25. Ansie

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«Manca soltanto una settimana!»

Arun non stava più nella pelle. Saltellava in giro per casa come un grillo, canticchiando felice e danzando goffamente, mentre il gatto lo scrutava compassionevole.

Neil sorrise tra sé. Lo capiva: per trent'anni era rimasto da solo, dimenticato dal mondo, e adesso che finalmente stava per incontrare i suoi vecchi compagni dopo così tanto tempo era felice ed elettrizzato come un bambino.

Neil non si sentiva ancora pronto, ma era curioso di conoscere i membri della Resistenza, e l'idea di vedere facce nuove e di incontrare persone interessanti lo entusiasmava.

«Dove sarà la riunione?» domandò.

«Qui! Dove altro, sennò?»

Neil spalancò la bocca dalla sorpresa. «Ma come? Tu sei sorvegliato dalla polizia!»

Il vecchio ridacchiò. «Non è nulla in confronto a quello che stanno passando i miei amici! Due di loro sono stati arrestati tre volte a testa, per motivi stupidi; uno è latitante e un'altra cambia casa e identità con la stessa frequenza dei calzini. Loro vengono da realtà più grandi, dove la polizia non si lascia di certo abbindolare da una sceneggiata in cui ti fingi pazzo. Vedersi qui era l'unico modo, anche perché i luoghi pubblici non sono un ottimo rifugio dalle orecchie indiscrete.»

«Sei sicuro che non correremo rischi?»

«Più che sicuro. La polizia è passata tre giorni fa, non tornerà prima di due settimane. E poi questa casa sarà pure una catapecchia decadente, ma ti assicuro che in occasioni come questa diventa una vera fortezza: sperduta, nascosta e inquietante. Dubito che qualcuno oserà avvicinarsi.»

Neil e Arun restarono tutto il pomeriggio a organizzarsi in vista del gran giorno. Quando il vecchio si crucciò perché aveva poche sedie a disposizione, Neil aggrottò la fronte.

«Le sedie dovrebbero bastare, ce ne sono molte più di sei» osservò.

«Sei? Chi ti ha detto che saremo in sei? Credi che per tutti questi anni la Resistenza sia rimasta inattiva? Così come io ho reclutato te, anche i miei vecchi compagni porteranno nuovi Insani!»

Neil si lasciò scappare una piccola esclamazione sorpresa. «Quindi saremo... in dieci? Dodici?»

«Allora...» fece Arun, contando a mente. «Inclusi me e te, dovremmo essere una ventina di persone.»

«Una ventina?!»

«Sì, all'incirca.»

«Ma... come faranno venti persone a venire qui senza farsi notare? È assurdo, noi non...»

«Sta' tranquillo, Neil» lo interruppe Arun sorridendo. «Non pensare che i miei compagni siano così ingenui. Hanno pur fatto parte della Resistenza, no? Sapranno come comportarsi e come evitare di attirare l'attenzione, perciò non preoccuparti e pensa allo studio.»

Neil tacque, ma non riuscì a sentirsi tranquillo. L'ansia gli ribolliva in petto mettendogli lo stomaco sottosopra, e una bruciante curiosità mista a un senso d'inquietudine lo dilaniava dall'interno, così come un terremoto demolisce i muri più solidi e li riempie di crepe.

Arun si mise a impastare il pane, come faceva ogni giorno. Neil non sapeva di quella sua abitudine prima di trasferirsi da lui, ma si era spesso chiesto come facesse il vecchio a procurarsi il cibo, siccome negli ultimi tempi usciva ben poco di casa.

Quando era andato a vivere lì, aveva ricevuto la risposta: Arun amava fare il pane e coltivava una discreta varietà di verdure in un orto nascosto dietro la casa, camuffato tra la folta vegetazione che avvolgeva quelle mura. Teneva poi conservata in dispensa una scorta alimentare composta da formaggi, carne essiccata e vino. In tal modo, il vecchio aveva bisogno di fare la spesa solo di tanto in tanto.

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