2. Valzer dei morti

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Dicono che si muoia due volte. Una volta quando si smette di respirare e una seconda volta, un po' più tardi, quando qualcuno dice il tuo nome per l'ultima volta.
Banksy

A volte mi sembrava di camminare con le ombre. Mi sembrava di vederle ai lati delle gambe, annodate alle caviglie. A volte mi sembrava di averle al mio fianco mentre dormivo, mentre studiavo, mentre camminavo. Mi sembrava che ci fossero in ogni momento della mia vita.

Alcune volte era inquietante, sapere che di trovarle sempre lì. Altre era quasi un sollievo, sapere che in un modo o in un altro non sarei mai stata sola e che almeno loro non mi avrebbero abbandonato.

In questo momento, però, avrei preferito non averle. Avrei preferito non sentire la loro morsa gelida salire lungo la schiena.

Avrei preferito essere sola.

Nel nanosecondo in cui realizzai cosa aveva detto, il ragazzo si era già dileguato nella folla.

Mille domande mi balenavano in testa.
chi?
perché lo ha fatto?
perché, se è stato un suicidio, c'è l'auto della polizia qui a scuola?

Ma non avrei potuto dare una risposta a nessuna di queste domande se fossi rimasta lì imbambolata.

"Eden. EDEN! Ma che hai, stai avendo un attacco di panico?" sentii una voce urlare da un punto indefinito.

All'improvviso tutto divenne nuovamente chiaro, i suoni distinti. Riuscivo a vedere gli armadietti e a sentire gli schiamazzi degli studenti.

Mi resi conto che Sarah mi stava scuotendo e tormentando la spalla con fare preoccupato. Probabilmente sembravo in agonia.

"No Sarah sto bene. Andiamo a vedere" cercai di tranquillizzarla.

"Sei sicura?

Non le risposi, le lanciai un'occhiata come per dire "sto bene seguimi o rimani qui a fissarmi andare via" e mi avviai lungo il corridoio spintonando gli altri per farmi spazio.

Lei ovviamente capì subito e mi seguì.

Conoscevamo bene questa scuola, la strada per il cortile ci era nota "due volte a destra, in fondo".
Uscita all'aperto sentii l'aria fredda di novembre colpirmi il viso. Le auto della polizia erano due, portatrici di un funesto presagio.

Nella prima auto c'era un poliziotto dall'aria stanca e annoiata di chi avrebbe voluto essere al bar a bere un caffè intento a parlare alla radio con qualcuno, probabilmente un altro agente.

Il suo collega, un uomo pelato sulla cinquantina, allontanava i curiosi troppo invadenti. O almeno ci provava. La seconda auto invece era vuota.
Ma lo sarebbe stata per poco.

Due poliziotti con aria seria uscirono dalla scuola portandosi dietro un ragazzo ammanettato.
Si sentirono esclamazioni provenienti dalla folla. Grida di stupore, perfino di rabbia. Ma nessuno, realmente, sapeva cosa fosse successo.
Ma tutti sapevano chi fosse lui.

"Ma che diavolo ci fanno quelli con lui?" sentii Sarah dire. Non lo sapevo nemmeno io.

Joseph Jones, anche detto JJ, un ragazzo con una reputazione che lo precedeva, era portato a braccetto da due poliziotti lo stesso giorno in cui un misterioso ragazzo si era tolto la vita. Non poteva essere una coincidenza.

La mia curiosità e la propensione per il macabro presero il sopravvento.

"Non ne ho idea. Aspettami qui" risposi a Sarah, e mi incamminai tra la folla spingendo e chiedendo scusa quasi contemporaneamente.

TenebrisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora