11. Tutto...

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L'amore è una grave malattia mentale.
Platone

Ed è proprio quando sembra che non possa andare peggio che il mondo ti mostra di cosa è capace. Quel 5 Dicembre il mondo mostrò quanto fosse crudele e ingiusto.

Mi svegliai di buon mattino, ancora prima del solito orario. Fuori il cielo era ancora buio ma nel silenzio si sentivano i motori delle auto dei lavoratori che uscivano di casa.

Il giorno prima non ero andati a scuola a causa di un raffreddore tremendo. Evidentemente andare in giro alle 7:30 di mattina con 5 gradi all'ombra non era stata un'idea geniale.

"Ti vesti sempre troppo leggera, è per questo che ti ammali" sbraitò la mamma quando mi vide tornare con il naso rosso e i brividi.

Ero stata a letto tutto il pomeriggio a guardare serie tv e a godermi quel giorno di riposo. Purtroppo però era finito, e adesso che mi sentivo meglio sarei dovuta tornare alla routine scolastica.

Mi alzai dal letto e mi avvicinai alla finestra a osservare la luna che calava all'orizzonte. Abbassai lo sguardo e vidi il parco che io ed Ellen adoravamo da bambine. Dicevamo sempre che da grandi saremmo andate a vivere insieme in una grande casa sul mare con un giardino da fare invidia persino a quello, pieno di fiori di ogni colore.
Poi il sogno era finito e siamo tornate alla realtà.

Sentii dei passi nel corridoio e la porta aprirsi. Non fu necessario girarsi per capire che era la mamma, dato che Christian era troppo pigro per svegliarsi così presto.

Si avvicinò alla finestra e mi diede un bacio sulla nuca
"Perché già sveglia?" la sua voce era dolce e per niente assonnata, probabilmente era già in piedi da diverso tempo. È sempre stata la più mattiniera della famiglia.

Con la sua corporatura esile e il metro e sessanta si nascondeva perfettamente dietro di me, che invece ero alta e magra a punto giusto. I suoi occhi verdi erano pietre di giada perfino in questa oscurità.

"Non lo so, mi sono svegliata e non sono riuscita più a prendere sonno" la verità era che, oltre i miei soliti pensieri, mi tormentavano un paio di occhi blu.

"Sarà stato che ieri non hai fatto niente e non ti sei stancata come al solito" dedusse lei.

"Probabile". Ci fu un attimo di silenzio, poi continuai "Ti manca?"

Lei rimase un attimo interdetta, poi vide ciò che stavo guardando e il suo viso si addolcì. Non le biasimai il momento di smarrimento, anche lei aveva perso così tante persone durante la propria vita che a volte perdevi il conto.

"Certo che mi manca" attraverso il riflesso vidi che i suoi occhi guardavano nostalgici il giardino accanto e tornavano indietro nel tempo, tanti anni e dolori prima.

"Come si fa a vivere dopo aver perso tanto?" chiesi impassibile. I suoi occhi incontrarono i miei nel vetro della finestra come se fosse uno specchio.

"Si mette da parte il dolore in un cassetto e lo si chiude a chiave, ma attenzione" alzò un dito e lo puntò verso il mio riflesso "non buttarla mai. Aprire quel cassetto ti aiuta a ricordare di non dare niente per scontato e che niente è eterno. Ti aiuta a non sprecare le opportunità che ti sono date e a non allontare le persone che ti amano. Il dolore ti migliora, anche se non lo sai"

TenebrisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora