Capitolo III

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Kat fece il suo ingresso nella sala degli interrogatori impettita e, con pochi passi svelti, raggiunse il tavolo a cui erano seduti la donna e il bambino. Entrambi si irrigidirono e si ritrassero subito non appena la videro entrare.

"Buongiorno. Sono l'ispettrice Kat Benatar." disse Kat con freddezza, mettendosi a sedere dalla parte opposta del tavolo rispetto a loro.
"Buongiorno..." fece la donna con altrettanto distacco. Il bambino, in quel frangente, si strinse ancora di più alla mamma.
"Non avete un nome?"
"Mi chiamo Rachel Lapp... Lui è mio figlio Eliah. Saluta, dai!"
"Buongiorno, ispettrice."
"Così va meglio."

D'un tratto, il brontolio dello stomaco di Eliah irruppe senza preavviso nella discussione.
"Ma voi da quanto tempo state qui senza mangiare?" chiese Kat esterrefatta.
"Da quando è successo... il fatto." rispose Rachel usando tutto il pudore possibile.
"Non ho parole...  Andiamo, forza, venite con me."
"Dove ci vuole portare?"
"Tranquilli. Stiamo solo andando a sederci nella caffetteria qui di fronte la stazione."

Rachel ed Eliah non si mossero nemmeno a sentire quelle parole. Kat allora capì che erano troppo scioccati da quella situazione e da quell'ambiente, così alieno per loro. Se voleva avere la loro fiducia, doveva avere molta pazienza e comprensione.
"Coraggio, andiamo a mangiare qualcosa e a prendere un caffè. Fidatevi di me, vi farà bene cambiare un po' aria..." disse lei con un tono molto più condiscendente.

***
Mama Joey era una sorta di succursale del commissariato. Generazioni di agenti e investigatori, tra un turno e l'altro, erano passati da quella caffetteria per rifocillarsi almeno una volta nella loro vita. Da che esisteva niente era mai cambiato, né il mobilio né la proprietaria. Quel posto aveva da sempre un aspetto sdrucito e informale, a misura di una clientela poco avvezza alle formalità.

Quando attraversò l'ingresso della caffetteria con al seguito Rachel ed Eliah, Kat sentì tutti su di sé gli sguardi stupiti ed indagatori dei presenti in sala. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare due amish in un posto del genere.
"Tranquilli, sono solo degli zoticoni. Statemi accanto, ignorateli e nessuno farà più caso a voi." disse Kat, percependo appieno il disagio di entrambi.
Si misero a sedere e subito giunse una cameriera sorridente a prendere l'ordine.
"Ci porti due caffè e una cioccolata. Ah, e due fette di torta al limone."

Non appena la cameriera si allontanò, Kat tirò fuori dalla tasca degli spiccioli e li porse ad Eliah.
"Perché non vai al bancone e non ti scegli una ciambella? Io un attimo parlo con la mamma, ok?"
Eliah non seppe cosa fare in quel momento, così rivolse il suo sguardo verso quello della mamma, la quale gli diede l'assenso per alzarsi.

Entrambe così rimasero per un momento sole, in silenzio. Rachel teneva sempre lo sguardo basso ed evitava di guardare in ogni modo Kat.
"Mi dispiace siate finiti invischiati in una situazione del genere..." disse Kat per rompere il ghiaccio.
"Ispettrice, quando possiamo tornare a casa?"
"Suo figlio è testimone di un omicidio. Se riusciamo a farlo parlare in fretta, possiamo identificare l'assassino e arrestarlo...  e voi tornerete a casa."
"Mio figlio è spaventato. - fece Rachel con tono fermo. - Io sono spaventata. È un giorno che siamo circondati da gente armata!"
"Mi aiuti a far parlare suo figlio. Lo tranquillizzi, se vede che lei è serena si rasserenerà anche lui."
"Per lei è facile..."
"Come mai vi trovate in città?"
"Eravamo di passaggio. Attendevamo la coincidenza del treno per andare al villaggio di mia cugina."
"E lì suo figlio è andato in bagno..."
"Esatto..."
"È la prima volta che venite in questa città?"
"Sì. Sia per me che per Eliah. Per noi è tutto nuovo qua."
"Davvero?!"

Eliah fece ritorno al tavolo con due ciambelle al cioccolato. Nello stesso momento giunse anche la cameriera a portare la loro ordinazione. Mentre Kat si avventò subito sulla sua fetta di torta al limone, Rachel ed Eliah si raccolsero a occhi chiusi in un momento di preghiera.

Così Kat distrasse la sua attenzione dal suo dolce e si soffermò a osservarli in silenzio. In particolare guardò Rachel.

Dapprima fu la curiosità per quel suo aspetto, bizzarro e spartano al tempo stesso, ad attrarla. Poi l'occhio fece l'abitudine a tutta quella stravaganza e ad attirarla fu altro. Si soffermò sul taglio dei suoi occhi piccoli e scuri, i capelli dello stesso colore che uscivano fuori dalla cuffia e poi quell'innata dolcezza che traspariva spontanea da ogni suo gesto. Si stava rendendo conto che la vista di quella donna le era piacevole. Esercitava un magnetismo in lei che nemmeno ricordava esistesse. Era come provare di nuovo del calore dentro di sé. Kat però si vergognò ad avere quei pensieri nella testa, visto il momento così teso: era davvero così vanesia?

Finita la preghiera, Eliah porse sottovoce una domanda alla mamma, non abbastanza da non farsi sentire da Kat però.
"Mamma, ma la signora non prega?"
All'improvviso, irruppe nel loro dialogo la voce di un uomo alle loro spalle.
"Ehi, guarda chi c'è! Kat Benatar!"
Dopo essersi annunciati in quel modo, alla loro tavola si avvicinarono due uomini, uno dei quali di colore. Erano anche loro poliziotti, a giudicare dal distintivo attaccato alla cintura dei loro pantaloni.

Kat non si mosse di un millimetro, non si apprestó nemmeno a voltarsi nella loro direzione. Invece, saltò subito agli occhi di Rachel ed Eliah quanto lei si fosse improvvisamente irrigidita.
"Benatar! Sei tornata al lavoro? Pensavamo ti fossi dimessa!"
Kat non disse nulla e fece cenno a Rachel di non rispondere.
"Che c'è, hai ospiti? Abbiamo interrotto qualcosa?"
"Si tratta di lavoro, grazie."
"Bè, sapevo che non stessi bene ultimamente, ma non addirittura da sedurre una cosplayer! Allora buon lavoro!" disse uno dei due scoppiando in una fragorosa risata.
I due allora si allontanarono, ma non abbastanza da non far giungere alle loro orecchie il resto della loro discussione.
"Dai, sei un cretino, la sua compagna è morta!"
"Ah, ma fattela una risata! Li hai visti quei due?"

Kat notò che l'espressione di Rachel era cambiata in maniera radicale. Si offese tantissimo e poi se la prese con sé stessa. Nella più tranquilla delle ipotesi, una donna omosessuale era agli occhi di una donna amish un'emanazione di Satana. Come aveva potuto lasciarsi andare così ai propri istinti, con la persona più sbagliata possibile? Non c'era alcun motivo logico per cercare di fare buona impressione con Rachel, non sarebbe andata con lei oltre una distaccata formalità.

"Comunque no, Eliah, io non prego. Non ho intenzione di credere in qualcosa per cui io sono un errore."
"Era come lui." disse all'improvviso Eliah.
"Cosa? Chi era come lui?"
"L'assassino... era di colore, come quel tizio che è venuto a parlarci."
Dopo quell'inaspettata rivelazione, Kat trascinò nuovamente in commissariato Rachel ed Eliah per il riconoscimento dei sospetti.

Io ti salveròDove le storie prendono vita. Scoprilo ora