Processo

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"Ciao bell'addormentato" sorrisi non appena si risvegliò Jisung.

"Che è successo?"

"A quanto pare sei svenuto dopo aver consegnato la lettera di dimissioni"

"Quindi non era un sogno..."

"Non ti senti più libero?"

"Chenle! Dov'è Chenle?" disse ignorando totalmente la mia domanda.

"È andato a comprarti qualche dolcetto."
Continuò a guardarsi attorno preso dall'ansia.
"Ehi ehi! -gli presi il viso tra le mani- Chenle è contento della scelta che hai fatto e dovresti essere soddisfatto anche tu.
Hai rinunciato ad una cosa molto importante per seguire ciò che è ancora più importante per te.
Perciò ora riprendi in mano la tua vita e riinizia da capo, io sono qui con te a qualunque costo, in qualsiasi momento tu voglia." Gli diedi un bacetto per concludere e lui finalmente rilassò i muscoli tesi.

"Ciao piccioncini.
Jisung guarda che ti ho portato" entrò Chenle e mostrò una torta al cioccolato, panna e fragole.

A Jisung scese una lacrima che atterrò sul mio dito e non riuscì a dire altre che un piccolo "vi amo".


Dopo quella discussione però non vidi più Seojoon per giorni se non settimane, Renjun continuò a rassicurarmi che stesse bene, ma quella che iniziava a preoccuparsi della sua salute ora ero io.
Sapevo che quelle parole continuavano a girargli per la testa.
Non ha mai voluto dire quanto stesse veramente male, non l'ha mai ammesso, ma soffre tanto.

Intanto le indagini non potevano fermarsi e continuammo fino allo sfinimento.
Tuttavia non c'era più bisogno di lasciare il lavoro, che sì, mi occupava molto tempo, ma ciò permise di far lavorare l'avvocato Kim con tutta la tranquillità possibile.
Solo che c'era un piccolo problema.
Il locale non c'era più.
Evidentemente la cattiva reputazione di quel posto lo portò a chiudere per sempre, ma con diverse ricerche siamo riusciti a trovare il proprietario e parlare con lui.
Ricordava di una donna stramba e maleducata, entrare tutti i giorni, o quasi, all'interno del suo locale e giocare tutti i soldi che aveva, fino all'ultimo centesimo.
Rimaneva lì dentro per così tanto tempo che spesso entrava la sera e ne usciva il mattino dopo.
Il proprietario stanco del suo comportamento un giorno non la fece entrare ma lei si mise in ginocchio e pianse disperata dicendo di dover a tutti i costi giocare, perché quei soldi in palio le servivano più della sua vita.

Avevamo quasi finito, ma una cosa ancora non ci tornava chiara, se lei perdeva tutto il suo tempo in quel posto, allora chi avrebbe potuto manomettere i freni della macchina di mia madre?
Purtroppo non trovammo altri indizi o nient'altro che ci fece schiarire le idee, ma era arrivato già il giorno del fatidico processo.

"Vostro onore, mi prendo la responsabilità di raccontare i fatti." Iniziò il procuratore.
"La mia cliente è stata accusata di omicidio, in quanto unica sospettata di un vecchio caso che doveva essere già chiuso anni fa.
Avvocato a lei la parola."

L'avvocato Kang elencò tutte le altre accuse con tanto di prove, ma per l'accusa di omicidio c'era una grossa insicurezza evidente a tutti.

A quel punto mia zia sentiva di trovarsi in un vicolo cieco, non si aspettava che tutte quelle cose potessero saltare fuori dalla prima all'ultima, perciò decise di ammettere le sue colpe.

"Lo ammetto, ho causato tanti danni alla mia famiglia indebitandomi.
Sono stata una codarda e non ho diritto di essere ancora parente di quella mammoccia, ma lo giuro, io non ho ucciso nessuno! Tanto meno mia sorella!"

"ALLORA PERCHÉ NON È QUI CON ME IN QUESTO MOMENTO?!" urlai nel mentre le lacrime continuavano a scendere una dopo l'altra.

Jisung vedendomi in quello stato tra il pubblico voleva alzarsi e interrompere tutto, ma Jaemin lo fermò prima che potesse fare una qualsiasi cazzata.

Fashion style || park jisungDove le storie prendono vita. Scoprilo ora