22. Gandhi

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Ero convinto che, dopo la notte appena trascorsa, il peggio fosse passato. Beh, mi sbagliavo.

Sono seduto al tavolo di un ristorante. E fin qui non c'è nulla di male.

Ma sono stato buttato giù dal letto dopo cinque ore scarse di sonno, sono in pieno post sbornia, con un mal di testa pulsante e sono davanti a una super incazzata Francine.

Questo perché il mio scatto d'ira non è passato inosservato, grazie alla presenza dei paparazzi, e ha fatto il giro del mondo nel giro di due secondi e mezzo circa, perché è stata un'azione così fuori dai miei canoni da aver suscitato un'attenzione spropositata. Cosa che ha fatto incazzare la casa di produzione di Legacy e, di conseguenza, ha fatto incazzare Francine. Di brutto.

È talmente fuori di sé dalla rabbia che è tutta rossa in viso e ha gli occhi fuori dalle orbite. Sembra un Pokemon mentre si sta evolvendo nello stadio successivo, lo giuro.

Sono ancora così ubriaco che il pensiero mi suscita una risata ebete e divertita, che fatico a trattenere, e lei se ne accorge. È il primo momento ilare da giorni, ma ho un tempismo di merda per manifestarlo, non posso negarlo.

Mea culpa, vostro onore.

Ovviamente Fran non me la fa passare liscia.

«Dio, Seb! Io ti sto rivoltando come un calzino per la tua cazzata e tu ridi?» Infilza con rabbia una foglia di insalata. Ci credo che è così suscettibile, è sempre a dieta! «Ma ti è andato di volta il cervello?»

Poi si ficca in bocca l'erba che ha ordinato e la mastica con frustrazione, come se ci fossi io sotto i denti.

Vorrei due cose: A) un cocktail, giusto per continuare ad alimentare il mio stato di semi incoscienza, e B) una gigantografia della foto in cui lancio la bottiglia al muro e quella si infrange in mille pezzi. È davvero una bella foto, mi fa sembrare pericoloso, un duro. Sembro quasi figo.

Ma non chiedo nessuna delle due cose perché alla vita ci tengo, ma ancora di più ai kiwi e so che Francine non ci metterebbe molto a mettere fine a una o agli altri, se non a entrambe le cose. Mi rendo conto di quali battaglie combattere, e questa non ne vale la pena.

Prendo tempo mentre mastico in slow motion la mia bistecca. Un po' perché il senso di nausea mi pervade a ogni boccone, un po' perché rifletto sul fatto.

La gente si è chiesta il perché di quel gesto che ha scatenato le ire della casa di produzione e, di conseguenza, quelle della mia agente, ma nessuno si è domandato una cosa: la mia, di rabbia? Perché non se ne preoccupa nessuno? Perché dovrei dare la spiegazione di un gesto quando nessuno mi chiede cosa c'è che non va?

«Scusa. Ero incazzato nero per alcune vicende private», Fran cerca di indagare, ma la interrompo subito, «di cui non voglio parlare, e ho reagito in quel modo. Mi dispiace per tutti i problemi che ho creato a te, al mio staff e alla casa di produzione. Non succederà più, lo prometto».

Sono mortalmente serio. So di aver fatto una stronzata e non ho intenzione di nascondermi dietro un dito: sono disposto a pagarne le conseguenze, ma sono pronto a fare di tutto per migliorare la mia situazione.

Ero convinto che le mie parole la calmassero, ma mi sbaglio di grosso. Fran, se possibile, è ancora più alterata.

«Cristo, non capisci? Non è che non deve succedere più, non sarebbe dovuto succedere e basta. Ora ci vorrà un po' per far dimenticare il fatto e far calmare le acque». Mi riserva uno sguardo truce che mi fa capire quanto le mie palle siano in pericolo. «Sei... sei...» non trova nemmeno le parole adatte a descrivermi.

«Un coglione?» Suggerisco, soddisfatto della mia capacità di sintesi.

«Esattamente. Grazie». Non vorrei essere al posto della sua insalata nemmeno per sbaglio. Ho visto meno violenza in Arancia Meccanica. «Niente più stronzate, intesi?»

(Im)perfetta per meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora