22. Aria

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Neil era seduto per terra, su un cuscino, la schiena appoggiata al divano, le gambe distese sul pavimento. Sparpagliate attorno a lui, tante cose che erano state di sua madre. Tra le sue mani, un foglio che gli era familiare.

Mi spiace solo non essere mai riuscita a dirti che tuo padre non ha mai voluto vederti.
Perdonami, Neil, ma ho preferito lasciarti sognare.
Ero giovane. Lui aveva otto o nove anni più di me. Venne in città per un evento: lui viaggiava molto per lavoro, era un eccentrico, e in una sera me ne innamorai.
Fu una storia di pochi giorni: lui doveva ripartire presto, ma tornò a trovarmi un mese dopo. E io gli dissi che ero incinta.
Andò nel panico. Secondo lui, un figlio gli avrebbe rovinato la carriera, gli avrebbe rovinato la vita. Se volevo rivederlo, dovevo sbarazzarmi di te.
Puoi immaginare com'è andata a finire. Ho scelto te, figlio mio.
Litigammo, lo lasciai, tuo padre mi insultò e io me ne andai via per sempre. Lui non ti ha mai riconosciuto, né si è mai più fatto vedere.

Neil tirò su col naso, scorrendo con lo sguardo quelle parole che ormai conosceva a memoria.

So che avrei dovuto dirtelo, ma non volevo che ne restassi deluso. Non volevo che ti sentissi rifiutato, perché io ti ho desiderato con tutto il cuore e ti ho amato come non avrei creduto possibile. Ma so di aver sbagliato. Hai tutto il diritto di conoscere l'identità di tuo padre. Gli somigli molto, in fondo: hai preso il suo lato migliore.

Nella piccola busta che giaceva accanto a lui, ancora sigillata, un biglietto recava il nome di suo padre e della città in cui – almeno all'epoca – viveva. Neil la prese e se la rigirò tra le dita. Era quello, forse, il momento giusto per aprirla?

Un tonfo violento lo fece sobbalzare. Il suo cuore ebbe un balzo improvviso e Neil si voltò di scatto verso l'ingresso.

«Neil!» urlò la voce di Anandria. «Apri! Lo so che sei lì dentro!»

Altri rumori di colpi sul legno della porta.

«Non puoi continuare così! Avanti, vuoi smettere di fare l'idiota?»

Neil si rimise in piedi, le gambe che gli formicolavano. Uscì nel corridoio, raggiunse la porta e la spalancò di colpo, sorprendendo Anandria con un pugno a mezz'aria.

«E tu vuoi smetterla di fare tanto rumore? Mi cacceranno via di casa» le disse, a metà tra l'acido e l'ironico.

Lei si intrufolò in casa senza esitazione, temendo che da un momento all'altro l'amico le sbattesse la porta in faccia e la cacciasse via. «Per forza!» gli disse una volta che fu al sicuro nell'ingresso. «Sono tre giorni che vengo qui a cercarti, sei sparito da più di una settimana!»

«Volevo stare da solo.»

«Neil, lo so che cosa stai passando. Capisco che è difficile, ma ora basta buttarti giù. Guarda come ti sei conciato!»

Anandria lo prese per le spalle e lo voltò di peso, in modo che si ritrovasse davanti al grosso specchio dell'ingresso.

Neil si guardò controvoglia. Oltre il vetro opaco e macchiato di nero v'era il solito ragazzino alto e magrissimo. Solo che stavolta le occhiaie livide e la barba sfatta, la schiena curva e la zazzera spettinata sulla sua testa lo facevano sembrare più vecchio di dieci anni.

Di lacrime non ne aveva quasi più. Era spento, distaccato dal mondo, e tutto gli sembrava solo un sogno confuso.

Gli sarebbe piaciuto poter tornare indietro, prima della disperazione, prima del dolore, quando in fondo tutto andava bene e sua madre era ancora viva, e conoscere la sorte a cui sarebbe andato incontro, per rivivere gli ultimi mesi fuori da quella bolla di incredulità. Non aveva fatto altro che lamentarsi per tutta la vita, ma solo adesso cominciava a capire davvero quanto il mondo potesse essere crudele, così indifferente ai destini delle sue creature.

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