26. Lampi di spontaneità

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Mi sveglio con un sussulto a causa di un tuono. Alzo la testa dal cuscino per vedere dove mi trovo.

Ok. Sono nella mia stanza, nel mio letto, ma non sono solo, perché Elle è ancora accanto a me.

Ero convinto che si svegliasse durante la notte, che fuggisse dopo essersi resa conto di aver azzerato le distanze che aveva preso negli ultimi giorni, invece è ancora qui.

Un altro tuono, più forte del precedente, fa sobbalzare entrambi.

Il temporale che durante la cena sembrava indeciso, ora sta riversando su Londra la sua imperiosità.

Elle, che ha le mani serrate attorno alla mia maglia ­– all'altezza del petto – e la fronte poggiata sulla mia spalla, stringe di più la presa. So, per sua stessa confessione, che non ama molto i temporali.

Ho sentito la mancanza della sua vicinanza, del suo calore mischiato al mio, del suo cuore che batte contro il mio petto.

Mio, suo, aggettivi che ripeto spesso, ma che si mischiano indistinti nella stessa essenza, sfumando i confini labili che ci sono tra noi.

Mi piace pensare che questo essere vicini le è servito per calmarla, per essere serena e riuscire a dormire sonni tranquilli.

In fondo mi piace pensare che ha ancora bisogno di me come io ce l'ho di lei, che sono la persona vuole accanto quando pensa di essere in difficoltà, la prima da cui corre quando vuole sfogarsi e sentirsi al sicuro.

La stringo più a me e inizio a carezzarle la schiena, conscio che anche lei è stata svegliata dal fragore del tuono. La abbraccio per farle capire che ci sono, e la cosa più bella è scoprire che me lo lascia fare e che cerca riparo tra le mie braccia.

«Sei qui» sussurra, con la bocca ancora sulla mia maglietta.

«Dove dovrei essere?» dico con fare assonnato e perentorio, come se quella non fosse una domanda, ma l'affermazione più convinta che riesco a formulare. La cullo appena, nel tentativo di farle distendere i nervi e non pensare alle implicazioni della mia frase.

La pioggia che picchia sui vetri della finestra fa da sottofondo e, al contrario di Elle, la trovo confortevole come una ninna nanna.

«Scusa se ti ho svegliato, non volevo spaventarti». Ignora la mia domanda, quasi retorica, troppo difficile per entrambi. La sua arrendevolezza è qualcosa di sconosciuto.

Non voglio approfittarne, ma desidero imparare a conoscerla, perché da quando ci ha raccontato la verità sul suo passato ho capito che fa parte di lei.

«Tranquilla, sono sveglio da un po'. Colpa del temporale».

Il chiarore dell'ennesimo lampo illumina la stanza, dandomi la fugace diapositiva di noi, esposti alle intemperie, svestiti di ogni protezione, che ci facciamo forza con il sostegno dell'altro. Mi piace.

«Ho paura» emette a un livello impercettibile. Si stringe di più a me, come se fosse possibile.

So che non è il temporale a spaventarla, non solo.

«Sono qui». Sono dove voglio essere.

La sento appoggiare il mento sul mio petto, tanto che abbasso lo sguardo per incontrare il suo. È adesso, in questi sprazzi di fioca luminosità dovuti alle tende che lasciano entrare il chiarore dei lampioni, che mi accorgo di quanto sia la vecchia Elle, quella che non è arrabbiata con me e con la vita, quella che non è spaventata da Blaise e dal passato che porta con sé.

È la stessa Elle che mi ha fatto emozionare e innamorare. L'altra Elle, quella delicata e umana, è quella che l'amore l'ha alimentato.

«Assaggiami» bisbiglia a tradimento, a metà tra l'incertezza e la spavalderia che l'hanno sempre contraddistinta.

(Im)perfetta per meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora