«Bene ragazzi, ci vediamo lunedì.»
Dopo che il professor Sherman ci dileguò gentilmente dalla classe, suonò la campana; tutti gli alunni, come era loro solito fare, buttarono le loro cose dentro i propri zaini, senza curarsene troppo, per poi scaraventarsi sulla porta d'uscita.
Io, dal mio canto, feci tutto con estrema calma, non avevo un weekend da favola che mi aspettasse una volta uscita da quella scuola.
Aspettai che tutti uscissero lasciando la classe vuota, posai l'ultimo libro dentro lo zaino e mi diressi verso il mio armadietto, non distava molto dalla classe del professor Sherman.Il corridoio non era del tutto vuoto come mi aspettassi, con mia sorpresa, due ragazzi, tra cui il più alto, era appoggiato al mio armadietto, scherzando con il suo amico.
Cominciai ad innervosirmi parecchio, senza alcun motivo ben preciso, ma non parlavo con un ragazzo che non fosse Luke o Ashton da parecchio.
Decisi di aspettare un po', così che se ne andassero, ma la sfortuna era sempre lì, al mio fianco pronta a farmi da spalla. Misi di lato le mie insicurezze, per una volta, e andai verso quello che sembrava essere il mio armadietto.Quando raggiunsi i due ragazzi, il più alto cominciò a squadrarmi da capo a piedi, per poi rivolgermi un bel sorriso; l'altro ragazzo, invece, mi guardava alquanto confuso.
«Mi dispiace interrompervi, ma sei sul mio armadietto e-» mi interruppe facendo una faccia sorpresa, per poi spostarsi. Gli rivolsi un piccolo sorriso come per ringraziarlo, mentre il suo si faceva più largo di quello precedente, era quasi intenerito dalla mia timidezza.
«Certo, come ti chiami?» sobbalzai alla sua domanda, non me lo aspettavo affatto.
«Mi chiamo Emily, tu?» lo guardai fisso negli occhi; una cosa che avevo imparato con Luke era di saper mantenere un contatto visivo, anche troppo a lungo.
«Noah, piacere.» mi strinse la mano, sfoggiando un altro dei suoi sorrisi. Aveva degli occhi particolari: erano grigi, non si capiva se avesse sfumature verdi o azzurre.Quando la sua figura si allontanò, ritornai a respirare regolarmente e mi ripresi da quel stato di trance.
Composi il codice e aprì delicatamente l'anta, mostrandomi le poche cose che conteneva, posizionai il mio libro e il mio quaderno di letteratura dentro quella scatola di metallo, e rivolsi uno sguardo al corridoio, ormai vuoto; non mi sorprendeva che non ci fosse già nessuno, loro avevano fretta di andare a casa per mangiare e poi magari uscire con i propri amici.Mi sistemai meglio lo zaino nero su una spalla e mi incamminai verso l'uscita di scuola. Ero felice che iniziasse il weekend, perché loro non potevano farmi del male durante quei giorni, insomma, potevo vivere la mia vita per pochi giorni.
Una volta uscita ero libera da loro, fuori non c'era praticamente nessuno, solo alcuni appoggiati o seduti sopra le loro macchine, altri a baciarsi nei muretti della scuola.
Ma la cosa che più mi sorprese era che Luke fosse seduto sul davanzale della propria macchina a fumare una sigaretta, di solito faceva a botte per riuscire ad uscire per primo.
Sembrava stesse aspettando qualcuno, fui quasi curiosa di capire chi, ma a dissolvermi dai miei pensieri fu Noah.
Richiamò la mia attenzione picchiettando sulla mia spalla, mi girai sorpresa di vederlo di nuovo.«Ei!» il ragazzo dagli occhi grigi, in quel momento di un verde scuro, mi rivolse un sorriso quasi imbarazzato. Lo fissai mentre cercava di sistemarsi il cappellino da baseball in testa, in modo tale che potesse prendere la forma a lui desiderata.
«Noah!» sorrisi a mia volta. Non mi sentii per niente a disagio, mentre lui lo era visibilmente.
«Volevo dirti che sei proprio carina» un bruciore quasi familiare si fece largo sulle mie guance, e imprecai mentalmente, sparai con tutto il cuore che non lo notasse.
Lo ringraziai, il suono dalle mie labbra uscii delicatamente, come se avessi paura di rovinare quel momento.«Ci si vede in giro, spero.»
Annuì per poi sentire le sue labbra sulla mia guancia; lasciò un tenerissimo bacio sulla mia guancia destra e andò via.
Mi voltai subito portando la mia piccola mano sul punto in cui aveva lasciato il bacio e sorrisi.
Ma quando cercai di posare gli occhi altrove, Luke mi stava fissando dalla sua macchina, lo sguardo perplesso e nervoso; fece segno col capo di andare da lui, e quando mi guardò con insistenza, mi avvicinai.«Chi era quello?» aspirò del fumo dalla sua sigaretta e me lo scacciò in faccia.
Corrugai la fronte, stranita dalla sua domanda, più che altro dal suo atteggiamento, che gli importava? Decisi di non rispondere e di limitarmi ad una scrollata di spalle.
Sapevo benissimo che così rischiavo di sfidarlo, ma non sarebbe stato nulla di nuovo.«Emily, non ti conviene giocare con me.» tolse gli occhiali da sole che un secondo prima aveva deciso di indossare, per poi alzarli nuovamente per metterli in testa, a lui interessava farmi vedere i suoi occhi.
Aveva uno sguardo serio e giurai di non aver mai visto Luke con quell'espressione sul volto, io che l'osservavo sempre.Deglutì «Non lo so.»
Non lo so il perché lo feci, ma in quel momento ebbi paura che se la prendesse magari con Noah, Luke era imprevedibile e bipolare, non ci voleva di certo un genio per capirlo. Ma ebbi anche il desiderio di stuzzicarlo un po', se avevo imparato a conoscerlo almeno un po', odiava non avere qualcosa sotto controllo.Sospirò bruscamente, era nervoso.
Io più di lui, pensai. Mi stava fissando da un bel po', decise di prendere parola e di mettere fine a quel silenzio, a dir poco, insopportabile.
«Sali, ti do un passaggio fino a casa.»
Lo guardai confusa e per poco non scoppiai a ridere. Notò che rimasi nella posizione iniziale, senza muovere un muscolo, ma che cosa si aspettava che gli mostrassi anche dove abitassi?«Vuoi una mano?» mi prese in giro, o almeno percepì ciò. Era solito fare battute sui lividi, sui pugni o calci che mi lasciava, quasi come se volesse tatuarmeli.
Capii di non avere altra scelta, infondo era solo un passaggio.
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My bully ↠ lrh
FanfictionGli anni del liceo non sono sempre quelli più semplici, c'è chi soffre per amore, c'è chi non va bene a scuola, insomma emergono sempre vari problemi. Lei non era mai contenta di entrare in quell'istituto, non perché avesse paura di incontrare il su...