Capitolo 30 • Labbra

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*Quando quei pensieri furono estinti, o almeno in parte, quanto basta per alzarsi ed andare avanti, Mikasa tornò alla realtà, ed andò a pranzare con suo zio. La sala da pranzo era molto spaziosa e moderna, i pensili brillanti ed il fornello a induzione davano un senso di freschezza alla sala che unita al bianco freddo delle pareti, e ai raggi solari che sbattevano su essi, rendevano la stanza molto luminosa. E mentre Kenny cucinava, Mikasa gli andò a fianco per cominciare una conversazione.*
Mikasa: cosa fai?
Kenny: della semplice pasta, lo sai che non so cucinare.
Mikasa: vuoi aiuto? *disse puntando lo sguardo verso quello di Kenny*
Kenny: hai pianto?
Mikasa: no
Kenny: non mentire, almeno non farlo con me, lo riconosco subito quando qualcosa non va.
Mikasa: vuoi aiuto? *cercò di sviare il discorso*
Kenny: non voglio sapere il motivo ma non voglio neanche che tu stia male, quindi tira fuori quello che hai dentro in qualche modo *portando Mikasa vicino al suo busto*
Mikasa: e in che modo? *domandò ricambiando l'abbraccio*
Kenny: che ne dici se sta sera andiamo a fare festa?
Mikasa: cioè? *ridacchiò*
Kenny: sta sera organizzo una serata disco al locale magari vieni anche tu, così ti distrai un po'
Mikasa: mm va bene...
Kenny: dai ora siediti a tavola che ho fatto la tua preferita, la pasta al sugo.
Mikasa: è la mia preferita perché è l'unica che mi hai cucinato in tutta la vita.
Kenny: queste battute le posso fare solo io
Mikasa: ok ok

*Kenny oltre a essere lo zio casinista è anche il proprietario di un locale in cui ogni sera c'è una serata a tema, è uno dei bar più conosciuto proprio perché sempre nelle bocche di tutti per i casini che succedono, un posto dove le persone ferite, o annoiate o semplicemente che vogliono fare casino posso lasciarsi andare al libero sfogo.

Dopo il pranzo Mikasa, si rinchiuse in camera sua, Kenny era uscito per andare a fare delle commissioni, e lei era rimasta a casa da sola. Si guardò allo specchio, indecisa su cosa mettere per la serata, e si vide strana, cambiata, le sue guance non erano rosacee e le labbra non erano arrossate dai baci, "come cambiano le cose in 24h" pensò un po' spaesata, per poi rimettersi concentrata con lo sguardo sull'armadio, ma era più forte di lei, ad ogni vestito adatto per la serata, pensava ad Eren imbarazzato, o ad Eren geloso e protettivo, a quell'Eren di cui era tanto innamorata, quell'Eren che la faceva sentire bella, che la faceva respirare. Non fu facile, non lo è mai, tra tutti i vestiti appariscenti ci fu anche qualche lacrima, ma non si può comprimere la mancanza di quella persona, è come una pugnalata, per quante garze avvolgerai, per quanta carta tamponerai sul pavimento insanguinato, per quanto cerchi di comprimerla, il buco c'è, ed è anche profondo, il sangue non smetterà di sgorgare fino a che non lo tapperai in qualche modo.
Sentendo la porta sbattere, Mikasa si asciugò le lacrime e prese dall'armadio il primo vestito, ed ormai sera si iniziò a preparare.*

Kenny: Mikasa sei pronta?
Mikasa: si arrivo *Mikasa scese dalle scale con un tubino nero scollato sulla schiena, tacchi a spillo e rossetto rosso*
Kenny: ci sei andata giù pesante eh
Mikasa: devo provare ad andare avanti.
Kenny: brava così ti ho insegnato, andiamo dai

*Il bar di Kenny, già pieno di gente, era tutto illuminato dalle luci neon, la musica si sentiva molto forte, anche se ci passavo davanti in auto, proprio allo stile "Kenny". Non era un locale piccolino, anzi era parecchio grande, un misto tra l'elegante ed il rustico.

Mikasa si sedette al bancone del bar, ed iniziò a chiedere drink uno dopo l'altro, senza mai fermarsi. Kenny era già andato a fianco al dj per diventare l'anima della festa. Pian piano il dolore che Mikasa provava venne temporaneamente sopraffatto dall'alcol, tutto ciò che voleva era dimenticare Eren anche per una notte, anche per un minuto, di non voler sentire il bisogno costante del suo profumo, vuole sentirsi piena di qualcosa per poter comprimere la voragine che sentiva nel petto, e per quella sera, quel qualcosa era l'alcol. Non le importava se fosse stata male, sinceramente sentiva di meritarselo, sentiva di aver portato, anche se inconsapevolmente, la loro rottura, avrebbe dovuto parlare subito a Levi e non nascondersi, ma ormai il passato non si può cambiare, e buttare giù il nono drink era l'unica cosa che il suo cervello le chiedeva di fare.

Ormai ubriaca fradicia si mise a ballare in mezzo alla pista, sentiva gli occhi puntati addosso, e mentre si muoveva in modo sensuale, sentì delle mani cingergli i fianchi, "finalmente Eren è venuto a prendermi" pensò la sua mente inebriata dall'alcol, sentì quelle mani avvicinarsi a lei con tutto il busto, e seguendo i suoi movimenti ondeggianti, le appoggiò il bacino sul fondoschiena (intendiamoci). Il buio rendeva tutto più misterioso, e quella figura maschile non fu chiara a Mikasa, fino a che si girò e posò le sue labbra su quelle del ragazzo. Il bacio duro qualche secondo e le sembrò diverso, non aveva il sapore di menta, la freschezza delle labbra fini, e il calore della lingua, senza neanche guardare in faccia il ragazzo, si rese conto che non era Eren. La sua mente era talmente bisognosa di lui che si era illusa che il primo coglione che glielo sfregava sul culo fosse il ragazzo che lei amava.
I momenti successivi furono molto incasinati, sentiva il senso di colpa nelle ossa, sentiva la sua mancanza, sentiva di aver bisogno di lui, più di ogni altra cosa la mondo, voleva che le sue mani percorressero il suo corpo come la prima volta, che i suoi occhi vedessero il suo seno arrossato dai succhiotti, voleva aprire gli occhi la mattina e vedere alla sua schiena piena di graffi, voleva accontentare il suo istinto animale, sentire il respiro affannato sul petto, vedere la fronte corrucciata e perdersi nei suoi occhi brillanti, voleva sentirsi di nuovo completa.*

𝐴𝑙𝑡𝑟𝑖 𝑠𝑒𝑡𝑡𝑒 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑖... EREMIKA❤️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora