14. Come musica

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Non trasformare i tuoi pensieri nelle tue prigioni.
William Shakespeare

Non avrei mai voluto che la vita assumesse nuovamente quell'aspetto, come se la vivessi dall'esterno, osservando le mie azioni attraverso uno specchio d'acqua che non mi permetteva di intervenire. Tutto sembrava scorrere sotto i miei occhi come un film, in cui si urla alla protagonista che quella decisione è sbagliata, ma tanto lei farà comunque di testa sua.

Infondo i film sono così, nonostante tutte le scelte sbagliate e gli errori lei troverà l'uomo della sua vita, si sposerà, avrà il lavoro dei suoi sogni e vivrà per sempre felice e contenta. Ma questa è la vita vera.
E la vita vera fa schifo.

Passai i 4 giorni dopo quel sabato tra studio e parenti entusiasmati del nuovo futuro matematico della famiglia. Per quanto mi riguardava non riuscivo a godermi a pieno la notizia, non ero riuscita nemmeno a dirlo a Sarah nella confusione generale. Mi ripromisi di farlo il prima possibile.

Aster aveva provato a parlarmi a scuola, ma non mi sentivo ancora pronta per avere una conversazione con lui. Ero disorientata e il suo atteggiamento colpevole non mi aiutava a schiarirmi le idee. Ero quasi certa che fosse sinceramente dispiaciuto per la discussione di sabato, ma dato che avevo iniziato ad ignorare i suoi messaggi tanto valeva lo ignorassi anche di persona.

La mattina del 10 Dicembre mi promisi due cose: che avrei detto a Sarah di Harvard e che avrei capito che fare con Aster.

Mi vestii e scesi in cucina dove trovai mamma e, stranamente, Chris che parlavano tra di loro. Appena entrai in cucina alzarono lo sguardo verso di me e il sorriso appena accennato della mamma si allargò ancora di più.

"Buongiorno amore" disse la mamma.
"Il piccolo genio signore e signori" ironizzò Christian.

Alzai gli occhi al cielo, non sopportavo che facesse così.
"Di che parlavate?" chiesi avvicinandomi e appoggiandomi al tavolo di marmo. I due si guardarono intensamente prima di rispondere.

"Stavamo dicendo che, nella fretta, non avevo pensato a quanto fosse lontano Harvard" disse la mamma.

Oh lo sapevo bene, circa 3090 miglia, che sarebbero circa 4790 chilometri, che equivale a quasi due giorni di macchina. Mi sembrava che fosse dalla parte opposta del mondo.

"Io ci ho pensato, ma non mi va di parlarne adesso, il bus sta arrivando. Ci vediamo dopo" presi una brioche al volo, diedi un bacio alla mamma e una pacca dietro al collo a Christian e uscii di casa. L'ultima cosa che mi andava di ricordare era che avrei dovuto lasciare tutta la mia vita.

C'era una differenza colossale tra Harvard e l'università di Berkeley per cui avevo fatto domanda, che si trovava a un ora da casa mia. Ammettevo di non essere stata molto ambiziosa cercando di rimanere in California, ma dentro di me non mi sentivo di abbandonare quel luogo dove anche Ellen aveva vissuto. Ovviamente per quanto il suo si possa chiamare vivere.

Arrivata a scuola cercai subito il modo di risolvere il primo punto della giornata, parlare con Sarah. La cercai al solito posto ma sfortuna volle che con lei ci fossero Lucas e Will.

che palle

Non dirlo a me.

Non avevo voglia di parlare con loro, volevo solo comunicare quella notizia a Sarah e andarmene per la mia strada. Mi avvicinai e sentendoli parlare di cose ordinarie di scuola mi rilassai. Almeno non avrei dovuto affrontare con loro l'argomento "Aster".

"È assurdo che il coach abbia nominato capitano quell'idiota, non riesce neanche a controllare il suo cane figurati venti sedicenni" stava sbraitando Lucas.
Sarah scuoteva la testa mentre Will rideva sotto i baffi. Lui fu il primo a notarmi e come per magia il suo sorriso scomparve.

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