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Sentii la tremenda suoneria della sveglia e l'assordante vibrazione del telefono contro il comodino, ma non aprii ancora gli occhi.
«Ricordami di cambiare suoneria...».
Ah si, parlavo spesso da sola. Forse era un metodo della mia coscienza per colmare il vuoto dentro casa, poteva sembrare stupido, mediocre, osceno, ma mi aiutava.
Mi aiutava parecchio.
Sconfitta mi liberai dalle coperte e ancora scombussolata mi alzai dal letto, dirigendomi in cucina.
Accesi il bollitore e guardai per l'ennesima volta quelle tremende cicatrici.
Già...era successo tutto quello.
Sembrano passati mesi...anni. Quello stupido sogno mi sembrava esser durato secoli, e ancora non riuscivo a perdonare la mia piccola mente arrapata e disperata.
Chi mai sognerebbe una cosa del genere? Chi si creerebbe una storia dettagliata con la persona che desidera come un'insolente?
Per poco non mi tagliai il dito mentre dividevo il limone a metà, e quello servì a risvegliarmi dal mio tormento giornaliero.
Non riuscivo a smettere dì pensare agli ultimi mesi, ma adesso non avevo tempo.
Dovevo tornare a scuola.
Bevvi il tè e tornai in camera a prepararmi. Infilai la divisa e le cuffie, mi guardai allo specchio e abbassai le maniche della camicia sperando che quei tagli profondi non si vedessero.
Uscii di casa con la musica che mi teneva compagnia come sempre, lei è l'unica a non potermi mai tradire.
Mi consolava in silenzio, qualsiasi fosse l'occasione.
Provai ad incoraggiarmi che tutto sarebbe andato bene, ma la pressione che mi metteva quell'istituto...non riuscivo a reggerla.
Quegli sguardi penetranti che mi scrutavano delusi, nauseati dal mio fallimento.
Ero una stella, ero una campionessa dì pallavolo, ma ero finita in quello stato.
Ora la pallavolo potevo solo guardarla dagli spalti, sia per condizioni fisiche, che per la mia volontà.
Non me la sentivo dì infangare la squadra col mio nome, dì sporcare il pavimento coi miei passi e lasciare le mie impronte sul pallone.
Non sentivo dì permettermelo ora che i giornali mi descrivevano come la star decaduta.
Una volta mi divertivo, una volta sentivo mio questo sport.
Oggi,
oggi sento solamente dì rovinarlo con la mia presenza.

Atsuko«Hey pensierosona, ma a che pensi ogni volta che cammini da sola? Sembri così concentrata! Chi sarà, la tua cotta?».
Mi rivolse un sorriso smagliante e amichevole, io risposi con un piccolo sorrisino.
«Ma smettila...».
Oddio, la mia cotta.
Non gli avevo più parlato da quella imboscata in preda agli ormoni del primo semestre, non l'avevo neanche cercato.
Ma ammetto che non potevo fare a meno di guardarlo se lo incrociavo nei corridoi.
I miei sentimenti per lui non si sono cancellati come speravo, anzi...tutto il contrario.
Quando immaginavo pezzi di quel sogno, volevo solamente che fosse la realtà.
Ormai credevo che solo quello avrebbe potuto rendermi felice ora.
Atsuko«Oh sisisisi scommetto che pensi a lui! Lo vedo! Lo leggo nei tuoi occhi Akira-ira»
«Akira-ira?»
Atsuko«Avevo bisogno dì un nuovo nome!»
«Contenta tu...».
In incerto senso ricominciare la scuola quando ormai eravamo a metà anno era molto strano.
Non mi sentivo più parte della scuola, e credo che nemmeno i miei compagni lo desiderassero molto.
Quelle loro occhiate parlavano senza voce, non c'era bisogno dì dirmi altro.
Entrammo in classe e salutammo il professore, lui ricambiò come se niente fosse.
Chiesi io stessa ai professori della nostra classe dì non doversi preoccupare della mia salute e di non aprire il discorso. Odiavo parlarne.
Atsuko era l'unica persona al mondo che lo sapesse, e così doveva essere.
Atsuko era l'unica che non mi avrebbe mai abbandonato.
Non sono ancora riuscita mai a ringraziarla, qualche volta dovrei comprarle i suoi dolci preferiti.

Alla fine della giornata scolastica, mi diressi in palestra con la mia amica.
Lei andò verso gli spogliatoi, io sugli spalti.
Tirai fuori gli occhiali e mi appoggiai alla ringhiera pronta a vedere il loro allenamento. Non ne ho mai saltato uno.
Vi starete chiedendo perché scommetto.
Beh cosa c'era dì meglio che vedere le proprie compagne sgridate dall'allenatore?
Scherzi a parte, volevo vederle giocare, volevo vederle vincere, volevo vederle perdere.
Faceva male, molto male, ma ho sempre ammirato le mie compagne dì squadra. Non potevo far altro che continuare a supportarle, anche perché meritavano questo ed altro.
Era il loro momento dì splendere, dimostrare a tutti la loro forza e che non esistessi solo io in quella squadra. Tutte quante erano forti, e avrebbero vinto il campionato, ne ero certa.
Guardai silenziosamente quei palloni che venivano scaraventati a terra o raccolti dalle braccia delle giocatrici, così per ben due ore.

Una volta finito, tutte andarono a cambiarsi e successivamente uscirono dalla palestra.
Raccolsi la mia roba e portai gli occhiali sulla testa, scesi dagli spalti e aspettai Atsuko.
Atsuko«Quindi? Andiamo?»
«Questo volevo dirti, io...vorrei vedere una cosa qui. Tu comincia ad andare, ci vediamo domani».
Le rivolsi un sorriso per convincerla ma lei mi guardò interrogativa.
Atsuko«Sicura vada tutto bene?»
«Certo...».
Annuì e uscì dalla palestra, lasciandomi sola in quell'enorme campo.
Rimasi lì, in piedi, con le mani nelle tasche, ad osservare la rete.
Vari ricordi affiorarono, tutte quelle schiacciate memorabili, quei muri soddisfacenti, le finte degli avversari. Ricordare quei tempi mi faceva stare bene, ma allo stesso tempo feriva nel profondo.
Poi il mio sguardo ricadde sulla cesta dei palloni.
Splendevano sotto i riflettori con quei colori luminosi e sgargianti, e forse era una mia impressione, ma sembravano brillare e chiedevano dì essere toccati.
???«Quello sguardo triste non ti dona».
Mi fermai immobile sul posto, sentendo la voce dell'ultima persona che mi aspettassi di trovare.
Sentii il cuore battermi all'impazzata e persi il respiro per un attimo.
"Non ci credo, è dì nuovo qui...È qui"
Girai il capo e osservai la sua figura.
Alta...slanciata, imponente, tonica.
Era mille volte meglio della mia fantasia.
«Non si usa bussare, Oikawa?».
Si avvicinò di un passo dalla porta, e adesso potevo osservarlo anche meglio.
Oikawa«Beh volevo fare un'entrata d'effetto»
«Oh Grande Re...».

—angolo autrice
contente di rivedermi?
ah non credo, probabilmente mi odiate ancora da quel ventiquattresimo capitolo.
Beh come biasimarvi.
Mi chiedo se qualcuno effettivamente lèggerà questo sequel.
Al prossimo capitolo.

𝑁𝑜𝑛 𝑎𝑏𝑏𝑎𝑛𝑑𝑜𝑛𝑎𝑟𝑚𝑖 𝑎𝑛𝑐𝑜𝑟𝑎 -Oikawa Toru-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora