14. Come in un sogno

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Un brivido gli percorse le membra. Cominciava a fare freddo, la sera: un freddo che non aveva nulla di spiacevole. Un freddo nuovo, così come nuovi erano i sensi che lo percepivano.

Il signor J. sorrise tra sé. Persino l'autunno, la stagione che odiava di più, sembrava ora meraviglioso e invitante, con i suoi tappeti di foglie, il tepore del camino, i cieli argentati e il profumo di castagne e cioccolata calda. Finalmente i suoi occhi riuscivano a vederne la bellezza, finalmente i suoi sensi erano liberi dalla depressione e potevano cogliere la meraviglia del mondo.

Funzionava, funzionava davvero. La pillola aveva rivoluzionato la sua vita. Ma perché lui aveva aspettato così tanto?

Che stupido che era stato. Avrebbe potuto evitare anni di sofferenza e di emarginazione, anni di dolore e derisioni. Ma era inutile pensarci adesso, ora che aveva la felicità nelle sue mani a un prezzo inesistente.

Nella vita del signor J. erano cambiate molte cose, a partire dalla casa. Non v'era più quella confusione che vi aveva regnato per anni: le camere erano pulite e in ordine, e tutto il superfluo era stato gettato via o rinchiuso nello scantinato. Le sue tele e i quaderni pieni di versi banali e di frasi smielate avevano fatto la stessa fine.

Il signor J. si era stupito di quanto fossero brutti i suoi quadri. Ricordava che quando era ancora un Insano li trovava belli, densi di significato; addirittura riteneva che le sue opere rappresentassero la parte migliore di lui. Adesso, invece, erano nient'altro che insulse macchie di colore. Non riusciva a vedere nulla, in tutto ciò: solo un'immensa stoltezza.

La stupidità: ecco che cosa rappresentavano i suoi quadri.

Per fortuna adesso non v'era più traccia del passato in quella casa. Tutto ciò che poteva ricondurre alla sua vecchia vita da Insano era stato eliminato, per essere sostituito da nuovi oggetti che il signor J. cominciava a ritenere indispensabili, nella sua nuova condizione da Paziente.

Tanto per cominciare aveva comprato un televisore enorme, che occupava mezza parete del salotto. Lì seguiva dei programmi molto stimolanti, ascoltava testimonianze di Pazienti la cui vita era cambiata grazie alla pillola, proprio come lui, e si interessava del mondo ascoltando i notiziari che venivano trasmessi ogni tre ore. Era riuscito persino a vincere un concorso promosso da una rete televisiva locale, e gli era stata proposta una cattedra in un prestigioso liceo della città; il signor J. aveva accettato senza esitazione e aveva cominciato a lavorare come insegnante.

Aveva sei classi, composte quasi completamente da Pazienti. I ragazzi lo adoravano, amavano le sue maniere gentili e lo rispettavano, facendolo sentire a suo agio. D'altra parte, il signor J. aveva preso il posto di un vecchio insegnante Insano, che era deceduto da poco e che gli allievi avevano detestato. Purtroppo, il vecchio professore aveva ricoperto quel ruolo per quarant'anni: la sua esperienza e la sua anzianità erano prevalse sulla sua condizione di Insano, e il suo posto di lavoro era tutelato dalla legge. Nessuno aveva mai potuto mandarlo via, ma adesso che finalmente era morto, aveva dato spazio a chi meritava davvero un lavoro del genere.

A scuola il signor J. aveva conosciuto persone eccezionali, aveva stretto amicizia con i suoi colleghi e aveva avuto modo di confrontarsi con i suoi pari, senza temere di non esserne all'altezza.

Qualche settimana prima aveva incontrato Jamie, una graziosa professoressa sulla quarantina, Paziente soltanto da un paio di mesi proprio come lui. Un paio di sorrisi reciproci, qualche parola scambiata tra un'ora di lezione e l'altra, una cena a lume di candela e Jamie era stata sua.

Si trovava bene con lei, bene come non era mai stato con nessun'altra. Ed era stato facile conquistare la sua simpatia. Il signor J. se n'era meravigliato: non era mai stato un granché nelle relazioni e aveva sempre avuto il terrore di impegnarsi, ma adesso aveva una sicurezza di sé che prima non c'era. Adesso tutto era semplice, tutto era bello e ogni cosa andava precisamente come sarebbe dovuta andare.

La pillola gli aveva donato la vita. Gli aveva dato un posto nel mondo, un ambiente che lo accogliesse, una donna che lo amasse. E, se tutto fosse continuato ad andar bene, tra qualche mese il signor J. avrebbe chiesto a Jamie di sposarlo.

Il signor J. si strinse nel cappotto, rabbrividendo in quel freddo nuovo, molto più dolce degli altri cinquanta autunni della sua vita. Sorrise al cielo, scuro di nuvole gonfie in cui la candida luce lunare sfumava con grazia.

Aveva accompagnato Jamie a casa, dopo aver passato la serata con lei, e si era attardato fuori, nel porticato della sua villa. Gli piaceva starsene lì immobile a guardare la luna, gli alberi mossi dal vento e le foglie che danzavano attorno a lui.

Infilò la chiave nella serratura ed entrò in casa. Tutto aveva un odore diverso adesso, tutto sapeva di fresco e di nuovo. E poi, Jamie... se la immaginava già, mentre si affaccendava in cucina o leggeva il giornale seduta sulla poltrona dello studio, i capelli corvini stretti nella solita adorabile crocchia, le labbra cariche di rossetto e le gambe accavallate, fasciate dalla gonna grigia con quello spacco che gli piaceva tanto.

Si immaginava le chiacchierate notturne, accanto al caminetto acceso; si immaginava di svegliarsi accanto a lei, magari abbracciati in quella stretta che entrambi avevano sognato per anni, o di portarle il caffè a letto la domenica mattina. Si vedeva seduto sul divano del salotto con lei, a guardare insieme un film in televisione. Sentiva il suo odore nel profumo dell'alba e della rugiada che bagnava i fiori appena schiusi del mattino; udiva la sua voce in ogni cigolio della porta, in ogni sospiro del vento e nel battito d'ali delle farfalle. Si vedeva felice con lei, e sapeva che tutto sarebbe andato bene: sapeva che i suoi sentimenti erano ricambiati, sapeva che Jamie lo voleva al suo fianco proprio come lui desiderava di avere lei, e sapeva che, al momento giusto, lei gli avrebbe detto di sì.

Presto quella casa vuota si sarebbe riempita dell'amore che entrambi desideravano, proprio come in una favola. E tutto grazie alla pillola.

Finalmente le cose andavano per il verso giusto.

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