendilo" rise il quattordicenne, uccidendo un altro zombi, lasciandosi scappare una parolaccia e girandosi verso di me, fulminandomi come a dire guai a te se lo dici a mamma.

"Prendimi il gelato" misi il broncio, incrociando le braccia al petto e poggiando i piedi sul tavolino in vetro posto davanti a me, al centro del salone.

"Sei una rompiscatole" sbuffò sollevandosi, poggiando il joystick sulla lastra trasparente e recandosi, finalmente, in cucina.

Sentii il rumore sordo del freezer quando lo sportello venne aperto, seguito da secondi di assoluto silenzio, tranne il tintinnio del mio dito, sbattuto ripetutamente sul bracciolo rosso.

"È finito!" Sbottò, rigettandosi sul sofà. Spalancai la bocca, sbattendo più volte le ciglia fra di loro in segno di sorpresa.

"Portami a comprarlo" proposi, ovvia, gattonando sui cuscini, anch'essi rossi, fino a poggiare la testa sulla sua spalla.

"Neanche sotto tortura" rise, premendo il pulsante per riavviare la partita.

"Staremo a vedere" mi avventai su di lui, solleticandogli lo stomaco fino a farlo piangere dalle risate.

"Hai vinto!" Si arrese, appoggiando la testa al materasso riprendendo fiato, mentre entrambi continuavamo a ridere.

Ridacchiai malefica, infilandomi le scarpe, mentre mio fratello afferrava dalla mensola i 10€ che mamma ci aveva lasciato.

"Per sicurezza" diceva sempre "non sia mai succeda qualcosa o abbiate bisogno di qualcosa" prima di uscire, alle sei come ogni mattina, lasciandoci soli fino a mezzanotte, ora in cui tornava a casa.

Fortunatamente, normalmente con noi c'era sempre papà, ma a volte anche lui doveva fare certi straordinari, e allora eravamo solo noi due.

Quel giorno d'estate, che non ricordo quale fosse, l'aria era afosa e il sole ci batteva forte sulla pelle. Mio fratello indossava una camicia di lino leggera, accompagnata da dei semplici pantaloni di jeans.

Io lo seguivo, nel mio vestitino a fiori, uno dei tanti che a mamma piacevano tanto, diceva che mi rendevano graziosa come una bambolina, ma non poteva saperlo, perché lei mi vedeva sempre e solo con il tutù addosso.

Francesco mi afferrò la mano, trascinandomi dietro di lui in quei lunghi dieci minuti di strada, che ogni volta sembravano infiniti, che separavano la nostra villetta dall'unica gelateria del quartiere.

Sorrisi al gelataio entrando. "Ciao Elisa!" Mi salutò in risposta, preparando già la coppetta, perché come gli dicevo sempre, il cono non sapeva di nulla ed era uno spreco.

Lui mi rideva sempre in faccia, come risposta, dicendo che prima o poi avrei cambiato idea.

"Stracciatella e nocciola?" Mi sorrise mio fratello, conoscendomi come le sue tasche, annuii contenta, aspettando che la coppetta arrivasse tra le mie mani.

Dopo aver pagato, salutammo il vecchietto, sedendoci sulla panchina appena fuori dall'edificio, assaporando quello che tanto avevamo desiderato.

"Fratellone" sussurrai sedendomi, dopo essermi alzata a buttare la carta nel cestino. Girò piano la testa verso di me, dando un altro morso al suo cono, ormai vuoto.

"Mh?" Mugugnò, attendendo che continuassi a parlare.

"Ti voglio tanto bene" parlai a bassa voce, scoccandogli un dolce bacio su una guancia.

"Ti voglio tanto bene anch'io ely" mi abbracciò forte, alzandosi poi per avviarci verso la nostra amata casa.

Sospiro, asciugandomi l'ennesima lacrima che scivola dai miei occhi lungo la mia guancia.

"Elisa, rispondi" ripete quella voce, facendomi sbuffare e alzare gli occhi al cielo. Volevo solo che si allontanasse e io potessi restare, finalmente, sola.

"Vattene, serena." Dico dura alla ragazza appoggiata con la schiena alla porta bianca, seduta sul pavimento sporco.

Mi trovavo nella stessa posizione, ciò portava le nostre schiene as essere separate solo dalla lastra in legno chiaro.

"Voglio che tu apra la porta" sbotta, sbuffando. Posso sentire che si muove, dallo strascico dei suoi vestiti e dal tintinnio del suo braccialetto, da cui non si separa mai.

"Puoi farlo da sola" scuoto le spalle tra me e me, domandandomi cosa voglia ancora da me.

Un secondo dopo, la porta venne spalancata, e perdendo l'equilibrio, cado sulle sue gambe, ritrovandomi a guardala dal basso all' alto.

Alzando gli occhi, mi tiro su, passando la manica della mia camicia sugli occhi, già stufa di quella situazione.

"Credo che dovremmo tornare in studio" propongo e provo a superarla, ma mi si para davanti bloccandomi.

"Io credo che dovremmo parlare" si siede sulla panchina rossa, guardandomi a braccia incrociate.

"Non ho niente da dirti" mormoro, scocciata, sedendomi sul pavimento poggiando nuovamente la schiena, stavolta al muro.

"Io si" sospira, prendendo un respiro profondo prima di continuare a parlare. "Sono una pezza di merda"

Rido amaramente, battendo le mani fra di loro in modo ironico. "Allora ragioni ancora"

"Fammi finire" mi fulmina con lo sguardo sbuffando, e mi verrebbe voglia di tirarle in testa un rotolo di carta igienica.

"Mi sono comportata come una stronza, tradendo la tua fiducia." Si morde un unghia, strappando via la pellicina rosa dallo stress.

"L'hai fatto, si" sospiro esasperata, soffiando sulle mie ginocchia. Mi infilo le mani tra i capelli, tirandoli piano, per mantenermi attenta a quella conversazione.

"Ho chiuso con albe" alzo lo sguardo su di lei, ad occhi spalancati per la sorpresa. "Lui non mi piace, Ely, mi piace un'altra persona. Mi sono fatta prendere dal momento e sono stata orribile perché tu sei la mia migliore amica e sapevo che lui ti piacesse"

Rido, e sento il sangue gelarsi nelle mie vene. "Eri" mi alzo dal pavimento freddo, passando le mani sui miei pantaloni in stoffa azzurra, pulendoli.

Apro la porta del bagno, già pronta a uscire, mentre la bionda mi guarda.

"Eri la mia migliore amica" sbatto la porta, facendo ritorno nello studio, scusandomi con Maria, sotto l'applauso del pubblico.

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Non so perché ma questo capitolo mi piace particolarmente. Aggiungo un po' di drama per la mia drama queen lilxlia

Rejected | albe Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora