"Sir Cameron Thomas Dallas, principe di Galles."
Tutta la sala si voltó verso di me mantenendo lo sguardo fisso sul mio viso fino a che non ebbi percorso l'intera scalinata che portava al centro della grande stanza da ballo.
Il lampadario di vetro di chiara provenienza italiana illuminava gli abiti sfarzosi della piú ricca aristocrazia inglese: marchesi, conti, baroni, tutti erano concentrati gli uni sugli altri, in un'eterna lotta di sguardi alla ricerca della minima incertezza perché qui, ogni sguardo che vacilla fa muovere un esercito.
Ogni volta che il re d'Irlanda non incrocia con fierezza lo sguardo di quello del Wessex quest'ultimo pensa sia arrivata l'ora giusta per un attacco e si sa che dimostrarsi deboli non puó portare altro che guai."La principessa di Provenza, Juliet Margaret Wood."
Mi girai di scatto al suono di quel nome e mi resi conto in quell'istante del fatto che non avessi idea del luogo in cui mi trovavo. L'ultimo ricordo risaliva al mio ingresso in una nuova biblioteca e a quel libro...l'avevo aperto e poi...poi non ricordavo nulla, il buio totale fino al mio risveglio all'ingresso della scalinata dove il maggiordomo aveva iniziato la mia presentazione.
Lei peró la ricordavo, nella mia mente quel nome risuonava come una melodia lontana, una canzone che sapevo di conoscere ma di cui non ricordavo il titolo.
Era bella, bellissima. I lunghi capelli castani le cadevano morbidi sulle spalle scoperte mentre un abito azzurro decorato con perle e piccoli diamanti faceva risaltare la sua figura slanciata.
Il corpetto le fasciava il busto mettendola in risalto grazie ai piccoli brillanti incastonati nella stoffa e l'ampia gonna lunga scendeva fino ai piedi, anch'essa ornata da decori floreali di perle e brillanti.
La sua discesa lungo la scalinata inizió appena il maggiordomo ebbe arrotolato la pergamena con i nomi degli ospiti e il procedere della ragazza gradino dopo gradino non rimase inosservato. Era troppo splendente per potersi confondere nella massa, troppo viva per mimetizzarsi in quel gruppo di morti, troppo vera per essere scambiata per una maschera."Buonasera Sir." La voce del vecchio barone suonava ovattata alle mie orecchie e il mio sguardo era troppo perso nella contemplazione della figura angelica che camminava verso di me per poter stare lí ad ascoltare qualcos'altro.
Mi passó accanto e notai subito un particolare in lei. Aveva il mio stesso bracciale, una sorta di banda di acciaio opaco sigillata al polso.
Quando i nostri polsi si sfiorarono questo vibró illuminandosi di luce azzurra ed iniziarono a comparire delle parole incise nel metallo.Benvenuto nell'Inghilterra del 1590.
Il bracciale si è attivato alla presenza di un altro Intrappolato.
Segui sempre le indicazioni se vuoi uscire da qui.
Un altro Intrappolato? Inghilterra del 1590? Dov'é finita Los Angeles del Ventunesimo Secolo?Mi abituai presto all'idea di essere intrappolato in questo posto, che era davvero l'Inghilterra, dopo aver piú volte tentato la fuga da questa stanza senza successo. Ero intrappolato, proprio come il titolo del libro che avevo aperto nella biblioteca: "Trapped.", se solo ci avessi pensato...
Immediatamente realizzai l'aggettivo con il quale mi ero descritto, 'intrappolato', lo stesso con cui il bracciale aveva chiamato la ragazza misteriosa che mi era passata accanto; anche lei era bloccata qui dentro e forse ci era finita nello stesso modo in cui ci ero finito io.
Non feci in tempo a concludere il ragionamento che lei mi si avvicinó tendendo lo sguardo fisso nel mio. Il verde dei suoi occhi mi disorientava quasi tanto quanto l'idea di averla giá vista da qualche parte.
Esitó un secondo prima di parlare e quando lo fece, il mio cuore si fermó per un attimo.
"Come siamo finiti qui?"
Diretta al punto.
"Non lo so. Anche tu hai aperto il libro?"
Diretto al punto.
"Sí", rispose schietta.
Abbassai lo sguardo sul suo polso e notai che anche il suo bracciale era illuminato ma il colore era diverso dal mio: verde.
I nostri sguardi si incrociarono nuovamente.
"Mi chiamo Juliet, comunque" disse porgendomi la mano e sorridendo.
Il muro tra di noi stava cadendo.
"Cameron, é un onore fare la sua conoscenza Miss" risposi imitando un accento inglese.
In quell'istante vidi entrambi i bracciali illuminarsi ed un nuovo messaggio comparire sul metallo.Iniziano le danze, la tua dama ti aspetta.
Guardai Juliet che comprese immediatamente e prendendole la mano ci portammo al centro della sala dove tutti gli invitati si erano radunati.
Dalla zona piú alta della scalinata vedemmo il re d'Inghilterra e sua moglie cominciare a pronunciare il discorso di apertura della serata:
"Cari amici, siamo felici di avervi qui stasera per festeggiare un giorno cosí importante, il compleanno di mio figlio, il Principe."
Un ragazzo abbastanza alto con i capelli neri e gli occhi scuri comparve vicino ai genitori ed un brusio si fece spazio nella folla.
"Jacob, com'é diventato bello" sussurravano alcune dame.
"Sará giá fidanzato?" si chiedevano altre.
Per placare i sussurri il maggiordomo inizió la presentazione ufficiale.
"Il principe Jacob Marcus Whitesides Stuart, erede al trono d'Inghilterra e Irlanda."
Il rampollo reale inizió la discesa verso il suolo della sala da ballo e l'orchestra cominció a diffondere un Valzer Viennese.
"Mi concedi questo ballo?" chiesi a Juliet.
"Ma io non so ballare Sir."
Aveva preso questa recita un po' troppo sul serio.
"Eddai, secondo te io sí? Sono abituato a quella sorta di balli da discoteca in cui muovi un piede a sinistra e poi l'altro lo segue e fai lo stesso a destra" dissi cercando di ironizzare sulla situazione che a pensarci bene non era troppo ironica.
"Va bene, cerchiamo di vedere come fanno gli altri allora."
Un passo in avanti lei, uno indietro lui, uno a destra lei, lui la segue, giro e si ricomincia a fare lo stesso dall'altro lato, giro, cambio di coppia.
Ce la potevamo fare.
La musica ricominció e subito ci facemmo spazio tra la gente disposta a cerchio.
I primi passi furono coordinati e a tempo ma il vero problema si stava per presentare: il cambio di coppia.
Feci il giro e mi ritrovai di fronte ad una ragazza che sembrava avere la mia etá, le presi la mano ed iniziammo a danzare finché non rischiai di pestare il suo lungo abito come conseguenza di ció che avevo appena visto; Juliet e Jacob stavano ballando insieme.--
"Sei bellissima" mi sussurró l'erede al trono.
"Cosí mi fa arrossire Sir."
Tipica frase da film. Sperai funzionasse.
"Vieni con me."
Jacob mi afferró la mano con la sua e mi trascinó oltre le porte della sala, nella stanza da té che immaginai fosse stata arredata dalla madre vista la quantitá di ceramiche cinesi presenti su ogni mobile.
Il ragazzo mi spinse sul divano in stoffa ricamata e si avvicinó pericolosamente.
"Dovremmo tornare alla festa, non credi?"
"No, possiamo anche stare qui."
Tentativo fallito.
Le sue labbra si avvicinavano sempre di piú alle mie e voltai la testa per evitare, almeno temporaneamente, l'inevitabile.
"Perdoni Sir."
Una donna sulla sessantina entró nella stanza interrompendo il momento.
Tutto quello che avrei voluto dirle era un enorme 'grazie'.
"Signore, suo padre l'attende fuori" disse la domestica e vidi Jacob far scorrere una mano tra i capelli frustrato per poi alzarsi e dirigersi all'esterno.
In quel momento Cameron varcó la soglia della porta e si diresse con passo veloce verso di me.
"Tutto bene? Ti ha fatto qualcosa? Perchè eravate insieme?"
Cos'era tutta questa preoccupazione?
"Sto bene, tranquillo" mi limitai a rispondere.
"Forse é meglio se torniamo a casa" esclamó Cameron prima di guidarmi verso l'atrio del palazzo dove un uomo anziano ci attendeva.
"Signore, mi sono permesso di recuperare il suo cappotto e quello della signorina nel guardaroba."
"Molto gentile John" disse Cameron.
"Ora é meglio che li indossiate, fa molto freddo a Londra."Uscimmo nel cortile trovando una carrozza di fronte all'entrata.
"Signorina" disse il servitore aprendomi la porta del cocchio.
Salii seguita da Cameron che aveva un'espressione delusa stampata in viso.
"E io che mi aspettavo una Ferrari" lo sentì esclamare prima che i cavalli partissero alla volta del castello.
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Trapped. |Cameron Dallas|
Fanfic"É solo un libro." Quante volte ti sei ripetuto questa frase cercando disperatamente di crederci? Se vuoi una prova del contrario questa fan fiction te la dará, perché non é piú "solo un libro" quando ci rimani intrappolato.