Ordino la mia scrivania perché odio in modo assoluto quando qualcosa è fuori posto. Tutto deve stare nella posizione che la mia mente ritiene essere corretta.
Sono turbata dall'incontro avvenuto due sere fa? Quanto basta per far si che le mie manie di controllo si esprimano al massimo e i miei nervi possano essere palpabili.
Mi dispiace di aver mentito? No, decisamente no. Anzi, è la cosa di cui sono più fiera.
Sono orgogliosa di come sia riuscita a mantenere il controllo senza scoppiare a piangere subito, anche perché non è di certo da me piangere, proprio per nulla.
Controllo un'ultima volta l'ufficio prima di chiudere la porta ed uscire finalmente da questo edificio.
Non credevo che fare il lavoro dei miei sogni mi avrebbe portato tanta infelicità, probabilmente perché questo decisamente non è il lavoro dei miei sogni..o meglio, lo sarebbe se solo il mio capo avesse un minimo di fiducia in me. Dice che sono ancora troppo giovane e che fare un po' di gavetta non mi farà male, ma sono ormai quasi due anni che faccio da gavetta e mi sembra che portare il caffè tutte le mattine a quel rincoglionito di suo figlio non mi insegni chissà quale fondamentale lezione di vita.
Anzi, probabilmente si, e magari è anche la più importante: i favoritismi esistono eccome.
Forse Calvino aveva ragione con la questione della predestinazione, no?
Ora mi calmo, sto dicendo un sacco di idiozie, è stata solo una giornata difficile.
Appena metto piede dentro l'appartamento sento subito che qualcosa non va. Innanzitutto non c'è odore di incenso e visto che sono le quattro del pomeriggio è strano, solitamente Genesis a quest'ora medita e spruzza odore di incenso ovunque. Poi, oltre all'assenza di quest'odore, sento più di una voce provenire dalla casa.
«Genesis? Sei tu?» chiedo, appoggiando le chiavi nel cestello e togliendomi il cappotto.
Spero bene che non abbia deciso di fare un festino con le sue amiche dello yoga altrimenti faccio prima a lanciarmi dalla finestra e morire.
«Si! Siamo in sala, vieni» non la volevo questa conferma, sarò sincera.
Entro nel salotto e vedo Genesis ridacchiare insieme ad un ragazzo. Il mio cervello ci mette due secondi a capire di chi si tratti e quando me ne accorgo è purtroppo troppo tardi poiché mi hanno già visto.
Forse era meglio il gruppo di yoga a questo punto.
«India! Vieni, ti presento Ashton, il nostro nuovo vicino di casa»
Credo che il pallore del mio volto e la mia momentanea paralisi facciale parlino da sole «Ciao» dico a voce talmente bassa che probabilmente mi hanno sentito solo i morti.
Mi do una pacca mentale e mi avvicino ai due, cercando di fingere il mio miglior sorriso falso, sperando in un qualche intervento divino. Non ho mai voluto così tanto come ora che si rompesse la lavastoviglie, o tutti i vetri anche.
«Allora, lei è India, la mia coinquilina. È una  giornalista» sorride la mia amica, orgogliosa di me. Abbasso lo sguardo imbarazzata e arrossisco «Si beh, per modo di dire» borbotto.
«Ashton e i suoi compagni di band si sono trasferiti qui da qualche giorno» come se non lo sapessi «Come hai detto che vi chiamate?» gli chiede, la mia amica.
«È un nome buffo e per nulla credibile, ma non ci aspettavamo di avere successo» ridacchia «Five Seconds of Summer, comunque» sorride imbarazzato.
«Ma dai» dico, a denti stretti, mentre cerco di coprirmi il volto con i capelli.
«Hai un volto familiare sai? Conoscevo una India in Australia»
«Ehi ma che strano! Anche India è»
«Stata in Australia in vacanza!» interrompo la mia amica, prima che possa definitivamente rovinarmi la vita.
Genesis mi guarda confusa e io le lancio uno sguardo fulminante. Se gli sguardi potessero uccidere ora lei sarebbe morta, probabilmente. O magari solo agonizzante a terra.
Non credo che la ucciderei, è la mia unica amica.
«Davvero? E ti è piaciuta?» mi chiede Ashton.
Annuisco e sorrido «Molto! Ora devo andare, è stato un piacere, ciao» saluto il ragazzo e volo spedita in camera mia. Afferro un cuscino e me lo appoggio in faccia, lasciando un urlo che spero questo cuscino abbia la decenza di attutire.
Qualche minuto più tardi Gen entra in camera mia, confusa «Perché non gli hai detto che anche tu sei Australiana?»
«Perché non sono affari suoi» ho risposto troppo velocemente per non destare sospetti, lo riconosco.
«India, sei strana da quando questi ragazzi sono arrivati qui. Che succede? Perché ti comporti così?»
«Non ho voglia di parlarne» mi distraggo giocando con i bordi del cuscino che stringo ancora tra le braccia.
«Beh, a me non interessa, sinceramente. Per una volta non si tratta solo di te ma anche di me che ti devo sopportare continuamente con questi comportamenti immaturi!» sbotta.
Credo di non aver mai visto Genesis davvero arrabbiata per qualcosa, o almeno non qualcosa che riguardasse noi due. Non abbiamo mai litigato in sette anni della nostra amicizia e non credevo che sarebbe mai successo.
«Scusa, non volevo aggredirti» si scusa subito «Però non mi piace vederti così agitata e nervosa. O almeno se lo devi essere dimmi il perché e possiamo esserlo insieme» sorride, prendendomi la mano.
«Ashton e la sua band..ecco..diciamo che non è la prima volta che li vedo»
«Certo, sono ovunque, è impossibile non vederli» ridacchia.
Ma magari fosse per qualche cartellone pubblicitario!
«No ecco, io li conosco. Li conosco da molto prima che diventassero così famosi»
Corruccia le sopracciglia «Che vuoi dire?»
«Voglio dire che il loro cantante era il mio vicino di casa ed era anche il mio migliore amico»
O almeno così credevo.
Spalanca la bocca, facendomi fare una smorfia «Esatto. Luke Hemmings era il mio migliore amico e quindi è logico che io conosca anche i suoi compagni di band»
«E come diamine hanno fatto a non capire che sei tu?!»
«Beh, per prima cosa non ci vediamo da quando avevo sedici anni, il che è una fortuna visto che ero praticamente un'altra persona rispetto ad adesso»
«Si ma..non puoi essere cambiata così tanto!»
A quanto pare invece si.
«Magari non ero così importante da ricordarsi di me» alzo le spalle e metto a posto qualche maglione lasciato abbandonato sul pavimento dalla fretta di questa mattina «Ma va bene così. Non voglio avere a che fare con loro» fingo un sorriso.
«Ma perché? Non credi che a Luke farebbe piacere sapere che sei tu? Insomma..»
«No» la interrompo prima che possa andare avanti «Non gli farebbe piacere altrimenti non si sarebbe dimenticato di me» dico, gelida.
«Oggi i tuoi chakra sono più scombussolati che mai» sospira «Dovremmo meditare insieme»
Non ho assolutamente la minima intenzione di meditare con lei!
«No, apprezzo la domanda ma rifiuto l'offerta, grazie. Perdonami ma ora devo finire di scrivere l'articolo per il giornale»
Annuisce, abbassando lo guardo.
Non volevo essere così scorbutica con lei, diamine.
«Perdonami, mi dispiace essere stata così antipatica, prometto che domani mattina mediterò con te» le dico, pentendomi subito della mia decisione.
Non potevo semplicemente offrirle la colazione? Proprio meditare all'alba?

Lover of mine || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora