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Passarono due settimane, e ormai Atsuko si accorse che non venissi agli allenamenti da tempo.
Però stranamente non mi chiese mai il perché.
Forse era meglio per entrambe non saperlo e continuare dì far finta dì niente in silenzio.
Quei pomeriggi a casa mi annoiavo parecchio, spesso uscivo a farmi una passeggiata per il quartiere, era piacevole osservare le nuvole illuminate dal sole e gli stormi di uccelli migrare chissà dove. Soprattutto al tramonto, ogni volta il cielo assumeva sfumature diverse. Camminavo semplicemente, senza una direzione precisa per poi tornare sulla strada dì casa.
Uscivo raramente per la città, non volevo mai incontrare dei reporter, ed era molto difficile vederne qualcuno a Miyagi.

Spesso trattenevo l'impulso di prendere il pallone della Molten che avevo in camera e palleggiare un po' fuori contro il muro sul retro. E spesso mi perdevo a guardare le foto appese dei vari traguardi raggiunti, anche le medaglie e la coppa del campionato vinto.
Era successo due anni fa, nella mia vecchia scuola.
Quel giorno ero veramente felice, eppure non lo sapevo.
In realtà erano molti i momenti in cui ero felice e non ne ero a conoscenza, ce ne accorgiamo sempre quando è troppo tardi.
Poi c'era la mia foto preferita delle tante.
Questa l'aveva scattata un fotografo all'ultimo match del campionato.
Era il momento della battuta, io fluttuavo in aria con le braccia tese a schiacciare la palla che avevo all'altezza della mia fronte, in perfetta posizione. Sembrava una dì quelle foto prese da internet, ma era davvero incredibile.
Mi piacque fin dal primo momento in cui il fotografo me la consegnò, tant'è che chiesi dì firmarla sul retro e scattammo una foto assieme.
Sospirai e continuai a sistemare la mia camera quella domenica mattina, per poi uscire e dirigermi verso la cucina.
Passai di fianco la porta della stanza dì mio padre, ma non l'avevo aperta dal giorno in cui l'avevo ripulita.
Mi ricordo che per poco dovevo lavare a terra le mie stesse lacrime.
Fu davvero difficile per me, e da allora non mi azzardavo mai ad entrarci.
Forse volevo immaginarmelo ancora lì, che mi aspettava? O forse non volevo entrare e trovarla vuota, abituata alla sua presenza.
Poi sentii il cellulare squillare, e vidi che fosse Atsuko.
Risposi anche se ero abbastanza confusa da quella chiamata, cosa le serviva la domenica mattina?
Atsuko«Hey bella bionda».
Si divertiva a chiamarmi così anche se avevo i capelli neri.
«Atsuko?»
Atsuko«E chi altro? Senti, ho una proposta da farti».
Iniziava ad attirare la mia curiosità, chissà cos'era.
Atsuko«Mi sono dimenticata dì dirtelo eheh, ma in realtà la squadra maschile ci ha sfidato»
«Proprio la squadra maschile dell'Aoba Johsai?»
Atsuko«In persona. Giocheremo una partita questo pomeriggio nella loro palestra. Che dici, giochi con noi come il buon amato posto 4?».
Rimasi in silenzio per rifletterci, l'offerta era allettante, certo, ma sapevamo entrambe che non avrei giocato.
«Tanto non avrei niente da fare comunque...però sai che non gioco»
Atsuko«Akira dai...ti prego»
«No».
Forse le risposi fin troppo acida, tant'è rimase in silenzio.
«Scusa Atsuko...»
Atsuko«Ma no, lascia perdere. Sta tranquilla»
mi rispose con tono più dolce, come se sapesse che mi sentissi in colpa.
«A che ora?»
Atsuko«Alle 17! Conto dì vederti lí!».

Passarono le ore, e ormai erano le 16:30.
Mi alzai dal divano e andai a prepararmi, mi sarei messa giusto la tuta da ginnastica con i lunghi capelli sciolti, non mi portai neanche un codino per legarli.
Dopo una decina dì minuti uscii e mi incamminai verso la scuola, col rumore delle scarpe che strisciavano contro l'asfalto.
Fin quando non sentii un rumore simile provenire da dietro dì me, anche se molto debole.
Pensai che qualcuno mi stesse seguendo, così mi guardai indietro e notai da lontano una figura alta camminare. Sembrava fosse una figura maschile, con una tuta bianca. Purtroppo non riconoscevo i lineamenti del viso, fin quando non collegai i fili.
"Tuta bianca, alto, maschio".
Impossibile che fosse lui.
Oh non dirmi che fossi così fissata con lui tanto da scoprire il suo indirizzo nel mondo dei vivi e sognarmelo anche.
Se fosse così, ero da chiudere in manicomio.
Decisi dì fermarmi anche se fu il mio corpo a reagire, fin quando non fosse abbastanza vicino.
Oikawa«Katō? Oh si la grande Katō».
Sul suo viso si formò un ghigno scaltro.
Non ci credevo che fosse così dannatamente simile alla mia fantasia...
«Smettila, non è più il mio soprannome»
Oikawa«Ma come, non sei tu Katō Akira, la grande campionessa?»
«Lo ero una volta»
Oikawa«E getti la spugna così facilmente? Guarda che la tua identità è sempre la stessa».
Maledizione
ammetterlo a lui forse era una delle più sbagliate scelte che potessi fare in quel momento.
Poi arrivò dritto davanti a me, quindi alzai leggermente il capo per guardarlo.
Oikawa«Dimmi che giochi...fremo dall'eccitazione di giocare contro dì te».
Quel suo fare provocante mi stava leggermente destabilizzando, ma non potevo mica perdere l'orgoglio così.
«Mi dispiace, non te la sei guadagnata questa opportunità».
Mi girai e continuai a camminare, col castano che mi seguiva.
In un certo senso mi sentivo così protetta, provavo una sensazione così familiare tanto da odiarla.
Ancora, ancora la cotta per lui.

Varcammo la porta della palestra e notai che già buona parte dì entrambe le squadre fosse lì.
Oikawa«Ragazzi! Ma quale onore, stavate aspettando solo me!»
Iwaizumi«Muoviti a cambiarti, cazzone».
Yamashita«Akira!».
Vidi le mie compagne illuminarsi di speranza a vedermi, così rivolsi loro un leggero sorriso.
«Sono venuta a vedervi...».
In quel momento tutti si girarono a guardarmi straniti, mancava solo lo sguardo dì Oikawa che già era nello spogliatoio.
Solo ora mi accorsi che noi eravamo gli ultimi che mancassero in realtà.
Abbassai lo sguardo leggermente imbarazzata dì averli delusi, così mi diressi verso gli spalti ma la mano di qualcuno mi bloccò.
Atsuko«Almeno siediti sulla sedia del coach...sei più vicina».
Annuii e poi mi sedetti sulla sedia pieghevole nera.
In quel momento tornò anche il palleggiatore avversario, euforico dall'idea di giocare.
Oikawa«Allora, Capitano!».
Sentii i miei muscoli che stavano per scattare dalla sedia, ma riuscii a fermarmi in tempo.
Atsuko«Dimmi tutto stronzetto».
Alcuni della squadra maschile ridacchiarono.
Oikawa«Giochiamo tre set, chi ne vince tre vincerà la cena offerta dalla squadra!
Sganciate i soldi, donzelle»
Atsuko«Oh io non sarei così sicura al tuo posto. Quindi in casi estremi giocheremo 5 set?»
Oikawa«Mi sembra ovvio».
Lui tese la mano, e lei la strinse.
Sembrava una vera e propria dichiarazione di guerra.
Poi fecero il sorteggio della battuta, e incominciavano le ragazze.
Mi accomodai su quella sedia scomoda pronta a vedere la faida tra quelle sue squadre agguerrite.
Ormai ci stavo prendendo l'abitudine ad osservare mentre man mano, senza rendermene conto, perdevo sempre dì più l'abitudine del contatto con la palla...

—angolo autrice
Capitolo più lungo oggi, stranamente si
Fate esplodere questo sequel come il primo libro su su
Al prossimo capitolo.

𝑁𝑜𝑛 𝑎𝑏𝑏𝑎𝑛𝑑𝑜𝑛𝑎𝑟𝑚𝑖 𝑎𝑛𝑐𝑜𝑟𝑎 -Oikawa Toru-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora