46. Favola

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Ovviamente, dopo il nostro faccia a faccia, Elle è sparita di nuovo.

A sua discolpa posso dire che è sempre impegnata tra i vari lavori e i corsi al college, ma non so se, per il tempo restante, stia evitando di incrociarmi o se invece è proprio sfiga la mia, e siamo sincronizzati su un tempismo di merda.

Conoscendo la mia sfortuna, potrebbe essere tranquillamente così.

Ma potrebbe anche essere che preferirebbe dormire negli spogliatoi del grande magazzino in cui lavora, che incrociarmi lungo le scale della palazzina. Magari ha già cambiato domicilio da Selfridges e io non me ne sono ancora accorto.

Dunque, non posso fare altro che arrendermi all'evidenza e sperare in un momento migliore. Nel frattempo posso capire come agire con lei. Non saprei... progettare un piano di riconquista, forse?

Peccato che io sia negato in queste cose.

Non sono il Machiavelli delle relazioni amorose.

Il tempo a disposizione l'avrei anche, perché non ho nulla da fare durante il giorno, quando tutti sono via. Non so nemmeno cosa inventarmi.

Ho sistemato l'armadio, per far capire il mio livello di disperazione. Ho detto tutto.

L'attività più entusiasmante è fare da baby-sitter a un roditore zannuto, penso che ormai Ford mi ami e mi preferisca pure a Dan, ma sono troppo buono per farglielo notare. Giuro, però, che abbiamo stabilito una profonda connessione e, anche se una volta mi ha fatto la pipì addosso, ora siamo ben oltre la fase "un giorno diventerai il mio pasto".

Sto per finire pure i giochi della Play, e non li trovo stimolanti perché ho passato troppe ore attaccato allo schermo. Sono sul punto di prendere in considerazione l'idea di costruire quelle case in miniatura per ammazzare il tempo, ma so che poi finirei con una porta incollata in fronte, un divano sul naso e, per precauzione, non voglio pensare a dove potrebbe finire il box doccia.

Quindi mi dedico a un passatempo noioso, ma almeno sicuro: fissare il soffitto.

Sto diventando cintura nera, se fosse uno sport alle olimpiadi potrei portare in alto l'onore della Gran Bretagna con il minimo sforzo.

Ma, ahimé, non è così, è richiesta ancora qualche capacità per i giochi olimpici, anche per quelli meno pericolosi, come il ping pong, e io non sono per nulla portato.

Guardo in giro per la stanza, alla disperata ricerca di qualcosa da fare.

Per l'ennesima volta gli occhi vagano sulla custodia della chitarra che Elle mi ha riportato qualche giorno fa e sospiro.

Io porto ancora al polso il suo braccialetto, incapace di togliermelo e di trovare il coraggio di ridarglielo, mentre lei mi ha restituito la chitarra, la mia preferita e quella a cui sono legato a livello affettivo, con una facilità che mi fa sentire rifiutato. È un po' come se mi avesse detto "Ehi, tieni. Grazie, ma no, sono andata avanti, passata oltre. Tante care cose e arrivederci".

Avrei una voglia matta di strimpellare qualcosa, anche solo per distrarmi, ma fa male.

Poi però mi di "Fanculo, sono troppo sentimentale, devo darmi una svegliata, non posso vedere in eterno il rifiuto in un simile gesto". Ho bisogno di andare avanti, di suonare, di svagarmi con la musica perché è una delle poche cose che mi dà sempre conforto.

Mi alzo e, con mani insicure, porto la chitarra sul letto.

Apro la fodera e pizzico le corde, un gesto che fa vibrare anche il mio cuore.

Ora sì che mi sento a casa.

Sorrido, a mio agio, e prendo la chitarra per posarla in grembo, ma un qualcosa cattura il mio sguardo. Del bianco sul fondo nero.

(Im)perfetta per meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora